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Non ci siamo stupiti del fatto che, al Senato, il presidente Ignazio La Russa, traccheggiando con il cronometro, abbia tacitato il senatore Roberto Scarpinato, 5 Stelle, nell’esatto momento in cui si stava permettendo di pronunciare il nome di Marcello Dell’Utri, definitivamente condannato per mafia. E mentre stava ricordando che Forza Italia, partito del quale proprio Dell’Utri fu fra i principali fondatori illustri, sostiene oggi l’attuale governo.
Certa biancheria sporca - insomma: certi panni sporchi -, è bene che si lavi in famiglia. Ed è disdicevole che se ne parli in Senato, il giorno della fiducia al nuovo governo, sotto gli occhi del popolo italiano, e persino in presenza di giornalisti stranieri. Noi giornalisti italiani, come è noto, siamo meno impressionabili. Insomma: non si parla di corda in casa dell’impiccato.
E da buon padrone di casa, il presidente La Russa, ha cercato di non mettere in imbarazzo gli altri commensali, posto che per anni Dell’Utri a quella tavolata è stato comodamente seduto.
Ci siamo invece stupiti - e non poco - che la prima donna della storia italiana, addivenuta all’incarico di Capo-Capa del governo italiano, non abbia sentito il bisogno di dire a La Russa: “Mi guardi negli occhi, senatore La Russa. Le sembra che sono una che si scandalizza perché il senatore Scarpinato ci ricorda chi è dell’Utri, e da dove viene Forza Italia?”. Avrebbe fatto un figurone.
Invece niente, non ha detto niente.
A complicare però le cose, c’è il fatto che il senatore Scarpinato sia giunto a quel nome, Dell’Utri - da innominare, come si è visto, in un consesso tanto autorevole -, al termine di una disamina impietosa della storia d’Italia, recente e passata, scandita da delitti di Stato, stragi, depistaggi processuali, comportamenti perversi da parte di servizi segreti deviati che rappresentano un rompicapo irrisolvibile per gli storici di oggi e quelli di molte generazioni a venire.
Diciamoci la verità.
Da Giorgia Meloni, la donna premier che sconvolse il mondo, ci aspettavamo una replica coraggiosa e puntuta, documentata nei fatti e nelle date, che vibrasse di corda civile e tensione morale; poco importa se sbilanciata su atmosfere sovraniste o nazionali o patriottiche, ma di certo dalla parte della “gente”, che delle mafie e dei suoi protettori, in Italia, da decenni si è rotta i coglioni.
E invece? Invece niente.
Ha detto a Scarpinato, con l’aria della maestrina che non può dar la sufficienza, che lui aveva fatto un discorso “smaccatamente ideologico”. Bah.
E che vuol dire?
Intendeva forse dire che se oggi ti permetti di ricordare la storia d’Italia e di Forza Italia, facendo nomi e cognomi, scadi nel marxismo leninismo o nel maoismo, nel castrismo o nel guevarismo? Ammetterà, la stessa Meloni, che il suo appunto era strampalato.
Può capitare a chiunque, nel primo giorno di scuola.
Però lei deve averci preso gusto.


il patto sporco 820 546

E lo si è visto quando, avventurandosi in riflessioni sulla mafia, ha indicato Scarpinato quale “persona che ha avuto la responsabilità di giudicare gli imputati nelle aule di tribunale”. 
Ora si dà il caso che Scarpinato, avendo svolto per la sua intera carriera la funzione di pubblico ministero, non ha mai giudicato né condannato una mosca.
Ma non si è fermata qui. Avrà pensato: “Ora ti concio per le feste”. Infatti: “L’effetto transfer - ha aggiunto la Meloni - che lei ha fatto fra neofascismo, stragi e sostenitori del presidenzialismo è emblematico dei teoremi con cui parte della magistratura ha costruito processi fallimentari, a cominciare dal depistaggio nel primo giudizio per la strage di via D’Amelio”. 
Ora si dà il caso, ancora una volta, che Scarpinato in quel depistaggio Scarantino c’entra come il cavolo a merenda. Semmai, da procuratore generale, chiese e ottenne la revisione del processo che si basava proprio sulle dichiarazioni false dello Scarantino che avevano fatto condannare imputati innocenti.
Suona strana, in una delle prime uscite sull’argomento mafia della donna premier che sconvolse il mondo, questa doppietta di gratuite balle per denigrare l’oppositore di turno. In questo caso, il senatore Scarpinato.
Ci siamo chiesti il perché.
Fra l’altro, proprio in questi giorni, la famiglia Borsellino aveva avuto piacere di dare il benvenuto (o la benvenuta?) alla Meloni, perché la ricordano quando partecipava, in tempi non sospetti, alle fiaccolate di Palermo in memoria di Paolo Borsellino. 
Quindi, ma la nostra è solo un’illazione, è possibile che la Meloni, ricordando il “caso Scarantino,” abbia voluto carinamente ringraziare. Ma avendo tirato in ballo Scarpinato, ne è venuto fuori un pastrocchio.
Quando si parla di uomini come Falcone e Borsellino bisogna posare bene i piedi per terra.
Giorgia Meloni rimandi l’argomento a quando sarà più ferrata. Tanto dell’argomento non parla più nessuno. E lei non deve sentirsi obbligata. Prenda esempio da quei vecchi giovani volponi del Pd, che quando Roberto Scarpinato pronunciava la sua denuncia, sembrava dicessero: “Mafia? Questa parola mi pare di averla già sentita da qualche parte”. 
Insomma, ci sono tante possibili vie d’uscita, prima di pronunciare balle. 

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato

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