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di Saverio Lodato
Premesso che non abbiamo ancora fatto in tempo a vedere il film di Gianni Amelio su Craxi, e leggere il libro di Marcello Sorgi su Craxi e Moro (presto colmeremo la lacuna), la singolare coincidenza di interessi su figure tanto discusse della vita politica nazionale sollecita sin da subito qualche riflessione.
Se partiamo infatti dal presupposto che ogni Paese ha lo statista che si merita, c’è poco da scandalizzarsi di fronte al dibattito ricorrente sulla autentica figura di Bettino Craxi, che in questi giorni viene rivisitata per quell’ammissione al Pantheon nazionale resa impraticabile, per decenni, da una morte in esilio.
Esilio, latitanza.
Ma che valore hanno parole del genere? Sono parole che hanno un senso, quando ha un senso la condanna dei giudici che le motivò. E quando questa condanna (non parliamo di sentenza) è stata accettata come tale dalla stragrande maggioranza di un’opinione pubblica, che l’ha sedimentata, fatta propria e digerita.
Ma se l’esiliato - o il latitante - fu costretto da un giudizio ingiusto, ecco che l’intera esistenza del condannato può essere riletta, ribaltata, riproposta in altra luce, e in altra veste, alle nuove generazioni che ai tempi non c’erano, ma oggi possono andare al cinema. E dai film, naturalmente, possono apprendere più sbrigativamente che da tonnellate di documenti ormai ingialliti e difficilmente consultabili come andarono davvero le cose. Davvero? Sul punto avremmo qualche dubbio.
Tanto che, ironicamente, si potrebbe dire che in Italia, fatto il film, si può riaprire il dibattito. Anche il più scabroso, il più urticante, il meno storicamente necessario.
Cercando di essere più didascalici.
Se oggi definiamo i giudici di Tangentopoli di allora come un Torquemada dei noantri.
Se oggi affermiamo che Mani Pulite altro non fu che spettacolare golpe fatto in casa per colare a picco la Prima Repubblica per obbedire a ukase stranieri.
Se oggi affermiamo che la Politica perse una buona occasione per ristabilire il suo primato di fronte alle pretese del Torquemada dei noantri il gioco è fatto.
Il film è fatto. Il libro è fatto. E anche gli articoli commemorativi, e gli editoriali e i talk di seconda serata.
Ci vuol poco, come si vede, per mandar giù la pillola.
Bettino Craxi vittima fu. Perché se rubava lui, rubavano tutti. Perché se lui rubò, rubò per il Partito. E tutti quelli che rubarono, se rubarono, lo fecero per i loro Partiti di appartenenza. Perché la Politica è bella. Ma costa.
Evapora così la figura del latitante. Si materializza, invece, a futura memoria, la figura del Martire. Che si libra - quasi miracolosamente - a figura di Statista.
Craxi, lo Statista incompreso.
Craxi, lo Statista tradito.
E siccome, come usa dire, la riabilitazione vien mangiando, ognuno ci mette del suo.
Come fa chi mette sullo stesso piano la sorte toccata a Craxi e quella toccata a Aldo Moro.
Tutti Statisti, tutti mandati al macero.
Sarà anche un dettaglio. Ma Leonardo Sciascia, a esempio, non riteneva che Aldo Moro fosse uno statista. Era infatti convinto che i media lo avessero insignito del titolo di “grande statista” solo qualche giorno prima della sua esecuzione da parte delle Br, e quando politica e istituzioni dell’epoca (socialisti esclusi) avevano ormai calato la pietra tombale su ogni possibile Trattativa. Eppure Sciascia fu isolato e ostracizzato proprio per avere condannato senza remore, senza se e senza ma, la politica della “fermezza”. Lui Moro lo voleva vivo. Riteneva che andasse salvato. Il che non gli impedì di esprimere il suo giudizio sul fatto che Moro fosse o non fosse uno statista.
Ma erano altri tempi, oggi gli italiani si accontentano, non sono più di bocca buona.
Se Craxi fu Statista, perché non pensarlo allora anche di Giulio Andreotti?
In fondo ebbe “solo” rapporti con Cosa Nostra. E lo fece per il “bene” dello Stato. Come per il “bene” dello Stato, hanno lavorato gli uomini della Trattativa Stato-Mafia.
E scagli la prima pietra chi, in Italia, in questo secolo e mezzo, non ha mai avuto rapporti con la mafia, Torquemada dei noantri permettendo (i pm che le danno la caccia).
E anche in questo caso, il gioco è fatto.
P.S. Per molti politologi, anche Silvio Berlusconi è un grande Statista. E perché no?

???? Foto originale © Ansa/DBA

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???? La rubrica di Saverio Lodato

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