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giordano-pippo-web6di Pippo Giordano -  28 marzo 2014
Se ben tre Procure, Caltanissetta, Firenze e Palermo, con decisione autonome, ritengono di revocare il 41/bis, per motivi di salute a Bernardo Provenzano, non capisco perchè la politica sia di parere opposto. Ci risiamo, come spesso accade, il potere politico è arbitro di decisioni che vanno oltre il giudizio di organismi preposti a valutare nel merito: nei fatti di specie la posizione carceraria di Provenzano. Giova qui ricordare che già due anni fa, espressi la mia opinione sull'insorgente malattia del detenuto Provenzano e sulla necessità di curarlo.

Nel mio post "Provenzano se malato è giusto curarlo", affermavo, tra l'altro che: "Bernardo Provenzano ha diritto di ricevere le cure necessarie per salvaguardare la sua vita, ed è compito di tutti noi non commettere l’errore da lui commesso togliendo la vita ad altri uomini. Se, ci riduciamo a vivere col sol pensiero della vendetta, impedendogli di curarsi, alimenteremmo quella spirale di violenza che non porta da nessuna parte. E, ci comporteremmo alla stregua dei fautori e cultori della violenza". Quindi, oggi rigettare l'istanza di revoca del 41/bis a Bernardo Provenzano, appare una decisione  opinabile, perchè ritengo che l'ammissione al libero regime carcerario - senza le costrizioni del 41/bis - faccia davvero paura, tanta paura. E, ordunque chi ha paura della libertà di un uomo gravemente ammalato? Ritengo che a nessuno venga in mente di affermare che Bernardo Provenzano debba essere rimesso in libertà. Ma vivaddio se tre autorevoli uffici giudiziari esprimono il parere positivo alla revoca del 41/bis, perchè il potere politico, è di diverso parere, ostinandosi  a mantenete il regime del carcere duro, quando la grave malattia lo impedirebbe?  Ritorna a bomba il dubbio: chi ha paura di Provenzano, che  libero da lacci e laccioli potrebbe  dire la sua "verità" su oltre mezzo secolo di mafia? Sono convintissimo che in tanti sperano in una dipartita del Provenzano, talché come sovente accade in questo Paese, cito l'esempio  di  Loris D'Ambrosio e Giulio Andreotti, le verità vengono  seppellite nelle bare, per fa sì che tutti, alla fine,  vivranno felici e mafiosi. Non ho mai incontrato Bernardo Provenzano e tuttavia lo "conosco". bene. Un suo amico d'infanzia, nei primi anni ottanta, mi lumeggiò la personalità  di Binnu u tratturi e anche quella di Totò Riina e Luciano Liggio. E devo dire che Provenzano, a differenza di Riina e Liggio, era il "saggio" del quartetto, perchè c'era anche Calogero Bagarella, morto nella sparatoria della strage di viale Lazio, a Palermo.  Provenzano era colui che ponderava con estrema pacatezza ogni decisione e spesso - secondo l'opinione del loro coetaneo, mio conoscente - accettava in sordina le decisioni di Riina. Insomma, era cauto anche nella latitanza e lo dimostrava il fatto che poche persone erano autorizzate ad avvicinarlo. Praticamente l'opposto di Totò Riina: uomo  dal carattere impulsivo, megalamone  e cultore della violenza a tutti i costi. Un uomo d'onore mi raccontò che spesso  accompagnava Leoluca Bagarella ad incontrare Provenzano  e durante il tragitto interrompeva la corsa per far scendere  Bagarella, che salendo su  un'altra auto che l'attendeva, si allontanava. Al ritorno, lo stesso Bagarella gli portava i saluti del  zu Binnu. E quando i colleghi dell'Arma - comandati dal colonnello Riccio - mi raccontarono  che un loro "confidente"  uomo d'onore,  avrebbe dovuto incontrare Provenzano e quindi catturarlo, feci notare che quell'uomo se era ammesso alla corte di Provenzano,  doveva essere "importante in Cosa nostra". Dissero pure, che per risalire al covo di Provenzano, al "confidente", poi seppe essere Luigi Ilardo, era stato istallato nella fibbia della cintura dei pantaloni, un trasmettitore Gps. Le ali del "protocollo farfalla" con la mancata revoca del 41/bis a Provenzano, sono di certo tarpate e secondo le considerazioni dell'ex magistrato Antonio Ingroia e in  ultimo  da Sonia Alfano, il "volo" libero di Bernanrdo Provenzano potrebbe incutere paura, tantissima paura. Ma, noi abbiamo bisogno di conoscere la verità non solo sulle stragi del 92/93, ma su tutti i martiri della violenza mafiosa: violenza che a parer mio non è ascrivibile solo a Cosa nostra. Del resto, anche il compianto magistrato Giovanni Falcone fece riferimento a "menti raffinatissime".

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