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di Saverio Lodato
Gli italiani stanno cambiando. Sta accadendo qualcosa che era inimmaginabile, sino a qualche tempo fa. Lo dicono i sondaggi, con numeri che sono pietre.
Il sostegno bulgaro attorno alla figura del premier Giuseppe Conte. La convinzione, diffusa, che un’autentica seconda fase non potrà arrivare prima dell’autunno.
La fiducia dichiarata nell’uso delle mascherine.
La disponibilità di quasi il sessanta per cento dei cittadini a scaricare l’apple, per lasciarci monitorare e tracciare così eventuali nuove fasce del contagio.
La preoccupazione per la propria salute, che viene prima di quella per il lavoro.
E badate bene: non c’è un Paese spaccato a metà, come da quando - si potrebbe dire - è nata l’Italia, ma c’è una stragrande maggioranza, e una minoranza quasi residuale.
Sembrerà strano. Ma - anche se nessuno osa dirlo - questo è il primo governo, dalla Liberazione a oggi, che gode di una fiducia così incondizionata. Guardiamo anche i sondaggi più strettamente politici.
La Lega ormai galleggia fra il 25 e il 26 per cento. In una settimana ha perduto - secondo le stime di Nando Pagnoncelli - attorno ai sei punti: un’enormità. Sembra un'altra era geologica, quando la Lega veleggiava intorno ai 35 punti: ma era appena il gennaio di quest’anno.
Tiene e sale, anche se lentamente, il Pd di Zingaretti. Guadagna un punto e mezzo, in una settimana, il Movimento 5 Stelle, che tutti i commentatori davano prossimo all’estinzione.
Si possono combinare insieme questi due piani dei sondaggi? Certamente.
Risultano premiate le forze che per la prima volta stanno dando agli italiani la sensazione e la percezione di essere finalmente governati e, per di più, in una situazione di tragica emergenza.
Gli italiani stanno facendo quello che si chiede loro di fare.
E l’altissimo gradimento attorno alla figura del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, rappresenta la punta di un iceberg che non è mai stato così esteso.
Ora vengono le note dolenti.
C’è la volontà di raccontare questa nuova Italia agli italiani?
C’è la volontà di mettersi al passo e al servizio di un progetto di cambiamento, che dovrà essere radicale e dovrà dispiegarsi negli anni, se vorremo tradurre in realtà il mantra che niente sarà più come prima?
C’è la volontà di rinunciare, sin da subito, alle proprie rendite di posizione?
In altre parole: gli apparati che pesano, decideranno di partecipare alla traversata?
Molti segnali non sono incoraggianti.
La Conferenza Episcopale Italiana (Cei), che è andata malamente di cozzo con il governo, pretendendo l’immediata riapertura delle Chiese per celebrar messa, a nostro modestissimo parere, ha perduto una preziosissima occasione per schierarsi dalla parte della gente e del suo diritto alla sopravvivenza. Né ci meraviglieremmo se, sul punto, Papa Francesco facesse sentire la sua voce, in maniera meno piccata e risentita di quella che si è levata da parte della Cei. In momenti come questi, sarebbe molto meglio che tutti - anche i non credenti - avessero l’opportunità di sentire la voce della Chiesa cattolica, non quella dello Stato Vaticano.
Anche i dirigenti della Confindustria - portatori di istanze sacrosante - danno troppo spesso l’impressione di parlare a nome di un padronato anni cinquanta, più che dell’autentico cuore produttivo dell’Italia. Si vede ancora il governo come una controparte, non come un compagno di viaggio con il quale, a nome del mondo delle aziende, trovare le soluzioni più idonee al superamento della crisi. L’Italia industriale - non dimentichiamolo- è stata anche quella di Adriano Olivetti, non solo quella antioperaia dei Valletta o dei padroncini che brigarono con Mussolini e con il fascismo.
Diverso il comportamento sindacale, che sembra molto più interessato, sin da ora, a iniziare a discutere di cosa cambiare per sempre nell’Italia che verrà. Perché se non si prende ora il toro per le corna, dopo sarà troppo tardi.
Insomma.
Il dilemma, fra chi vuole riaprire tutto e subito e chi predica prudenza, prudenza sociale e sanitaria, la dice lunga sul fatto che certe forze immaginano che l’Italia sia ancora spaccata in due, a differenza, invece, di quanto dicevamo all’inizio. Infine, vengono le forze politiche d’opposizione.
Di Matteo Salvini, che all’indomani di ogni decisione del governo, invita gli italiani a scendere in piazza, verrebbe da chiedersi se questo è un leader. Lo segue a ruota Matteo Renzi (apparentemente sarebbe al governo), pronto a tuffarsi in ogni riapertura possibile: siano le scuole, siano le librerie, siano le Chiese.
A Giorgia Meloni, che a giorni alterni denuncia il golpe e l’esautoramento del Parlamento democratico e repubblicano, verrebbe da chiedere quando, anche lei, si deciderà a salire in montagna per la sua guerra partigiana. Perché per bloccare un golpe non serve chiedere elezioni politiche anticipate.
E viene ora la domanda più grande di tutte.
Ma chi dovrebbe davvero raccontare quest’Italia nuova?
Come si fa - diciamo così - a cambiare il cambiabile, e ovviamente in meglio? Posto che sono emerse - e la sanità è la nota più violenta - carenze decennali e spaventose?
Dovrebbe essere, in un paese moderno, mestiere di giornali e televisioni.
Ma, tranne rarissime occasioni, qualche testata giornalistica più illuminata; qualche trasmissione tv particolarmente felice - ottimo, a tale riguardo, il servizio di ieri sera di Paolo Pagliaro, durante la puntata di Otto e mezzo, che ha fornito i dati sugli umori degli italiani - ; il grosso dell’esercito dell’Informazione riesce solo a sparare sul manovratore; cioè sul governo e sul premier Conte. Gli effetti collaterali di questo bombardamento mediatico, finiscono con l’investire anche la comunità scientifica che - riduciamo all’osso - starebbe troppo tirando la corda, essendo incapace di fare il suo mestiere, che è quello di trovare medicine e vaccini.
In questo mucchio selvaggio della disinformazione, c’è dentro di tutto.
Coloro che immaginano governi futuri, che loro per primi - e per dirla con Machiavelli - sanno non “essere in vero”; coloro che sperano di andare al governo, spingendo a forza sul ring un Mario Draghi assai riluttante; coloro che fanno le pulci alle misure, adottate contro il Coronavirus, allisciando il pelo agli italiani più rancorosi.
Concludendo.
Molti non capiscono - e alcuni preferiscono far finta di non capire - che in questo momento qualcuno sta cercando di parlare a una “nuova figura di italiano”, in via di crescita. Facciamo degli esempi per spiegare meglio.
E proprio il pacchetto di misure anti Coronavirus può tornare utile. Se il governo dice che, anche in casa, a stretto contatto con i propri parenti, si farà uso della mascherina e si dovrà osservare la distanza regolamentare, si fa solo spirito goliardico osservando che non ci sarà il poliziotto, dentro le mura domestiche, a controllare il comportamento dei commensali fra una portata e l’altra. Proviamo a chiederci. E se quella buffa misura fosse solo un modo per cercare di trasmettere ai cittadini la consapevolezza che non è ancora scattato il cessato pericolo? Un modo didascalico, quanto si vuole, per dirgli di non abbassare la guardia?
Veniamo ai congiunti.
Se si parla di “congiunti”, estendendone l’area, dai consanguinei a quella più ampia delle persone alle quali si è legati da sentimenti duraturi, è facile incorrere nei motti salaci del popolino, come in quelli delle teste d’uovo dei maître à penser.
Ma è ovvio - e lo diciamo a certi buontemponi del piccolo schermo - che il poliziotto o il carabiniere non potranno approfondire granché sulle tresche amatoriali - vogliamo chiamarle così? - del cittadino incappato nel posto di blocco.
D’altra parte, non si capisce perché, se sta finalmente emergendo un’economia sommersa e al “nero”, non possano altrettanto emergere foreste affettive sconosciute all’occhio ipocrita dei ben pensanti. E allora, quell’accezione larga della parola “congiunti” è un altro invito all’autodisciplina rivolto a cittadini dei quali non viene - in un Paese puritano dove esponenti politici pluri divorziati si dichiarano contro il divorzio - per la prima volta sindacata la vita privata.
Proviamo a ridurre tutto a uno slogan.
Si potrebbe dire che il governo vuole fare arrivare questo messaggio: non devi uscire di casa per fare il furbo e fregare lo Stato, cosa che a te, in quanto italiano, riesce benissimo, ma per essere finalmente un cittadino che sentendosi parte di una comunità, rispettando le regole, inevitabilmente rispetta anche gli altri.
Il gradimento di Giuseppe Conte si spiega solo con il fatto che gli italiani stanno cominciando a capire. I mesi a venire saranno mesi di grandi sorprese.
P.S. Tutto può crollare - lo diamo per scontato - se a tamburo battente non avverrà quell’immissione di liquidità il cui ritardo è l’autentico tallone d’Achille di questo governo. Le rivoluzioni - diceva Mao - non sono un pranzo di gala. Ma non si possono fare neanche a digiuno.

*

Avevamo appena licenziato queste note quando ci è giunta notizia dell'appello di Papa Francesco: "Serve prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni". Nessun riferimento alla richiesta di poter subito celebrare messa, avanzata dalla CEI.
Siamo stati facili profeti: buon Papa non mente.


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