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Meditiamo a freddo, a anniversario trascorso, sulle parole di Sergio Mattarella, il capo dello Stato, nell’aula bunker di Palermo, in occasione del ventinovesimo anniversario della strage di Capaci.
Non trattandosi di anniversario “tondo”, - lo sarà il prossimo, quando saranno trascorsi 30 anni dall’uccisione di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani - , il capo dello Stato avrebbe potuto far sentire la sua voce da “remoto”, e nessuno avrebbe contestato questa scelta, visti anche i tempi di malora che stiamo attraversando.
Mattarella invece ha voluto esserci e non - a nostro parere - per un dovere rituale o per la consueta iniezione di retorica alla quale difficilmente le istituzioni si sono sottratte in occasioni come questa. Cercheremo di spiegare perché.
Due ci sono parsi i passaggi chiave del suo intervento, modulato in non più di una dozzina di minuti.
Il primo è contenuto tutto in questa frase: “La mafia esiste tutt’ora, non è stata definitivamente sconfitta”.
E sarebbero parole ovvie, trite e ritrite, se questo non fosse invece il Paese in cui tanti tromboni suonano il trombone di una mafia sconfitta.
E sarebbero parole ovvie, se questo non fosse il Paese in cui la gran parte dell’informazione tace, ignora o minimizza il fenomeno, con il pretesto, cinicamente costruito in laboratorio, che gli italiani sarebbero stanchi di questa materia trattata all’infinito, buona per reduci nostalgici, vittime inconsolabili, talmente vecchia e stantia da aver perduto l’appeal dell’attualità, elettrizzante totem, come è noto, per chi si picca di fare informazione.
Mattarella ha puntigliosamente ricordato i grandi successi conseguiti da allora, sia in termini di impegno repressivo (e non solo) dello Stato, sia in termini di allargamento di una coscienza diffusa finalmente non più succube ai valori mafiosi.
E in questo nostro Paese che va di fretta, ha sentito il bisogno di ricordare Antonino Caponnetto, il capo del pool antimafia di Palermo, che, sin quando lo accompagnarono le forze, prima fece da scudo al lavoro di Falcone e Borsellino, poi alla memoria del loro sacrificio.
Infine, c’è il secondo passaggio chiave dell’intervento del capo dello Stato.
Ascoltatelo bene.
E’ questo: “Nessuna zona grigia, nessuna omertà, né tacita connivenza. O si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi, non ci sono alternative”.
Una lucida catena di parole, tanto intimamente connesse da apparire quasi devastanti, per il messaggio in esse contenuto.
Nessuna zona grigia: per zona grigia si intende il grigio della palude, delle sottili terre di confine, dei calderoni dentro i quali c’è di tutto e il contrario di tutto, ma, ben inteso, in pacifica convivenza.
O, se si preferisce, “connivenza”.
Se volessimo dare un colore alla Mafia, diremmo che la Mafia rappresenta una “zona nera” della nostra società. Ne dovrebbe dunque conseguire il colore immacolato della “zona bianca”, quella rappresentata dallo Stato che si contrappone alla “zona nera”. Ma qui è di “zona grigia” che ha palato il Capo dello Stato. Significherà qualcosa.
Nessuna omertà: va detto che non sono omertosi soltanto i mafiosi.
Quando un mafioso rompe il vincolo dell’omertà diventa un’altra cosa, un collaboratore di giustizia, in ultima istanza un collaboratore dello Stato. A tale proposito non si può dire, a onore del vero, che Cosa Nostra non abbia finito con il partorire una valanga di collaboratori di giustizia, più o meno affidabili, anche se questa è un’altra storia. E’ grazie a loro, ancor prima che al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, che sappiamo quel che sappiamo sull’interminabile scia di sangue che da decenni segna l’Italia.
Un conto sono esecutori e killer, un conto sono i mandanti. Per conoscere i nomi di quest’ultimi, ben altre “omertà” dovrebbero cadere.
Né tacita convivenza: e il significato di questo passaggio sta tutto nella premessa di un attimo prima: ché non occorrono le “zone grigie”, ché non occorre alcuna omertà.
In conclusione, e in maniera quasi lapidaria, Sergio Mattarella sottolinea il succo della faccenda.
O si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi. Non ci sono alternative.
Frase che ha quasi l’immediatezza di uno slogan, affinché non rimangano dubbi amletici, tentazioni da “zona grigia”, velleità di Trattativa con un nemico, la Mafia, che lo Stato invece deve combattere a viso aperto, con le carte in regola, in maniera limpida.
Questo, purtroppo, per decenni non è accaduto.
E forse, se non abbiamo preso grandi abbagli, il capo dello Stato ha voluto ricordarlo, ribadirlo, censurarlo.

Foto originale © Imagoeconomica

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La rubrica di Saverio Lodato

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