Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Nicola Tranfaglia
Nel contrasto alle imprese del terrorismo jiadista che finora si è concentrato su altre capitali e altri Stati europei ma che, con ogni probabilità, ci si accorgerà da un momento all’altro – e più di quanto sia avvenuto finora per una sorta di ottimismo pregiudiziale – di altri  obiettivi che si possono trovare proprio in Occidente come lo Stato del Vaticano o la capitale della penisola, tutti e due  in grado di avere un grande effetto sui mass media giornalistici e televisivi.  Certo nel contrasto di queste minacce l’esecutivo italiano, come le polizie, i servizi di sicurezza  e le truppe che da esso dipendono sono riusciti finora ad ottenere risultati importanti senza mai enfatizzare il ruolo dell’intelligence e concentrando invece gli sforzi nel potenziare l’attività delle forze del’ordine e della magistratura.

Non si è rinunciato ad adottare strumenti investigativi più moderni o incisivi ma introdotti sempre attraverso norme di legge approvate dal Parlamento: abbiamo creato così una legislazione avanzata sui collaboratori di giustizia ,spesso chiamati “pentiti” e regolamenti up to date sulle intercettazioni telefoniche come per le operazioni sotto copertura su Internet. E’ a questa tradizione che ha fatto riferimento il procuratore capo di Torino in una recente intervista a un quotidiano sottolineando come la risposta europea alla offensiva stragista dell’autoproclamato secondo Califfato  islamista debba muoversi lungo questi binari. “Va potenziata la sinergia tra tutte le istituzioni e le forze in campo e non il mero rafforzamento delle attività di intelligence. Bisogna operare anche per rendere effettiva la cooperazione  giudiziaria internazionale. Spataro è stato magistrato di prima linea nelle indagini sulle Brigate Rosse e poi sulle famiglie mafiose e ndranghetiste. E quindi si è occupato anche di movimenti jiadisti. E’ stato l’autore anche di una delle più importanti inchieste condotte in Europa sulle extraordinary rendition statunitensi e facendo condannare gli agenti della CI e i loro complici italiani che a Milano rapirono Abu Omar.

Nonostante questo, Spataro ritiene che il ruolo dell‘intelligence nelle moderne democrazie sia fondamentale ma che bisogna evitare zone grigie e confusioni. Oggi si ha l’impressione che lo scambio tra informazioni e ‘più efficace proprio in quei paesi che hanno dovuto combattere interni particolarmente radicali come Italia, Germania, Gran Bretagna  e Spagna. Un dato confermato dall’esperienza sul campo di Spataro come responsabile del pool milanese che si è occupato dopo il 2001 di movimenti jiadisti . Lo stesso procuratore ha sottolineato difficoltà nel rapporto con la Francia e la gran Bretagna. E’ necessario peraltro che si cominci subito il percorso per uniformare ordinamenti giudiziari,leggi e procedure in modo da poter rendere valide le prove raccolte in un Paese dell’Unione nei processi di un altro Paese. Cosa che oggi non è ancora possibile. Questo cammino deve cominciare proprio dalle intercettazioni -telefoniche, ambientali o sul web che si sono dimostrate lo strumento fondamentale per la repressione del fenomeno. Altrimenti diventa inutile ogni tentativo di processare e condannare attentatori che agiscono senza frontiere.

4 aprile 2016

Tratto da: articolo21.org

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos