di Saverio Lodato
Enzo Biagi - e non occorre dire che, insieme a Montanelli e Bocca, fu uno dei più grandi giornalisti italiani -, perdette il suo posto in Rai, quando non fece mistero di non condividere nulla di Silvio Berlusconi, né la sua politica, né i suoi conflitti di interesse.
Biagi non era uno che le mandava a dire. Le diceva, e si assumeva le sue responsabilità. Sino al licenziamento, come infatti accadde. E’ - per chi ancora la ricorda - la triste storia dell'"editto bulgaro", pronunciato a Sofia da Silvio Berlusconi.
Può un giornalista criticare un presidente del consiglio, o persino - se lo ritiene giusto - un capo dello Stato?
Senz’altro. Ci mancherebbe.
E’ questa, e non altra, la sua funzione, quella del testimone.
Come leggiamo nel libro del profeta Isaia: “Devi essere la vedetta notturna, ciò che vedi grida”.
Diversamente, il giornalismo non servirebbe a nulla, e l’opinione pubblica sarebbe in balia dei potenti di turno. E ci sembra, svolgendo queste considerazioni, di sfondare porte aperte.
Si sfondano dunque porte aperte, in questi giorni di passione e nervosismo, anche nel mondo dei media, volendo sottolineare la liceità della critica, anche quando essa investe le massime cariche dello Stato.
Un ultimo piccolo esempio, tratto dalla cronaca di queste ore, ci viene dalle Tv americane, che non si sognerebbero mai di silenziare Anthony Fauci, l’immunologo alla guida della task force per l’emergenza, quando polemizza apertamente con Trump, suo Presidente (che lo vorrebbe tanto licenziare), sulle scelte adottate in materia di Coronavirus.
Sta agli americani scegliere da che parte stare, se con Trump o con Fauci. E i giornali e le tv sono liberissimi di dire tranquillamente la loro. E infatti la dicono.
E veniamo a casa nostra.
La vicenda ormai è nota. Si è scatenata una dura polemica politica, in seguito alla diretta del premier Giuseppe Conte di qualche giorno fa; poiché il capo del governo ha duramente attaccato i maggiori esponenti dell’opposizione, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, accusandoli di remare contro rispetto agli sforzi dell’Italia in Europa.
Vero? Falso? Giusto? Sbagliato?
I nostri lettori sanno, per quello che può valere, come la pensiamo.
Enrico Mentana, direttore del Tg La7, dal canto suo, non condivide questa sortita del premier. E ieri sera, a conclusione del suo Tg, ha dettagliatamente spiegato il suo punto di vista. Scelta legittima, opinione rispettabilissima. E noi, dicendolo, si sfonda un’altra porta aperta.
Mentana - in buona sostanza - ritiene che quella del premier Conte sia stata una forzatura per regolare i conti con l’opposizione, avendo voluto approfittare dei microfoni aperti in prima serata, quindi in un momento di massimo ascolto.
Di questa polemica, avevamo scritto qui, anche noi, sostenendo che gli italiani non sono lattanti, e i tg non sono biberon. Cosa intendevamo?
Il riferimento era a questa frase di Mentana, andata in onda a caldo, cioè subito dopo l’affondo del premier: “Se possiamo dire, l’avremmo francamente evitato, se l’avessimo saputo prima non avremmo mandato quella parte della conferenza stampa del premier”.
Ci siamo permessi di dissentire ieri, e ci permettiamo di dissentire oggi.
Non abbiamo criticato Mentana per aver criticato Conte.
Abbiamo criticato Mentana per esser stato tentato dall’idea di togliergli la parola. E per averlo candidamente rivelato agli spettatori (che - appunto - non sono lattanti). Tutto qui.
Insomma: anche noi abbiamo sfondato un’altra porta aperta. Sono giorni difficili per tutti...
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???? La rubrica di Saverio Lodato
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