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liga-giuseppe-bigdi Savino Percoco - 19 dicembre 2013
La corte d’appello di Palermo, preseduta da Giangranco Garofalo, ha confermato la condanna a 20 anni e 6 mesi di reclusione per l’architetto Giuseppe Liga (foto), già inflitta con la sentenza di primo grado.
A suo carico pendono le accuse di associazione mafiosa, estorsione ed intestazione fittizia di beni, inoltre è sospettato di aver "preso le redini" del mandamento di San Lorenzo, divenendo capomafia dopo l’arresto dei boss storici Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
Condannati anche Giovan Battista Barone, già condannato ad 8 anni per associazione mafiosa e tentativo di estorsione, ed Emilio Pizzurro, sul cui capo pendeva già una condanna a 6 anni per tentativo di estorsione. A denunciare il pizzo, un imprenditore che testimonia di essere stato avvicinato dai due, subendo una richiesta da 500 mila euro, ridotta successivamente a 200 mila.

Liga era un professionista molto conosciuto in città, e come affermato in un’intervista riportata da “Live Sicilia”, vantava anche amicizie istituzionali: “Per esempio sono cresciuto insieme con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Mi chiama, ci parlo. Sono stato in contatto con Mattarella, il fratello di Piersanti. Leoluca Orlando è diventato sindaco per me e per altri due amici”.
Appassionato di politica, è stato anche ex segretario nazionale del Movimento cristiano dei lavoratori dal 1989 al 1997, una sigla dell’universo dell’associazionismo cattolico nato da una scissione delle Acli, ed era talmente ben inserito nei circoli del potere siciliano che risultava invisibile e insospettabile fino al suo arresto avvenuto il 22 marzo del 2010.
A incastrarlo un pizzino rinvenuto nel covo dei Lo Piccolo con l’indicazione del codice numerico "013" da cui prese il via l’indagine sul suo conto, condotta con intercettazioni telefoniche e ambientali anche in video.
Il boss Sandro Lo Piccolo era solito formulare il bilancio delle attività criminali, elencando i movimenti correnti legati a incassi e uscite derivanti da racket, regali ecc...ecc..., registrando vittime, somme d’estorsione, rate e con una sigla codificata, l’affiliato alla cosca che faceva pervenire il pagamento.
Nonostante le sigle in codice, i magistrati sono riusciti a rinvenire i collegamenti, generando le identità degli interessati, svelando che lo pseudonimo “Chiù chiù” si riferiva ad Andrea Gioè, “Africa” a Salvatore Di Maio, “Transalp” a Piero Alamia e "013" appunto all’architetto Liga.

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