Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Anna Petrozzi - 1° aprile 2010
Nuove carte al processo Mori
E' un altro tassello nel complesso mosaico della trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato. Una tessera del puzzle che i magistrati di Palermo stanno lentamente ricomponendo.


Riscoperta, questa volta, fra le carte dimenticate di un passato in apparenza lontano quando su quel patto segreto, stretto all'ombra delle stragi, sembrava dovesse calare un definitivo silenzio.
I pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo hanno depositato al processo al generale dei Carabinieri Mario Mori, accusato di favoreggiamento aggravato alla mafia, i verbali di interrogatorio di un numero 1 nella Cosa Nostra di Bernardo Provenzano: l'ex braccio destro economico e consigliori del padrino corleonese Pino Lipari. Che tra il novembre e il dicembre del 2002 aveva rivelato al procuratore Piero Grasso e al sostituto Prestipino quanto a sua conoscenza su quella famigerata trattativa e sul ruolo assunto da Vito Ciancimino, dallo stesso Mori e dal capitano De Donno. Collocando l'inizio dei colloqui fra gli ufficiali del Ros e Don Vito dopo la strage di Capaci e  prima di quella di via D'Amelio.
Potrebbe trasformarsi dunque in un importante riscontro alle odierne dichiarazioni di Massimo Ciancimino quanto riemerso dai verbali un tempo archiviati dalla procura di Palermo dopo un tentativo di depistaggio da parte del dichiarante. Che quindi non era stato ritenuto pienamente credibile.
I pm della Dda Ingroia, Di Matteo e Scarpinato, lo scorso 17 luglio, hanno ascoltato nuovamente quell'uomo forte della mafia corleonese – ancora oggi un irriducibile di Cosa Nostra - per avere conferma alle dichiarazioni rese in passato.
Quella trattativa, ricorda Lipari, fu instaurata “prima che morisse Borsellino”, ma dietro Mori e De Donno, per come gli avrebbe riferito Bernardo Provenzano nel '93, c'erano “persone delle istituzioni”.
“Il ragionamento del Provenzano era questo – ha spiegato a verbale -. Per assurgere a dignità di trattativa non poteva essere solo il colonnello Mori a chiedere un discorso di questo tipo... per parlare di queste cose ci deve essere dietro una cappa di protezione, che sono cose superiori, istituzioni”. E “servizi segreti”, ma non di certo politici: “Perché se ci fosse stato Lima vivo avrebbe detto 'Lima', se Salvo fosse stato vivo, avrebbe detto 'Salvo', perché i canali del tradimento di Cosa Nostra quelli erano stati”.
In quanto al famoso “papello”, il documento con le richieste di Totò Riina allo Stato, Lipari ha spiegato ai magistrati di averne parlato sia con il medico di Riina Antonino Cinà (ma solo nel 2000) che con Vito Ciancimino.
Il primo, ha proseguito “mi disse che l'aveva avuto da Riina (…) era dentro una busta, che fu poi consegnata a Ciancimino” ma “non so chi l'avesse compilato. C'era scritto di limitare gli ergastoli, il 41bis, il sequestro dei beni”. E che era parte di “una trattativa, che vogliono fare vedere di finire ste stragi”. “Pino ti giuro – gli avrebbe detto ancora Cinà - ho riferito a Riina, in occasione di una visita, gli ho riferito di questo aspetto proposto dal Ciancimino. Mi rimandò ad un paio di giorni, mi pare, e mi disse: 'Nino qua c'è il papello, te lo puoi portare, che vuole Ciancimino? Vediamo che cosa deve fare'.”
Don Vito, dal canto suo, gliene avrebbe parlato invece durante un incontro all'Hotel Plaza a Roma, a dicembre del 1992. In quell'occasione l'ex sindaco di Palermo gli avrebbe raccontato dei suoi incontri con Mori e De Donno, spiegando di aver consegnato il papello nelle mani di quest'ultimo e confermando il contenuto delle richieste contenute. Prima di aggiungere: era stato Ciancimino a volere quell'incontro, “forse voleva che io riferissi al Provenzano”.
Ma le novità del processo Mori non finiscono qui. Fra le carte depositate dall'accusa vi sarebbero infatti intercettazioni telefoniche, interrogatori di persone informate sui fatti - come l'ex ministro Fernanda Contri e il tenente colonnello Massimo Giraudo che ha ricordato come il capitano Ultimo si fosse fortemente lamentato del generale Mori poiché questi gli avrebbe negato il supporto necessario per catturare Provenzano.
Agli atti è stata depositata anche una lettera firmata dallo stesso Vito Ciancimino e intestata a “Marcello Dell'Utri”. Missiva nella quale l'ex sindaco, in riferimento ad un procedimento milanese risalente al 1981 contro l'attuale senatore del Pdl avrebbe scritto: “Io in piena coscienza affermo che se questa istruttoria fosse stata fatta a Palermo da Falcone, Dell'Utri sarebbe stato rinviato a giudizio e certamente condannato”.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos