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Parte terza

Dicevamo, nella puntata precedente, che se i magistrati in Italia sono diventati il castigo di Dio, per il senso comune di molti, lo si deve a Silvio Berlusconi.
Berlusconi ne fece punto d’orgoglio personale, ordinando alla sua potenza di fuoco di giornali e televisioni di sparare a zero contro i pubblici ministeri.
Li indicò, con nome e cognome, come una tabe perniciosa, raccontando la storiella di suo padre che da piccolo gli aveva fatto notare che c’era qualcosa che non andava nella testa di chi sin da piccolo aveva deciso che avrebbe fatto il magistrato.
Ridimensionò la presenza dei mafiosi a poche unità che rovinavano all’estero l’immagine dell’Italia, dando così la possibilità alle opposizioni di orchestrare campagne su un fenomeno volutamente enfatizzato.
Il ministro di un suo governo, in sintonia con i tempi, dichiarò serenamente che forse con la mafia bisognava convivere.
Ma non si trattava solo di ispirarsi agli insegnamenti paterni.
Venne l’ora di metterli in pratica.
Con una raffica di scandalose leggi ad personam.
Che lo tutelassero dai guai fiscali e dalle scappatelle pruriginose.
Che lo tutelassero dalle complicazioni di mafia, in quel di Arcore.
Intanto i suoi giornali e le sue televisioni ci davano dentro con campagne a uomo, contro questo o quel magistrato.
Il mafioso Vittorio Mangano, pluriassassino conclamato, definito “un eroe” da lui e da Marcello Dell’Utri perché aveva resistito agli interrogatori dei pubblici ministeri.
Ruby, la ragazza divenuta per incanto la nipote del presidente egiziano Mubarak, con tanto di mozione approvata dal Senato.
L’aver trasformato l’intera Procura di Palermo dell’epoca, insieme ai collaboratori di giustizia che per la prima volta prendevano le distanze da Cosa Nostra, in bersagli da circo, irrisi e calunniati.


lodato saverio p bassani 2

Piccoli grandi flash, che affiorano alla memoria in questi giorni di primo governo monocolore post fascista che sta vivendo l’Italia.
Il fantomatico marziano, usato e abusato nelle cronache politiche d’Italia, un giorno, capitando qui dalla luna, si chiederà: ma l’opposizione dov’era?
Che faceva la sinistra dell’epoca? Non faceva l’unica cosa che andava fatta. Una legge contro il conflitto d’interessi.
Ah quanto se ne parlò allora, e quanto non se ne face niente.
Per difficoltà obbiettive? Mica tanto.
E lo raccontò alla Camera proprio uno dei principali esponenti dell’opposizione di allora quando si rivolse stupito a Silvio Berlusconi ricordandogli che, alla fin fine, proprio l’opposizione gli aveva concesso l’uso e l’abuso delle sue televisioni.
Si preferì infatti la via del gran guignol, la via del bunga bunga, dei lettoni putiniani a più piazze, per arginare lo strapotere politico dell’imprenditore straricco.
Vergini sedotte dal drago, cuore di moglie infranto, dieci domande di grande quotidiano che facevano da sponda a inchieste giudiziarie dove la politica c’entrava poco.
Silvio Berlusconi dov’era è rimasto.
E i berlusconiani dell’epoca, politici o giornalisti, scrittori o editori, rivivono oggi, insieme a “Giorgia”, una seconda grande stagione. Esattamente come il loro dante causa, il fondatore di quest’Italia che vanta statisti un po’ particolari.
State attenti. Non fatevi ingannare.
“Giorgia” e gli esponenti di Forza Italia litigano fra loro e rompono i piatti. Ma stanno comodamente seduti nella stessa tavolata. Dalla quale gli altri, al momento, sono esclusi.
(Prima pubblicazione: 12 Novembre 2022)

(Continua)

Foto © Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato

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