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di Saverio Lodato
Cominciamo col dire tutto quello che le scorte non sono, non rappresentano, o, quantomeno, non dovrebbero rappresentare.
Non sono una portantina, un servizio taxi di lusso, un tiro a quattro, come quelli esibiti nei funerali dei Casamonica, ma neanche un antidoto, uno scudo impenetrabile per coloro i quali volessero farti la pelle, un elisir di lunga vita.
Se del caso, anche gli scortati muoiono. E la storia italiana lo dimostra, né serve fare esempi che tutti hanno, e abbiamo, sotto gli occhi.
Cos’è la scorta?
Una gigantesca palla al piede.
Una cappa che soffoca affetti familiari, libertà di movimento, vita di relazioni, dimensioni private. Esistono una letteratura e una cinematografia sull’argomento.
La scorta non costituisce altro che l'ammissione sconsolata, da parte dello Stato, che le sue città, i suoi paesi, le sue strade e le sue piazze, non sono sicuri, esposti fisiologicamente a possibili scorribande criminali. E da questa consapevolezza discende che la “personalità”, nei limiti del possibile, ha da essere tutelata, protetta, difesa dal fuoco nemico.
Si parla molto degli scortati, si parla assai meno - ed è un errore - di donne e uomini, di ogni corpo di polizia, ai quali lo Stato chiede, almeno ipoteticamente, di offrire la loro vita in cambio, se le cose dovessero andar male, di quella della "vittima designata".
Ti pago per mettere in conto che potrai morire per tenere in vita qualcun altro. Il succo è questo.
Altro capitolo di questa storia è rappresentato dalle storture, dalle degenerazioni nell’uso delle scorte, dagli abusi, da parte di tutti coloro - e non sono pochissimi - che considerano la scorta alla stregua della ruota del pavone.
Non faremo nomi.
Ma resta ancora qualcosa da dire.
Chi ha diritto alla scorta?
Chi per la sua forte esposizione pubblica, e la delicatezza della professione che svolge, insidia interessi illegali.
Casistica sterminata, in Italia. E non è un caso che ci siano organismi istituzionali che del problema sono chiamati, d’ufficio, ad occuparsi.
Da un po’ di tempo in qua, invece, si assiste a una stucchevole giostra di nomi di personalità scortate ieri e che qualcuno, da domani, non vorrebbe più scortare.
Pessima idea.
Secondo noi è un campo nel quale è meglio abbondare, che stare lì a lesinare con il bilancino.
Una cosa però è inaccettabile.
Adoperare, come pure è stato fatto, questo curioso argomento: la personalità quando vive a Roma è più al sicuro che nella sua Sicilia o nella sua Calabria. Quindi a Roma la proteggo di meno.
Significa continuare a far finta che la mafia sia un'emergenza regionale.
Falcone e Borsellino, fatti a pezzi insieme a dieci fra donne e uomini delle loro scorte, già trent’anni fa, provarono a spiegare che la mafia è una tragedia “nazionale”.
Ignorare questo “dettaglio” equivale a non aver capito nulla della mafia. E di come la si combatte.

???? Foto © Paolo Bassani

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???? La rubrica di Saverio Lodato

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