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galatolo-enzodi AMDuemila - 14 febbraio 2014
Figlia del boss dell’Acquasanta Enzo Galatolo (in foto), (condannato all’ergastolo per l’omicidio del generale dalla Chiesa e coinvolto nel fallito attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone) Giovanna ha deciso di tagliare i ponti con Cosa nostra e di collaborare con la giustizia “Non voglio più stare nella mafia, perché ci dovrei stare? Solo perché mio padre è mafioso? No, non ci sto. Non voglio stare nell'ambito criminale. Né voglio trattare con persone indegne. Adesso che collaboro mi vogliono fare passare per prostituta. Io voglio dedicarmi solo a mia figlia” sono le parole della donna che ha rinnegato mafia e famiglia, e che entreranno a fare parte del processo nel quale sono imputati Angelo Galatolo e Franco Mineo.

Mineo è ex deputato regionale di Grande Sud nonchè accusato di intestazione fittizia di beni aggravata, peculato, malversazione e usura. Stando ai pubblici ministeri avrebbe fatto da prestanome a Galatolo, che da lui avrebbe ricevuto gli affitti di alcuni stabilimenti commerciali. “Mi ricordo di un certo Mineo, un sindacalista, amico di Angelo Galatolo, il figlio di Gaetano” ha confermato la collaborante. “Ho passato soldi di mio padre a Gaetano Galatolo e a suo figlio Angelo – ha spiegato ancora – questi soldi erano in parte di mio padre e in parte della famiglia mafiosa. Sia Gaetano che Angelo Galatolo tenevano rapporti con mio padre Enzo fino all'anno scorso”. La famiglia Galatolo, una delle più potenti di Cosa nostra negli anni Ottanta e Novanta, legata ai corleonesi di Totò Riina, controllava i traffici nel porto di Palermo e gli appalti nel Cantiere navale.
A ottobre, in occasione del primo interrogatorio, la pentita non aveva riconosciuto in foto Franco Mineo: “Ho visto passeggiare due volte Angelo con questo signore – ha spiegato – me lo sono ricordato dopo. So che sono ottimi amici, si sono messi insieme come società, come prestanome. Mi è stato chiesto pure di votare per Mineo, prima da Giovanni Galatolo, fratello di Angelo, poi anche Stefano Galatolo lo chiese a mio marito”.
La donna ha poi descritto il ruolo del padre capomafia: “Mio padre comandava dal carcere. Attraverso segni convenzionali ci diceva cosa dovevamo fare”, “Impartiva le sue direttive durante i colloqui, faceva pure telefonate dal carcere per parlare con i suoi familiari. Vivevano tutti nello stesso palazzo, quindi bastava parlasse con uno che parlava con tutti”.
Nei mesi precedenti la Dia, su richiesta della Procura di Palermo, ha proceduto al sequestro preventivo di alcuni locali di proprietà di Mineo: il bar Nuova Esedra, una merceria e il negozio di abbigliamento Vegard, tutti nel quartiere dell’Acquasanta. “Il bar Esedra, che prima si chiamava Snoopy, era gestito da mio zio Giuseppe – ha raccontato la pentita – so che è rimasto nell'orbita di Cosa nostra anche dopo la sua cessione. So che mio cugino Angelo di Gaetano aveva interessi in questo bar. So che il negozio Vegard era di interesse di mio cugino Angelo. Il bar Esedra è sempre stato della famiglia Galatolo - ha puntualizzato - Se è stato venduto, è stato ceduto a prestanome”.
Sulla decisione della figlia del boss di collaborare con i magistrati si è espresso il senatore del Pd Giuseppe Lumia: “Donne di mafia, seguite l'esempio di Carmela Iuculano, di Giusy Vitale e adesso di Giovanna Galatolo. Ripudiare la propria appartenenza mafiosa vuol dire diventare donne libere. Una diserzione di massa delle donne potrebbe fare un danno incalcolabile a Cosa nostra”. “A Castelvetrano – ha poi proseguito – ho chiesto alla figlia di Matteo Messina Denaro di fare di più: seguire l'esempio di Peppino Impastato e convincere il padre a consegnarsi alla giustizia e collaborare con lo Stato. Non è una scelta facile, è un cammino tutto in salita, ma questo solco aperto dalle donne può dare inizio ad una fase inedita nella lotta alla mafia”.

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