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arresti-carabinieri-webdi Domenico Ferlita - 28 settembre 2013
A distanza di 14 anni, è stato risolto l’omicidio che nel 1990 ha visto coinvolto Antonello Scaglioni. Stando alle rivelazioni degli investigatori che da 14 anni indagano sull’efferato delitto consumatosi a Roma, si tratta di un omicidio di mafia.
Ad ordinare la sua morte, sarebbe stato il boss Antonio Rinzivillo, esponente dell’omonimo clan di Gela, per timore che lo stesso Scaglioni potesse fornire alle forze dell’ordine dettagli sulla sua latitanza.
Questo è il motivo che ha spinto il Gip Cinzia Parasporo, nei confronti di Antonio Rinzivillo ora 56 enne e di Marco Salinitro 48 anni, eseguita poi dai Carabinieri del nucleo investigativo di Roma.
L’ordinanza è stata notificata in carcere visto che, Antonio Rinzivillo è stato arrestato nel 1990 per altri reati.
Adesso, rinchiuso nel carcere Tolmezzo di Udine, continua a proclamarsi innocente. Mentre Marco Salinitro è attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano. Antonello Scaglioni, aveva 31 anni quando è stato ucciso fuori dal bar che egli gestiva: lo “Zeffiro Country Club”, sito nella zona di Salaria.
La vittima si trovava fuori dal suo bar, quando è stato avvicinato da tre uomini, presunti affiliati al clan che ha ordinato la sua morte, che lo fecero sedere all’interno del circolo sparandogli otto colpi di pistola alla testa e al torace.

Poi, i tre sarebbero scappati. Durante la fuga su un’auto che poi risulterà essere rubata, i killer sono finiti in una scarpata a causa della folle velocità, abbandonando la macchina e lasciando a bordo una delle pistole utilizzate per compiere il delitto. Sull’auto, poi esaminata dalla scientifica, sono state trovate tracce di sangue appartenente ai killer, dovute alle ferite riportate.
All’apertura delle indagini, non si riuscì ad arrivare ad una probabile soluzione del caso, quindi il delitto rimase irrisolto dopo l’archiviazione dell’inchiesta.
Nel 2011, le indagini sono state riaperte in seguito alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, che riteneva che, il delitto fu ordinato perchè la vittima voleva impossessarsi di un carico di eroina appartenente al clan di Gela. Così sono partiti i nuovi accertamenti che sono serviti ad incastrare Salinitro, grazie alle macchie di sangue trovate all’epoca nell’auto, tramite il Dna e ad indagare su altre due persone, presunti componenti del commando di fuoco, tuttora in stato di libertà.

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