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ciancimino-vito-gasdi Francesca Mondin - 30 maggio 2013
Ricontrollando e ripassando al settaccio i beni della famiglia Brancato la Guardia di Finanza ha scovato tre ulteriori conti correnti del valore totale di 7 milioni di euro, intestati rispettivamente: alla moglie Maria D’Anna, 2 milioni e 554 mila, alla figlia Antonella, 2 milioni e 776 mila e all’altra figlia Monica, 2 milioni e 554 mila. Aperti tutti e tre presso una filiale palermitana delll’Unicredit.

Somme che vanno ad aggiungersi al maxisequestro da 48 milioni di euro condotta dalla Dia e Gdf nella scorsa settimana. Così sale a 55 milioni il valore del patrimonio sequestrato agli eredi dell’ imprenditore del gas Enzo Brancato. L’imprenditore Enzo Brancato fu a capo di uno dei due gruppi imprenditoriali (l’altro apparteneva a Gianni Lapis, portavoce di Vito Ciancimino, finito in carcere qualche giorno addietro, ndr) che nel 1981 diedero vita alla Gasdotti Azienda Siciliana. L’azienda, secondo gli inquirenti, grazie ai contatti con Cosa Nostra ottenne le concessioni per la metanizzazione di 74 comuni tra Sicilia e Abruzzo. Vi sarebbero anche alcune intercettazioni, da cui si evince che la Gasdotti avrebbe pagato tangenti agli on. Vizzini, Cuffaro e Romano in cambio di agevolazioni legislative che avrebbero permesso la crescita dell’azienda in tutto il territorio nazionale. Inoltre una volta ottenuti i lavori l’azienda avrebbe ricambiato il favore a Cosa Nostra, subappaltando i lavori a ditte in odor di mafia. Secondo l’accusa Enzo Brancato, come il socio Lapis, sarebbe stato in affari con Vito Ciancimino. A prova di questo quanto emerse dalle indagini che portarono la Cassazione a condannare il tributarista a 2 anni e 8 mesi per tentata estorsione, in quanto risultava che dal conto della figlia di Lapis venivano versati 5 milioni di euro nel conto corrente svizzero “Mignon” nella disponibilità di Massimo Ciancimino. Soldi che a sua volta erano transitati dal conto di Enzo Brancato a quello della figlia di Lapis. In un recente articolo dell’Espresso si parla di un promemoria di Lapis riguardo questa strana transizione. Affianco alla somma Lapis avrebbe scritto «Personale, 1,3 milioni di euro (per me, Carlo, Romano, dipendenti)». E: «Massimo 4,7 milioni di euro, per conto Brancato (socio di maggioranza della siciliana Gas ndr)». L’Espresso scrive inoltre che Lapis ha spiegato ai magistrati che quei 4,7 milioni di euro erano la quota spettante a Vito Ciancimino, socio occulto nella società del gas in quota alla famiglia Brancato. Nel 2004 poi, gli eredi di Brancato avevano venduto la Gas al colosso spagnolo Natural Gas per 115 milioni di euro. Una cifra poi utilizzata per acquistare immobili, avviare nuove attività commerciali, costituire nuove società in Sicilia e anche a Sassari. Secondo gli inquirenti con questa manovra i Brancato avevano cercato di ripulire i guadagni della Gas, ottenuti grazie agli affari con i boss investendoli in attività insospettabili e pulite salvaguardandole da un possibile sequestro. Ma avendo esteso le indagini anche alle operazioni di cessione dell’intero pacchetto azionario dell’azienda hanno chiesto e ottenuto il sequestro preventivo, in attesa della sentenza, dei beni appartenenti alla famiglia del re del gas Enzo Brancato.

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