Il mondo brucia, e i giornali di tutto il mondo sono costretti a dar conto sulle loro prime pagine della telenovela Giambruno-Meloni.
La prima cosa che verrebbe da pensare è che restiamo, e saremo sempre, il paese del bunga-bunga.
La seconda cosa che viene da pensare è che da anni, ormai, l’arma sofisticata del "fuori onda" fa parte degli strumenti di maggiore efficacia per regolare le contese politiche.
Quanti "fuori onda", quanti “video rubati”, quanti “dossier”, quante foto, a volte anche taroccate, hanno scandito l’ultimo trentennio di vita politica? Quanti “casi umani” ne sono scaturiti? Sindaci, presidenti di regione, ministri e primi ministri, direttori di giornali, esponenti apicali delle forze dell’ordine, magistrati, giornalisti, hanno dovuto fare i conti con il Grande Gioco Sporco all’italiana.
Ora, a chi scrive, interessa nulla, davvero nulla, della vicenda che interessa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Certo.
Verrebbe da dire che con la Meloni di Dio, Patria e famiglia, il destino si sta dimostrando davvero - come usa dire - cinico e baro.
Dal palco spagnolo di Vox al capitombolo di oggi, lo specchio della più bella del Reame, appare vistosamente sfregiato. Indiscutibile. Ma badate bene, non per l’intrigo amoroso (seppur non consumato, ma solo desiderato da un conduttore televisivo che ha avuto la ventura di trovarsi nell’ingombrante posizione di marito della premier) che mette a dura prova l’immagine della corte che ruota attorno a una maggioranza di destra arrogante e rapace di poltrone.
Questo, alla fin fine, sarebbe niente. Ma per tutto quello che ci ruota attorno.
Giorgia Meloni, che lascia il marito a reti unificate, sente la necessità di aggiungere: io sono roccia e voi siete acqua.
Il riferimento è agli avversari politici che credono, approfittando dell’infortunio sentimentale capitato alla Meloni, di essere goccia che buca la roccia.
Insomma da maritata o da single che sia, la Meloni resta la stessa del "fatevene una ragione", la stessa che accusa i suoi oppositori di avere già pronto il “governo ombra” mentre invece il suo governo durerà per un decennio eccetera eccetera proclamando: io so roccia e voi siete acqua. E' cinico e baro, il destino, anche perché la pugnalata del “fuori onda” le arriva dalle reti televisive di quel cavaliere che Lei, il giorno della morte, aveva osannato con sette giorni sette di lutto nazionale. Roba che imbarazzò e non poco le cancellerie europee.
Ma pensava - la sventurata, come avrebbe detto il Manzoni - che la perniciosa eredità del “berlusconismo” sarebbe stata traslocata, dopo questo suo atto di immensa generosità, nei musei di storia patria.
Speranza prematura, a giudicare da quanto accade in queste ore.
Arrogante e furba, la Meloni non dice una parola sul sindaco di Lucca di centro destra che non vuole intitolare una strada a Sandro Pertini - il capo dello Stato più amato dagli italiani - in quanto fu “partigiano”. Forse toccherebbe a un imbambolato Piantedosi, ministro degli interni, iniziare a chiedersi se non ci siano gli estremi per il commissariamento del comune di Lucca. Ma andiamo avanti.
Ha voluto nominare alla presidenza della commissione antimafia una sua fedelissima, nonostante tantissimi pareri contrari e tutt’altro che infondati. Pareri di addetti ai lavori, familiari di vittime, magistrati specializzati in argomento.
Chi scrive sta seguendo le audizioni sul caso Borsellino. Aspettiamo di vedere come andranno a finire i lavori della commissione. A noi pare - ma è opinione personalissima - che la presidente Chiara Colosimo abbia un'eccessiva propensione alla commozione più che al ragionamento freddo e obbiettivo del fiume di parole che stanno scorrendo in audizione, da una parte e dall’altra. E’ materia - ci permettiamo di ricordare - complicatissima.
Noi sappiamo e capiamo quel poco che c’è da capire: che Giorgia Meloni decise di scendere in politica quando Paolo Borsellino fu vigliaccamente assassinato. Lei stessa spesso lo ha detto e ripetuto. E giustamente se ne vanta a ogni piè sospinto. Sapesse quanti italiani sbarcano il lunario nel nome di Falcone e Borsellino.
Ma, proprio per questo, alla Colosimo non si chiede di rivendicare, dalla poltrona che oggi occupa, una primogenitura emozionale. Si chiede di venire a capo di una trama di misteri che trent’anni di processi non hanno dipanato. Il che è cosa assai differente dall’accensione perenne di ceri alla memoria dei defunti. Vedremo come andrà a finire. Purtroppo siamo partiti da un "fuori onda" dal vago sentore boccaccesco e ci ritroviamo in un pentolone in cui ribollono pece e olio incandescente.
Eccome se potremmo continuare. Ma per ora può bastare.
A noi del caso Giambruno-Meloni non importa un fico secco. Il mondo brucia e la politica Italiana si nutre di punti di share e sondaggi elettorali sul pescato del giorno. Prima o poi anche la più bella del Reame dovrà rendere conto.
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La rubrica di Saverio Lodato
Foto © Paolo Bassani
Giorgia Meloni, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
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