Le autorità giudiziarie francesi si sono opposte all’estradizione di dieci terroristi rossi italiani approdati oltralpe decine di anni fa per approfittare della cosiddetta “dottrina Mitterand” in materia di asilo politico.
L’Italia - e non da oggi - fa la voce grossa perché li rivuole indietro, ormai invecchiati, spesso gravemente ammalati, qualche volta persino malamente pentiti dei reati commessi.
L’Italia fa bene a chiederli indietro, perché quando si tratta di gravissimi delitti di sangue è sempre meglio rinfrescare la memoria ai carnefici. Certe cose non dovrebbero mai cadere in prescrizione.
Ma non tutti la pensano così, introducendo la categoria del “perdono” che, però, nei codici non trova posto.
Ora che è esploso l”affaire, i giornali italiani titolano: “schiaffo all’Italia” o “schiaffo alla Cartabia”, che fa lo stesso. E’ esattamente quanto è accaduto.
Ma il discorso non può restare circoscritto al “fatto del giorno”, clamorosamente innescato dalla Chambre de l’Instruction di Parigi e che a noi va tanto di traverso. E per un paio di ragioni che cercheremo di spiegare.
La prima la definiremmo di natura ideologica.
Ci piacerebbe, per esempio, che con analogo zelo giudiziario, analogo empito per la conclusione di vicende altrettanto decennali, l’Italia andasse a caccia, in giro per il mondo, di terroristi neri, brigatisti dell’altra sponda, bombaroli, torturatori argentini, e uomini dei servizi scappati a suo tempo per non pagare il loro conto con la giustizia.
A naso, diremmo che ce ne stanno.
A naso, diremmo che hanno nomi e cognomi pesanti e risaputi alle Questure, al Viminale, al ministero della Giustizia.
A naso, infine, diremmo anche che i grandi giornali non dovrebbero incontrare particolari difficoltà a compilare elenchi promemoria. Magari con annessa fotografia dell’epoca.
Non di soli “amici di Putin” dovrebbero vivere i nostri servizi.
Di questi “nomi neri”, però, nessuno parla.
Del terrorismo nero, nessuno parla.
Sono terroristi, colpevoli come quelli di Parigi. Né più né meno. E sono sparsi, altrettanto invecchiati e malandati, fra l’America Latina, l’Africa e l’estremo Oriente, dove si sono ricostruiti vite, famiglie e attività commerciali.
C'è poco da fare.
Il rosso, nel nostro paese, resta sempre il colore preferito dal torero.
Sarebbe più giusto un mondo, del mondo italiano stiamo parlando, in cui i “Rossi” marcissero in galera e i “Neri” restassero liberi di passeggiare ai giardinetti”? Ne dubitiamo.
Ecco perché siamo rimasti assai colpiti - e a questo si devono queste poche righe - dalle accorate parole della Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che ha ricordato, a commento del no francese, quanto siano state “dolorose” quelle pagine della nostra storia.
Ma non si può leggere il libro dello stragismo che ha straziato l’Italia, leggendo solo le pagine pari e saltando le dispari. Così facendo, corriamo il rischio di non essere credibili agli occhi delle autorità degli altri paesi. Le quali, infatti, ci prendono a schiaffoni. Un’altra considerazione si impone.
Il terrorismo in Italia non c’è più. Le mafie, invece, stanno sempre al loro posto.
Potremmo dire, andando in prestito dalla Cartabia, che altrettanto “drammatiche e tutt’ora dolorose” sono le pagine dello stragismo di mafia e di Stato che dura da oltre settant’anni?
Ma quando si affrontano tali argomenti, la ministra Cartabia sembra diventare un’altra persona.
Si è recentemente intestata una riforma della giustizia ricorrendo all’apriti sesamo del: “Ce lo chiede l’Europa”. E di fronte alla valanga di critiche provenienti dai magistrati non ha voluto sentir ragione. Oggi, voce dal sen fuggita, esprime rispetto per “le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza”.
Quell’identica indipendenza che per i giudici italiani sarà pesantemente ridimensionata dalla riforma a sua firma. A tutto dovrebbe esserci un limite.
Per non parlare infine dell’ergastolo ostativo per reati di mafia, argomento sul quale la ministra ha iniziato a darsi da fare ancor prima di diventare ministro. E che potrà essere abolito anche in assenza della collaborazione del detenuto mafioso con la giustizia.
Domanda: le vittime dei delitti e delle stragi di mafia non hanno diritto al dolore e al risarcimento quanto quelle dei delitti di terrorismo?
Perché dovrebbero accettare che fossero rimessi in libertà i carnefici dei loro cari?
Ecco perché, in materia di diritto, restiamo poco credibili.
La ministra Cartabia se ne faccia una ragione. Solo un paese al mondo può fare una riforma della giustizia su ordinazione altrui in cambio di prestiti economici senza interesse. Questo paese è l’Italia. E questa è la riforma che lei, la ministra Cartabia, ha voluto firmare.
I francesi la pensano diversamente. A loro, guarda caso, l’Europa non chiede riforme della giustizia su misura.
Tutto qui.
Inutile fingere di scandalizzarsi.
Foto © Imagoeconomica
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La rubrica di Saverio Lodato
ARTICOLI CORRELATI
La riforma della giustizia della ministra Cartabia? Ce la chiede la Nato
Provoca oggi e provoca domani, la ministra Cartabia rischia di fare pastrocchi
Ministra Cartabia, che ne direbbe di chiedere agli italiani cosa pensano della sua riforma?

La Cartabia tutta d'un pezzo con i terroristi rossi, più malleabile con gli ergastolani di mafia
- Dettagli
- Saverio Lodato