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Sorride sempre di gusto. Sembra essersi messo all’ingrasso. Ci vorrebbe Orwell, per collocarlo, in una riedizione aggiornata nella leggendaria “Fattoria degli animali”. Orwell, che era inglese, e che l’impero inglese lo conosceva benissimo. Fateci caso. In tutte le foto, le riprese televisive, i video o gli autoscatti, il leader britannico, Boris Johnson, sprizza gioia alle notizie giornaliere dall’Ucraina. E più feroci sono, più ride. E più la guerra si prolunga, più gode. Più la trattativa e la pace si allontanano, più appare di ottimo umore. Se, puta caso, intravede uno spiraglio di tregua, persino verbale fra le parti contendenti, ci mette subito il carico da novanta per sbarrare il passo ai disturbatori del manovratore americano. E il bello è che non fa neanche parte dell’Europa, ma i commentatori di bocca buona e tenace concetto europeista lo hanno già perdonato.
Quanto all'Italia, ormai lo sappiamo, circolano tantissimi fedeli cagnolini di Biden e della Nato. Per carità, parliamo di ottime persone.
Sono le vestali del Piano Marshall e dello sbarco in Normandia, del soldato Ryan, quelli che in casa tengono la bandiera a stelle e strisce come tenda della doccia, quelli che ai tempi del ’68 dicevano peste e corna della buonanima di Ho Chi Minh, che in tempi più recenti si sciacquavano la bocca in prima serata nei nostri salotti televisivi per indicare nell’antrace di Saddam Hussein la causa dell’invasione americana dell'Iraq (gli americani, per primi ammisero, ma ci vollero anni, che si trattava di loro pura invenzione propagandistica, dimostrando che il problema, alla fin fine, non sono tanto gli americani, ma quelli che degli americani diventano cagnolini scodinzolanti) quelli, dicevamo, che facevano spallucce se la discussione cadeva sulle torture di Guantanamo, o sulla sciagura del Cile o dell’Argentina, o della Grecia dei colonnelli, o dei leader indipendentisti africani assassinati perché l'Africa doveva restare eternamente in ginocchio… Fermiamoci.
Ci fu il massacro premeditato dell'intera famiglia Romanov, ordinato da Lenin. Ci sono state le fosse di Katyn, volute da Stalin. Ci furono i Gulag. Il Kgb e la Siberia. Ci fu il Muro di Berlino. I missili a Cuba. Ora l’invasione russa dell’Ucraina.
Eccetera, eccetera, eccetera.
Solo per dire, che sarebbe bene che ciascuno di noi non tenesse alcuna bandiera nella doccia di casa.
Ora però, tornando all’inizio, va detto che abbiamo tirato in ballo il leader britannico Johnson a seguito della sua ultima dirompente dichiarazione. In cui espone la sua terapia per contrastare l’immigrazione illegale. In altre parole, il governo di Londra studia un piano per inviare in Ruanda, o subordinatamente nei paesi africani di origine, migliaia di persone che varcano la Manica “illegalmente”. Mezza Gran Bretagna è insorta. Ma lui, che non si dà per vinto, ci guazza dentro e aggiunge: “Se il nostro Paese è considerato debole verso l’immigrazione illegale da alcuni partner è a causa di una schiera di avvocati politicizzati che per anni hanno fatto affari ostacolando le deportazioni e limitando l’azione del governo”. Deportazioni. Ruanda, un paese falcidiato dal genocidio scaturito dallo scontro fra le etnie Hutu e Tutsi. I criminali di guerra, o aspiranti tali, non c’è che dire, hanno loro personalissimi vocabolari.
Ecco in che mani siamo. E verrebbe da aggiungere che chi di genocidio ferisce di genocidio perisce, almeno verbalmente.
Ora qualche domanda dovrebbero porsela molti paesi europei.
L’Occidente che vogliamo è quello di Johnson?
L’Occidente che ci rappresenta è quello di Johnson?
E di grazia, potremmo chiedere ai damerini di Bruxelles di avere finalmente uno scatto d’orgoglio e riuscire a partorire qualche idea propria sulla guerra?
Scusateci allora, se ci sfiliamo dal mazzo dei pensatori a stelle e strisce che diligentemente stanno stilando le liste nere dei filo Putin di casa nostra. Un vecchio adagio dice che il più pulito ha la rogna. Frase ruvida, ma c’è del vero.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani (Foto originale: it.depositphotos.com)

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La rubrica di Saverio Lodato 

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