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galluccio-enzadi Enza Galluccio - 23 luglio 2015
E così, giorno dopo giorno si comincia a pensare che con l’enigma siciliano si siano presi due piccioni con una fava, anzi tre, anzi molti di più…
Ricapitolando, ad oggi non c’è stato alcun riscontro rispetto alla presunta affermazione del dottor Tutino contenente le seguenti parole “Lucia Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre”.
Il settimanale L’Espresso continua a confermare l’esistenza dell’intercettazione (del resto ammettere un’eventuale bufala sarebbe piuttosto complicato) anche se tutte le procure interessate hanno già smentito.
Viene da chiedersi che cosa si aspetti a risolvere e chiudere questo a dir poco sgradevole episodio.
Ma la storia prosegue nel suo inesorabile delirio estivo. Allora è meglio porsi qualche altra domanda, come ad esempio perché  il pg della Cassazione Pasquale Ciccolo insista nel chiedere ulteriori smentite, in particolare nell’ambito palermitano, nonostante tutte le  procure interessate - cioè Palermo, Messina, Caltanissetta e Catania - abbiano già dichiarato l’inesistenza agli atti della frase incriminata. Tutto ciò avviene in modo quasi ossessivo e paradossale. 

Quindi è inevitabile cominciare a pensare che, in un colpo solo, si siano voluti screditare molti ambienti che forse generano fastidio.
Innanzitutto l’antimafia in tutte le sue forme. Già ci avevano pensato numerosi settori dell’informazione qualche giorno prima dell’anniversario di via d’Amelio, portando all’attenzione dell’opinione pubblica una presunta rottura all’interno della famiglia Borsellino sul tema delle commemorazioni e delle sgradite passerelle istituzionali. Inutile ricordare a tutti che i figli del magistrato ucciso non hanno mai partecipato a nessuna delle manifestazioni in memoria della strage del 19 luglio, e che le sgradite passerelle istituzionali non erano di certo parte degli eventi organizzati da Salvatore Borsellino con il movimento delle Agende rosse che, da sempre, rifiutano ogni presenza da parte delle istituzioni in via D’Amelio.
Poi la giunta di Crocetta che, pur con tutte le sue responsabilità e con i limiti relativi alle scelte di gestione, viene presa di mira non tanto per tutti i motivi segnalati anche nella lettera di dimissioni da Lucia Borsellino, bensì per aver fatto seguire il silenzio alla presunta affermazione del Tutino, cioè per non essersi dissociato immediatamente da ciò che, ad oggi, non si sa neanche se sia mai stato detto concretamente.
Inoltre, forse ancor più delle prime due, si cerca di togliere nuovamente credibilità ai magistrati ed alle procure, innescando il solito dubbio sulla presenza di talpe che permetterebbero fughe di notizie o presupponendo gravissime omissioni, disattenzioni e superficialità nella gestione del materiale di indagine.
Infine, con un colpo di mano degno di grandi menti (raffinate?), si distoglie l’attenzione da altre ben più gravi notizie.
Si pensi, ad esempio, alle intercettazioni riguardanti il nostro primo ministro Matteo Renzi ed il Generale della Guardia di Finanza Adinolfi in relazione al cambio di governo del 2013, in cui fu spodestato Letta in favore del Rottamatore fiorentino. Oppure ai numerosi casi di presunta corruzione o di conflitto d’interesse a livello di governo oltre che di amministrazioni locali, per ultimi quelli relativi alle lobby del tabacco e degli aeroporti.
Quindi la distrazione come strategia politica è un elemento di dubbio lecito anche in questo caldissimo luglio, in cui si vorrebbe smettere di pensare, chiudere per un po’ gli occhi e far finta che un’altra realtà sia possibile.

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