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Leggete con attenzione quest’incredibile saga di Capaci, con ombre, interrogativi a iosa, osceni retroscena, nomi pesanti, coinvolti o parzialmente sfiorati dalle indagini, vecchie glorie del politichese e non solo.
Saga tenuta nascosta da qualche anno, indigesta ai media che infatti non ne parlano, vista come fumo negli occhi da tante istituzioni che invece dovrebbero essere lì per appurare, accertare, scoprire, individuare gli eventuali colpevoli di un intreccio che dire sia maleodorante è troppo poco.
Al tavolo della spartizione siederebbero i soliti: mafiosi e politici, ma anche funzionari di forze dell’ordine, persino magistrati - se certe voci che corrono dovessero trovare fondamento.
Come è suo solito, ANTIMAFIADuemila sta coprendo la vicenda - la saga di Capaci, l’abbiamo chiamata per comodità - con lo stile giornalistico che le è proprio.
Editoriale ampio di Giorgio Bongiovanni, video Facebook di Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia, il ritratto particolareggiato di Paolo Conigliaro, il luogotenente dei carabinieri che ha avuto il merito di svelare l’esistenza della saga, e che ora ha i suoi guai per aver rivelato ciò che per qualcuno dei suoi superiori doveva invece restare irrivelabile. E infine il testo dell’interrogazione, firmato da 18 parlamentari che si rivolgono ai ministri dell’interno, della giustizia e della difesa.
Adesso, di fronte a uno scenario che improvvisamente si è fatto ampio - anche per merito di ANTIMAFIADuemila -, si ha l’impressione che le porte della stalla siano state finalmente spalancate. Nascondere si è fatto complicato.
E la testimonianza del luogotenente Conigliaro, interrogato in segretezza dalla commissione antimafia, avrebbe fornito una gran mole di informazioni. Lo stesso Morra, a Conigliaro, fa più volte riferimento nel suo video. Forse non ci sarebbe altro da aggiungere.


il patto sporco 820 546

E invece no, una cosa da aggiungere, a nostro personalissimo giudizio, ci sarebbe. Riassumiamola in poche parole.
Al centro della saga di Capaci, ci starebbe, come se il resto non bastasse, Il “sistema Montante”. I lettori di antimafia sanno di che si tratta. Ma il fatto è che della saga di Capaci, a quel che se ne sa, nel processo al faccendiere Montante (conclusosi con condanna) non si parla. E si può capire: i processi, d’altronde, non possono affrontare l’intero scibile criminale.
Ma è curioso - e colpisce non poco-, che nella saga di Capaci non si sia neanche imbattuta la commissione antimafia siciliana, presieduta da Claudio Fava, (a proposito: è blasfemo definirla un doppione in sedicesimo di quella nazionale? Non si è forse sperimentato a sufficienza quanto sia diventata italiana, e a tutti gli effetti, la mafia siciliana?).
Diciamo qui, di quella regionale, perché, nel suo frenetico indagare (stragismo e attentati e fattacci di cronaca nera), proprio al “caso Montante” aveva dedicato sedute, interrogatori e voluminose conclusioni.
Evidentemente, la saga di Capaci e la vicenda, professionale e umana, del carabiniere Conigliaro, erano sfuggite ai commissari di Sicilia, o forse da loro ritenute di breve momento. Peccato.
Perché a occhio ci sembra che entrambe le vicende meritino assai; politicamente, giornalisticamente, giudiziariamente.
Se possiamo permetterci un consiglio: la commissione antimafia nazionale non potrebbe chiedere a quella siciliana come mai sino a oggi non si sia accorta di nulla, pur avendo pomposamente indagato sul “caso Montante”? Aveva sentito mai parlare dell‘affaire Capaci e del carabiniere che quei fatti contribuì a svelare?
O la commissione siciliana si limita ad andare al traino delle rassegne stampa di qualche solerte funzionario regionale?
Se così fosse, per quanto ci riguarda, avremmo l’ennesima prova della sua inutilità.

Foto originale © Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato

 
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