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di Gruppo “Scorta per Antonio Ingroia” - Attiviste e attivisti di Azione Civile - Redazione Giustizia
Le e gli attiviste/i del movimento politico di Azione Civile, il gruppo “Scorta per Ingroia” e la redazione di "Giustizia!" si stringono attorno al dott. Ingroia, ex pm e oggi avvocato antimafia, dopo la recente sentenza del TAR del Lazio che - contravvenendo alla precedente sentenza del Consiglio di Stato – e respingendo il ricorso del dott. Ingroia, ha in pratica detto che i furti subiti di materiale informatico processuale e di appunti personali sempre relativi alle delicatissime vicende inerenti la sua professione non sarebbero riconducibili ad appartenenti alla mafia. Per il TAR del Lazio, nonostante le tantissime inchieste portate avanti da pubblico ministero e continuate oggi come avvocato, nonostante, ancora, le intercettazioni inequivocabili in cui sono chiare le minacce di morte nei suoi confronti, non ci sarebbe nessun pericolo concreto alla sua incolumità.
Lo Stato italiano dimentica o, più probabilmente, fa finta di dimenticare l’importanza del processo sulla Trattativa-Stato Mafia, l'intuizione avuta con l'inchiesta “Sistemi criminali”, quali interessi si colpiscono e quali trame e depistaggi si svelano difendendo il diritto alla giustizia come, per esempio, nel caso della famiglia Vassallo o della famiglia Manca, o nei processi contro le cosche calabresi nei quali Ingroia difende le parti civili vittime della 'ndrangheta.
Cosi come hanno potuto documentare le inchieste coordinate dall’allora pubblico ministero Antonio Ingroia, la mafia da decenni avvelena il tessuto democratico con politici organici, servizi più o meno deviati, imprenditoria criminale, massoneria e colletti bianchi. Quella stessa mafia che più volte lo ha minacciato di morte, a partire dal boss Totò Riina di cui oggi, quel mondo contiguo lascia libero, con “provvedimenti strani”, uno dei figli, chiude gli occhi davanti alle frequentazioni del "pargolo" e al suo sbandierare la "famiglia".
I clan, e i loro referenti nella cosiddetta “società civile” non dimenticano mai e, ogni volta che possono, si vendicano.
L’abbandono da parte dello Stato Italiano di Antonio Ingroia s’inserisce in un quadro sempre più allarmante, quello stesso clima di abbandono denunciato da vari testimoni di giustizia che, inascoltati, lanciano l'allarme per essere stati lasciati soli, senza protezione e abbandonati da coloro che dovrebbero schierarsi in loro difesa, considerarli preziosi e che dovrebbero impegnarsi in maniera più che prioritaria a tutelare la loro vita. Qualunque cosa dovesse accadere ad Antonio Ingroia, la colpa sarà di chi poteva e doveva proteggerlo e non lo ha fatto, di chi, alla stregua di un qualsiasi mandante, si é girato dall'altra parte, lo ha isolato, rendendolo un facile bersaglio. Ogni vergogna ricadrà sulle loro teste, teste gemelle di chi infangò e isolò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di chi depistò le indagini sull’attentato contro Peppino Impastato cercando di farlo passare per terrorista (e non si consideri un caso che alcuni nomi c’erano allora e ci sono oggi, a partire da Subranni) o di chi depistò le inchieste sugli omicidi di Pippo Fava e don Peppe Diana, infangandone poi la memoria. Per questo i militanti del movimento Azione Civile di cui Ingroia é presidente, il gruppo Ridate la Scorta ad Ingroia, la redazione di Giustizia! rivolge, ancora una volta, un appello al Presidente della Repubblica, al Ministero dell’Interno e il governo tutto, e a tutti i "politici" che riempiono i palazzi del “potere” perché pongano immediatamente fine a questa vergogna, cancellino da subito quest’orrenda pagina di ingiustizia o la smettano con le chiacchiere vuote e con le retoriche sulla lotta alla mafia, la legalità, con le vuote retoriche da passerella. E la smettano di commemorare e celebrare, riempiendosene la bocca ad ogni occasione utile (a loro) Falcone, Borsellino e tutti coloro che sono stati assassinati dalle mafie. Lo chiediamo a gran voce, ancor di più oggi, stringendoci attorno al dott. Ingroia. Ma non siamo soli, con noi già oltre 5700 persone si sono schierate sostenendo la petizione che da gran tempo chiede che venga ripristinata la scorta ad Antonio Ingroia. E’ qui chi non l’ha ancora fatto la firmi, la faccia firmare. Diffondiamola ovunque, sui social, sui siti e testate web, facciamola correre sulle mailing list. Diamo voce a chi ha l’unica “colpa” di avere la schiena dritta, di affrontare con coraggio e denunciare le illegalità e le ingiustizie.

Foto © Imageoconomica

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