Da dove la prendi prendi, l’affermazione idilliaca che da oltre un secolo e mezzo Cosa Nostra abbia fatto tutto da sola, e continui a fare tutto da sola, fa acqua da tutte le parti. La definiamo “idilliaca” perché è molto comodo sparare a pallettoni sui “mostri”, facendo finta che, scomparendo i “mostri”, tutto ritorni a posto, non ci sia più niente da chiarire su centinaia e centinaia di delitti, decine di stragi, che insanguinarono la Sicilia e, di conseguenza, l’Italia.
Insomma, l’Italia, priva di mostri, sarebbe simile alle valli svizzere popolate di mucche che danno ottimo latte.
Un piccolo-grande test, si è avuto nelle ultime settimane, in occasione della conclusione della carcerazione, durata 25 anni, di Giovanni Brusca. Abbiamo già avuto modo di scriverne qui. Ci torniamo solo per mettere in evidenza la valanga di commenti, scritti, parlati, illustrati televisivamente che, se venisse il classico marziano da Marte, si convincerebbe che in Italia mafia e stragismo, grande criminalità e complicità statali, siano la preoccupazione principale che a commentatori e opinionisti impedisce di prendere sonno la notte.
“U verru”, “il porco”, il “carnefice” che azionò il telecomando a Capaci, che diede l’ordine di strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo, che commise per sua stessa ammissione più di cento e meno di duecento delitti, dovrebbe “marcire” in galera, andrebbe squartato vivo dopo essere trascinato dalle antiche bighe romane, possibilmente riarrestato, alla prima occasione, e che non se ne parli più.
Insomma: una lotta alla mafia stile Ben-Hur.
E dire che il fior fiore dei commentatori - se ne tace qui il cognome in ossequio al “politicamente corretto” che tanto va di moda - in vita loro non hanno parlato mai, anche una sola volta, di mafia e stragismo, né mai pronunciato una parola per chiedere verità e giustizia per migliaia di vittime, convinti come sono di vivere nel paese delle vacche svizzere di cui sopra.
Insomma, esercitarsi letterariamente contro il “mostro” risulta facile, di sicura presa presso lettori e ascoltatori, perché è la maniera più sbrigativa per liberarsi la coscienza. Il resto non conta.
Poi, però, vai a vedere, e scopri che gli stessi fustigatori del “mostro”, si fanno immacolati garantisti nei confronti di decine e decine di ergastolani per reati di mafia, che si vorrebbe rispedire a casa, senza un briciolo di collaborazione con la giustizia.
E, anche in questo caso, argomenti a bizzeffe: ce lo chiede l’Europa, il carcere deve rieducare e non punire, nessuno può essere costretto a svelare alla giustizia tutto quello che sa, perché saranno pure fatti suoi, e magari ha paura per la sua incolumità e quella dei suoi familiari.
Detto per inciso, stiamo parlando degli stessi opinionisti che tornano a farsi di marmo quando si discute dei nonnetti del terrorismo rosso che vivono in Francia, e che si vorrebbero rispediti per posta celere in Italia, per scontare sino all’ultimo giorno di pena.
Detto, ancora una volta per inciso, stiamo parlando sempre degli stessi che non si sono mai chiesti se, per caso, all’estero vivano indisturbati anche i nonnetti del terrorismo nero.
Chiudiamo su questo punto, e torniamo alla domanda iniziale.
La mafia fece tutto da sola?
Ma come si fa a dire una baggianata del genere?
Siamo circondati da storie irrisolte e che si trascinano da anni.
Di questi tempi, anche in vista della sentenza d’appello del processo di Palermo sulla Trattativa Stato-Mafia, prevista entro l’estate, diversi programmi televisivi cercano di venire a capo di un intrigo decennale e maleodorante, perché si è ormai diffusa la convinzione che in questa storia di una Cosa Nostra autosufficiente e tutta d’un pezzo, gatta ci cova. E ci cova da un secolo e mezzo, da quando, per l’appunto, qualcuno pensò bene di inventare la mafia.
Se si mettono in fila questi speciali televisivi, altro che ottimo latte, altro che mucche svizzere, semmai a balzar fuori è uno scenario degli orrori.
Orrori di Mafia, ben inteso, accanto a Orrori di Stato.
E’ una visionaria, Luana Ilardo, la figlia del boss Luigi, che ormai pronto a pentirsi fu assassinato dopo aver condotto per mano i carabinieri del Ros del generale Mario Mori, sin sulla soglia del casolare in cui si nascondeva Bernardo Provenzano, per un blitz che venne annullato, causa l’eccessiva presenza di pecore in zona?
E’ un visionario Fabio Lombardo, figlio del maresciallo Antonino Lombardo, comandante della stazione dei carabinieri di Terrasini, grande regista - vero regista, non farlocco, come tanti altri -, della cattura di Totò Riina?
Il maresciallo Lombardo fu trovato "suicida" in caserma, a Palermo, con accanto una lettera dal contenuto agghiacciante. E che diceva la lettera? Che i posteri si sarebbero dovuti interrogare sul suo ruolo nella cattura, appunto, di Riina. Ruolo che i suoi superiori invece, inspiegabilmente, non vollero mai riconoscere. Il discorso si farebbe infinito.
Comunque, resta agli atti che Fabio Lombardo la storia del suicidio di suo padre non la beve.
E’ un visionario Vincenzo Agostino, il papà di Nino Agostino - il poliziotto che cercava i latitanti, trucidato insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio -, quando racconta che i poliziotti fecero irruzione a casa sua, dopo l’uccisione del figlio, mettendo tutto a soqquadro alla ricerca di documenti scottanti che dovevano scomparire? E persino minacciando di arrestarlo?
E’ un visionario il gup di Palermo che qualche settimana fa ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia, proprio per il delitto Agostino, quando riferisce, in sentenza, degli incontri che avvenivano in vicolo Pipitone, a Palermo?
Erano incontri fra boss stragisti, ai quali partecipavano anche il poliziotto Giovanni Aiello, soprannominato “Faccia da Mostro”, Bruno Contrada, all’epoca dirigente Sisde, e qualche maresciallo che era lì proprio per regolare l’accesso ai summit in cui si pianificava l’escalation di sangue su Palermo.
Sono visionari i familiari di Attilio Manca, l’urologo d’eccellenza in Italia, originario di Barcellona Pozzo di Gotto? Attilio Manca, secondo il verdetto giudiziario, pur essendo mancino, si fece un’iniezione da overdose, ma con la mano destra. C’è il piccolo particolare che, qualche settimana prima di morire misteriosamente, Attilio Manca era stato in Francia per operare, in gran segreto, il latitante Bernardo Provenzano, con gravi disturbi alla prostata.
Resta agli atti che la famiglia Manca la storia del suicidio di Attilio non la beve.
E che vogliamo dire della signora calabrese, agente Gladio, che fu vista sul teatro della strage di Capaci, prima di fare altre comparsate sui teatri delle stragi del 1993?
E compagna, la signora, guarda caso, di “faccia da mostro”, dopo essere stata sposata, a suo tempo, con un nipote del capo della Polizia dell’epoca, Vincenzo Parisi.
Pare ci sia un suo identikit. Ma lei dov’è? C’è? Non c’è più? Vai a sapere.
Che orrori sono questi, di Mafia, o di Stato? O di mafia e Stato messi assieme? Continuiamo.
Sono visionari i familiari di Paolo Borsellino, ancora oggi alla ricerca dell’agenda rossa che non fu mai trovata? In via D’Amelio, luogo dell’eccidio, l’agenda rossa c’era, eccome se c’era.
E si diventa visionari quando ci si interroga sul perché della mancata perquisizione, da parte dei Ros guidati da Mori, del covo di Riina in via Bernini?
Potremmo andare avanti all’infinito, con la scomparsa, in anni assai lontani, dei diari del generale Carlo Alberto dalla Chiesa; della talpa in polizia che avvertì i killer dell’arrivo a casa del commissario Ninni Cassarà, poi trucidato a colpi di kalashnikov insieme all’agente Roberto Antiochia; del furto dei documenti che Giovanni Falcone custodiva nel suo computer sul tema Gladio (ancora una volta); della scomparsa del suo diario, del quale dopo la sua morte furono rinvenute solo alcune paginette.
Il catalogo, assai parziale lo ripetiamo, è questo. Lo stanno mettendo insieme, da settimane e settimane, eccellenti colleghi tv, da Andrea Purgatori a Massimo Giletti a Sigfrido Ranucci a Paolo Mondani e qualche altro, fra i quali merita di essere ricordato Giovanni Tizian, autore di un lucidissimo articolo sull’intera vicenda Brusca.
Diciamo, infine, che il bicchiere della ricerca di verità e giustizia è mezzo pieno.
Foto © Paolo Bassani
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