Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

messina denaro castelvetranodi Scorta Civica Palermo
Matteo Messina Denaro continua ad essere libero di delinquere nonostante la condanna all’ergastolo per le stragi del 1993 e, con la sua ultraventennale latitanza, ripropone gli scenari già calcati da troppi capimafia. Pio La Torre ricordava che per la strage di Portella delle Ginestre, il 1° maggio 1947, le forze più retrive del blocco agrario fecero ricorso alla banda di Salvatore Giuliano, la cui latitanza sarebbe stata protetta da alcuni organi dello Stato, dall’ispettore regionale di P.S., che andava a pranzo con Salvatore Giuliano e, nello stesso tempo, ordinava lo stato d’assedio nella zona di Montelepre per “scovare” il bandito, al Ministro degli Interni, che compì un “falso di Stato” nel dare la “sua versione” della morte di Giuliano, che, invece, era stata un “omicidio di Stato”, a cui fece seguito “l’avvelenamento di Stato” di Pisciotta nelle carceri dell’Ucciardone.
Ricordiamo che Salvatore Giuliano riuscì a “resistere” nella latitanza per sette anni, dal settembre del 1943 alla morte, il 5 maggio 1950.
Nell’articolo “LA MAFIA E LO STATO”, in QUADERNI siciliani del Maggio del 1974, Pio La Torre evidenzia la lunga latitanza di Luciano Liggio.
Ricordiamo che Luciano Liggio inizia la sua latitanza nel novembre 1948, per sottrarsi al confino. Verrà arrestato dopo più di 15 anni, nel maggio del 1964, a seguito della stretta seguita alla strage di Ciaculli. Riprende la latitanza nel novembre del 1969 e continua a delinquere sino al nuovo arresto nel maggio 1974. La Torre evidenzia: “E’ noto che poi Liggio riesce ad allontanarsi indisturbato da una clinica romana nel novembre 1969 e può riprendere liberamente la sua attività di latitante di Stato”.

Il conto è presto fatto, Luciano Liggio rimarrà latitante, comandando la mafia siciliana, per venti anni. AntimafiaDuemila, con l’articolo “CONSEGNATELO!” del 1° dicembre scorso, ci ha ricordato che altri capimafia hanno goduto di lunghe o lunghissime latitanze: Totò Riina vanta 23 anni e Binnu Provenzano addirittura 40 anni.
Non dimentichiamo la latitanza di Nitto Santapaola, che inizia dopo la strage della circonvallazione, il 16 giugno 1982, e l’uccisione del Generale Della Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo, il 3 settembre dello stesso anno. La latitanza avrà termine solo dopo 10 anni, nel maggio del 1993. E’ ben noto l’episodio della sua mancata cattura nell’aprile del 1993 a Terme Vigliatore, che è stato sollevato nel processo di appello nei confronti del Generale Mori e del Colonnello Obinu, per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995 a Mezzojuso.
Non dimentichiamo la latitanza di Francesco Di Carlo, boss di Altofonte, che inizia nel febbraio del 1980 e termina nel giugno del 1985, per l’arresto disposto dalle autorità inglesi. Nelle sue dichiarazioni ha ripetutamente parlato delle sue frequentazioni, da latitante, con il generale Santovito, a capo del Servizio di informazione militare.
Non dimentichiamo la latitanza del padre di Matteo Messina Denaro, dal quale ha ereditato lo scettro, Francesco detto “Don Ciccio”, che, dopo oltre otto anni di latitanza, fu stroncato da un infarto nel novembre del 1998. Il suo corpo, composto per potere celebrare solenni funerali, fu lasciato davanti casa, nelle campagne di Castelvetrano.
In definitiva, la latitanza di Matteo Messina Denaro ripropone gli stessi scenari e appare la prova che ci sono uomini insospettabili che continuano la trattativa.
Per questo Scorta civica continua a chiedere che venga arrestato Matteo Messina Denaro, latore dell’ordine di uccidere Nino Di Matteo, che venga trovato l’arsenale della mafia, dove viene custodito l’esplosivo per l’attentato, che venga fatta verità e giustizia per le stragi del 1992 e del 1993.
Palermo, 11 dicembre 2015.