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la-torre-franco-web0di Enza Galluccio - 16 giugno 2015
Come sostiene Franco La Torre il vero problema è la mafia, e sembra di sentire un’ovvietà mentre in realtà non lo è affatto. Quando ci si trasforma in benpensanti  e si sposta sempre il problema altrove, lo stato di degrado dilaga perché così si gira la testa dall’altra parte e si nega la realtà pur evidente. In questo modo chi non ha a cuore gli interessi nazionali non demorde, sa di poterlo fare e di poter agire indisturbato.

Allora capiamo che La Torre intende qualcosa di più della mafia militare e dei boss, ci parla di quell’intreccio politico-mafioso che impregna Stato, istituzioni e interessi economici pubblici e privati di ogni sorta.
Anche Antonio Ingroia, a tal proposito, ricorda che la questione criminale investe gran parte della classe dirigente del nostro paese, quindi è un problema di democrazia.
Con la proposta di legge d’iniziativa popolare “La Torre bis” entrambi ci stanno parlando di corruzione e di necessità di leggi adeguate.
La legislazione vigente è insufficiente a combattere un fenomeno così esteso, e costituisce soltanto un mero palliativo alla reale intensità del problema.
Non si tratta di delegare ancora alla magistratura la ricerca di soluzioni che dovrebbero partire innanzitutto dall’identità politica e culturale di un paese, ma di individuare una via indispensabile per iniziare a limitare l’inarrestabile diffusione e le devastanti conseguenze del fenomeno.
La confisca dei beni dei politici corrotti è la novità di questa proposta, così come a suo tempo è stata la confisca dei beni mafiosi tanto voluta da Giovanni Falcone.
In questo modo si potrebbe colpire al cuore il sistema di corruzione, un atto dovuto di responsabilità da parte della classe dirigente.
Nello specifico si tratterebbe di estendere all’indiziato corrotto quanto è già previsto per il criminale mafioso con alcune semplificazioni che permetterebbero di velocizzare la confisca passando attraverso la verifica dei beni posseduti messi a confronto con il reddito reale percepito.
In caso di discrepanze, scatterebbe la procedura di sequestro in attesa di una dimostrazione di provenienza lecita del surplus di beni rilevato.
L’estensione di tale modalità anche ai corrotti, oltre che ai mafiosi, permetterebbe un’azione più immediata che impedirebbe anche la scomparsa di ricchezze illecite, con trasferimenti di capitali o inquinamento di prove,  garantiti da tempi esecutivi estremamente lunghi.
Inoltre, nella proposta è prevista l’istituzione di uffici di investigazione paralleli che si occupino di individuare i presunti capitali illeciti di mafiosi e corrotti, sempre in un’ottica di maggior efficacia e ottimizzazione dei tempi.
Un’idea concreta e fattibile che ad oggi vede l’attenzione soltanto di alcuni politici isolati, a prova del fatto che in Italia il fenomeno della corruzione è un gran bell’argomento da campagna elettorale, ma ben lontano dalle reali intenzioni di coloro che occupano posti di rilievo politico, troppe volte coinvolti in prima persona in quegli atti illeciti e criminali, la cui condanna e volontà di lotta sono sbandierate in discorsi e programmi tanto incoerenti quanto vuoti di contenuti.

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