Il corvo, lasciando da parte l’ornitologia, è il titolo di un film di Clouzot del 1943, che riferisce lo sconvolgimento provocato nella vita di una cittadina francese da una valanga di lettere anonime firmate “Il Corvo”. Le lettere venivano recapitate alle personalità più in vista del paese. Il finale non ve lo raccontiamo.
Il Corvo, quel particolare tipo di Corvo, uscì da quella lontana pellicola, ormai dimenticata, per tornare a far capolino, a metà degli anni '80, nel Palazzo di Giustizia di Palermo.
Una valanga di accuse, veleni, finte indiscrezioni, robaccia insomma, contro gli investigatori antimafia di punta in quegli anni. Ma in cima alla lista dei più calunniati, ci stava, neanche a farlo apposta, Giovanni Falcone.
Il quale - non fa mai male ricordarlo - venne persino accusato di essersi messo da solo i candelotti di dinamite di fronte alla sua villa dell’Addaura, per poi farli scoprire alla sua scorta; vedere crescere enormemente la sua popolarità; e infine dare la colpa a Cosa Nostra e alle menti raffinatissime da lui stesso denunciate in un’intervista; e che invece, secondo i Corvi di allora, non c’entravano nulla.
Il Corvo di Palermo mi è tornato in mente in questi giorni con le cronache dal Csm che tornano a parlare di Corvi che stanno agendo indisturbati infangando a destra e a manca. Guarda caso, però, il primo, e per ora unico nome che salta fuori, è quello del magistrato Sebastiano Ardita, notorio per la serietà, lo scrupolo e il coraggio del suo lavoro. E scomodo per molti, scomodissimo.
Esperienza vuole che il Corvo non venga mai trovato. Quello contro Falcone fu cercato, apparentemente individuato, si tennero i processi, ma il “corvo presunto” venne definitivamente assolto.
Potremmo sbagliarci, ma neanche il Corvo del terzo millennio, quello che infanga Sebastiano Ardita, sarà mai trovato.
Esperienza vuole anche che il Corvo inizi a svolazzare quando la vittima designata ha la testa particolarmente dura, non arretra con le buone, ignora le minacce cattive, non risponde a logiche di corrente, a poteri costituiti, ancorché deviati - qualche volta, si intende - insomma, pretende l’accertamento della verità.
E la biografia professionale di Sebastiano Ardita sembra calzare a pennello - purtroppo per lui - non per l’attività di un Corvo, ma di un intero branco di corvi.
A che servono i Corvi?
In altre parole, il Corvo è l’extrema ratio di quei poteri che, a un certo punto, si sentono minacciati di svelamento da parte di indagini particolarmente incalzanti. O da un clima generale che a loro sta diventando sfavorevole. E a tale proposito.
Sta recentemente venendo alla ribalta una inedita figura di Corvo. Il Corvo che accusa se stesso di aver partecipato alla strage di via d’Amelio.
E’ il caso, qualcuno di voi lo avrà già capito, del mafioso, sedicente collaboratore di giustizia, Maurizio Avola, che invece si trovava impedito a Catania - come documentato e comunicato dalla Procura di Caltanissetta - con un braccio ingessato. Vi chiederete: ma che interesse ha l’Auto-Corvo - chiamiamolo sbrigativamente così - ad accusarsi di una strage alla quale invece non prese parte?
La ragione c’è.
Fra qualche mese conosceremo la sentenza d’appello del processo per la Trattativa Stato-Mafia che in primo grado inflisse pesanti condanne a carabinieri, politici e mafiosi. C’è molta fibrillazione in giro.
Così, dopo essersi concesso il viatico di una strage mai compiuta, il pentito in cerca d’autore si dice sicuro che Cosa Nostra ha sempre fatto tutto da sola. Che non ha mai agito in combutta con uomini politici. Con rappresentanti dell’Arma dei carabinieri. Con esponenti dei servizi deviati. Con tristi figuri di massonerie deviate. E che l’agenda di Paolo Borsellino era come l’araba fenice, forse mai esistita. Infine, che i corleonesi si misero in società con i boss catanesi per la strage del 19 luglio 1992. Roba che il povero Totò Riina si starà rivoltando nella tomba.
Raramente, un pentito è riuscito a dire tante panzane in così poche parole.
Ma la figura dell’Auto-Corvo, che lo ripetiamo è inedita, dovrà essere di molto perfezionata.
Noi, ne stiamo solo registrando la nascita.
I bei Corvi di una volta li ritroviamo invece al Csm. Altro stile, altra classe, rispetto al povero Maurizio Avola.
Potremmo dire, infine, che in Italia i Corvi agiscono un po' come quarta carica dello Stato.
Foto © Imagoeconomica/Paolo Bassani
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La rubrica di Saverio Lodato
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