Sarà domani, domenica 22 gennaio, alle ore 14 la replica dello speciale di Atlantide dal titolo “I segreti dell’ultimo padrino”, andato in onda mercoledì 18 sera su La7. Tra gli ospiti chiamati a commentare lo storico arresto di Matteo Messina Denaro ci sono stati il consigliere togato del Csm Nino Di Matteo, i magistrati Gianfranco Donadio, Luca Tescaroli e il giornalista e scrittore Saverio Lodato.
Rispondendo alle domande del conduttore Andrea Purgatori, gli ospiti hanno cercato di chiarire per quanto possibile, alcuni aspetti sull’impresa e manifestare anche le proprie impressioni sulla vicenda, a partire dalle incongruenze sollevate da molti in queste ore rispetto a quanto emerso dell’ultimo anno di latitanza del boss.
Il boss collaborerà? O resterà in silenzio facendosi consumare dalla malattia? Dov’era in questi decenni? Di quali segreti è in possesso? Chi lo ha protetto? È stato veramente arrestato o si è fatto catturare? E le dichiarazioni di Baiardo (favoreggiatore dei fratelli Graviano) come dovrebbero essere interpretate? Coincidenza fortuita o erano qualcosa di più?
Senza dubbio il capo mafia di Trapani ha avuto degli atteggiamenti insoliti: vagava indisturbato da Campobello di Mazara, dove si è scoperto vivesse grazie all’identità prestatagli dal geometra Andrea Bonafede, a Palermo dove veniva a fare le terapie, in una clinica così affollata come quella della Maddalena; il possedimento di due telefonini; i messaggi scambiati con le pazienti alle quali aveva dato il proprio numero di telefono o il selfie fatto con un infermiere della clinica, ora finito nei guai. Tanti atteggiamenti che avrebbero potuto facilmente compromettere la sua copertura e che hanno colpito anche il magistrato Di Matteo.
Ora gli investigatori stanno cercando di capire come sia stato possibile e hanno già iniziato a indagare alcuni presunti (ancora) fiancheggiatori.
"Non c'è dubbio che lui abbia goduto di protezioni in passato, noi stiamo indagando sulle protezioni di adesso. C'è una fetta di borghesia mafiosa che certamente lo ha aiutato, su questo abbiamo contezza e ci sono in corso delle indagini", aveva detto il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia.
Quella stessa borghesia mafiosa di cui ha parlato anche Saverio Lodato: “Si parla spesso della borghesia mafiosa e noi pensiamo che con ciò si intendano esclusivamente medici, infermieri, portantini o qualche impiegato in banca. No - ha spiegato Lodato - la borghesia mafiosa è composta anche da cervelli di questo Paese: nel campo culturale, intellettuale e universitario. Prendiamo per esempio il fatto che per cinque anni Di Matteo è stato considerato da intellettuali di Palermo, e non solo, l’autore di una boiata pazzesca”, ha detto Lodato riferendosi al processo Trattativa Stato-mafia di cui Di Matteo è stato uno dei membri dell’accusa. “Questi intellettuali e storici di grido, che vanno per la maggiore, dicevano per esempio, e lo dicono tuttora, che era una leggenda metropolitana il fatto che gli americani quando sbarcarono in Sicilia nel 1943 si rivolsero alla mafia, e quindi Lucky Luciano, per avere una copertura in Sicilia proprio dagli ambienti mafiosi”. “A me è capitato in questo Paese che cita Leonardo Sciascia un giorno sì e un giorno no, di imbattermi in una frase pronunciata da Sciascia mentre dialogava con il giornalista Domenico Porzio, in cui disse: ‘Gli americani arrivarono con l’elenco dei mafiosi in tasca, i sindaci di quasi tutti i paesi furono scelti tra i mafiosi’. Questa è storia ma è anche attualità”, ha affermato il giornalista. “Questa è la borghesia mafiosa”. “E allora due sono le cose: a Palermo c’è chi respira la mafia sotto forma di puzza e chi invece la sente sotto forma di profumo”.
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La rubrica di Saverio Lodato
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