Conobbi Giovanni Brusca, oltre vent’anni fa, nel suo isolamento nel carcere romano di Rebibbia, a un paio di anni di distanza dalla sua cattura in una villetta di San Leone, in provincia di Agrigento (20 maggio 1996).
Era l’uomo di Capaci, quello che aveva azionato il telecomando, assassinando così Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, i poliziotti Antonino Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani.
Era l’uomo che aveva commesso - per sua stessa ammissione - fra i cento e i duecento omicidi.
Era l’uomo che aveva dato ordine ai suoi gregari - mafiosi come lui - di sequestrare, e poi strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo, di appena quindici anni, perché il padre - Santino - si era pentito, collaborando così con la giustizia italiana.
Criminale sino al midollo, mafioso discendente di famiglia di altissimo lignaggio mafioso - i Brusca di San Giuseppe Jato furono tradizionalmente alleati di Totò Riina -, Giovanni Brusca era stato uno dei carnefici di punta della Cosa Nostra "corleonese" in quasi vent’anni di escalation sanguinaria che provocò migliaia di vittime.
Volli incontrarlo perché se il suo mestiere era quello del mafioso, il mio è quello del giornalista.
Non c’è molto da capire, o da aggiungere.
E potrei enumerare decine e decine di altri casi di grandi criminali, comuni o "politici", che sotto ogni latitudine hanno raccolto le loro memorie di fronte al taccuino di un giornalista.
Il libro che venne pubblicato al termine dei nostri colloqui esiste ancora, perché da allora viene ristampato ininterrottamente. A riprova che i lettori non hanno mai trovato nulla di strano nel fatto che un giornalista intervistasse un criminale in isolamento. Ma per completezza d’informazione va anche detto che, quasi subito dopo l’arresto, Giovanni Brusca aveva già intrapreso la strada della collaborazione con i magistrati. Prova ne sia che, per incontrarlo in carcere, dovetti ottenere il via libera di quasi una ventina di giudici, sparsi in tutt’Italia, che indagavano a vario titolo, e per un infinita quantità di reati, proprio su di lui. Sarebbe bastato che una sola delle mie richieste fosse stata respinta e io non sarei mai stato ammesso ai colloqui con Brusca.
Il libro reca un titolo forte: "Ho ucciso Giovanni Falcone" (Mondadori) e resta l’unica testimonianza dal vivo del killer di Capaci.
All’uscita in libreria, Maria Falcone, con dichiarazioni alle agenzie di stampa, si espresse duramente, affermando che lei non avrebbe mai dato possibilità di parola a un criminale.
Sono trascorsi vent’anni.
Giovanni Brusca, per ammissione ancora una volta di decine e decine di corti che lo hanno esaminato, è risultato veritiero e collaborativo in tutte le sue deposizioni.
Maria Falcone oggi, di fronte all’eventualità che la Cassazione dopo ventitré anni di carcere riconosca a Brusca gli arresti domiciliari, torna a ribadire quello che ha sempre detto: che Brusca, in parole povere, non è meritevole di niente. E’ un punto di vista che capisco.
Non scrivo queste note per spezzare lance a favore di Brusca.
Mi limito però ad osservare che, insieme a Tommaso Buscetta, Giovanni Brusca, per un’epoca differente della storia di Cosa Nostra, è stato il più grande collaboratore di tutti i magistrati intenzionati a contrastare il fenomeno mafioso.
Proprio in queste ore, e ne parliamo nell’articolo pubblicato di seguito, e sotto forma di ironico paradosso, la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cedu) sta decidendo in merito al superamento dell’ergastolo per tutti i mafiosi attualmente detenuti, indipendentemente dal fatto che si siano pentiti.
Stranamente, anche se per noi non c’è nulla di strano, non si è levata nessuna voce di protesta.
Giornali e tv stanno ignorando la notizia.
Che vogliamo fare?
Rispedire a casa tutti i mafiosi e gettare le chiavi per Giovanni Brusca? Sarebbe alquanto bizzarro.
Sarebbe l’ennesimo scempio alla memoria di Giovanni Falcone.
Il quale - lo ricordiamo a chi non lo sa, o preferisce dimenticarlo - riteneva che la figura del collaboratore di giustizia andava incentivata e, nel caso di mantenimento del patto, adeguatamente corrisposta dallo Stato. C’è una legge in tal senso. E proprio da lui voluta. Se non piace, il Parlamento può abrogarla in qualsiasi momento.
E su questo anche Maria Falcone dovrebbe convenire.
L'Europa, Voltaire e la mafia
di Saverio Lodato
Io non condivido la tua scelta di trafficare in eroina, cocaina, stupefacenti d’ogni tipo, armi, esseri umani; di appropriarti indebitamente del danaro pubblico che non è tuo; soffocare i diritti degli altri, sfregiando, in una parola, gli elementari principi della democrazia e della convivenza civile; appartenere a una o più organizzazioni segrete, si chiamino esse Mafia, 'Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita, Massoneria, per perseguire, costi quel che costi, lo scopo del tuo arricchimento illecito.
Io non condivido la tua scelta, se mai dovessi incontrare ostacolo ai tuoi progetti criminali da parte di volenterosi, e magari isolati, isolatissimi, rappresentanti dello Stato, di mettere mano alle armi per sbarazzarti degli ostacoli incontrati sul tuo cammino.
Va da sé, per tutto quanto detto sin qui, che non condivido la tua scelta di far brillare il tritolo, sventrare i palazzi e le autostrade, fare a pezzi i giudici simbolo, come facesti con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e decine e decine di uomini in divisa, carabinieri e poliziotti, e uomini politici controcorrente, e giornalisti e imprenditori e sacerdoti colpevoli di volerti sbarrare la strada. La penso diversamente da te. Ma chi sono io per giudicarti?
Non condivido neanche la tua scelta, ci mancherebbe altro, di inquinare i processi, ammazzare testimoni e collaboratori, corrompere funzionari dello Stato, falsificare le prove con la complicità di chi invece dovrebbe stare dall’altra parte. E il tutto nella speranza di farla franca, di ottenere il ribaltamento di sentenze che ti stanno strette, di tornare a vivere come uccel di bosco.
Né mi sognerei mai di criticarti per avere Trattato, a suon di bombe, con uomini politici, delle istituzioni, o ufficiali dei carabinieri. Cosa che hai fatto sempre e continui imperterrito a fare.
E saprei continuare, per farti capire come io non condivida nulla delle tue idee, ancor prima delle tue scelte.
Ma c’è una altra cosa che devi sapere e che voglio che tu sappia.
Mi batterò sino alla fine affinché tu abbia il pieno diritto di vivere la tua vita, senza rinunciare al fardello delle tue idee, delle tue scelte (lo ripeto: che non condivido); mi batterò sino alla fine perché tu non sia gravato da “condanne ostative”, come adesso chiamano l’ergastolo.
Mi batterò sino alla fine perché tu possa beneficiare, come tutti gli altri detenuti di questo mondo, e da che mondo e mondo, del “diritto al lavoro”, dentro e persino fuori dalla galera; di “vacanze premio” per andare a rivedere tua moglie, i tuoi figli, i nipotini, perché al cuore non si comanda; di vere e proprie misure alternative al carcere. Ti ricordi quando Silvio Berlusconi fu mandato a raccontare barzellette negli ospizi? L’idea, anche per te, sarebbe un po’ quella.
So cosa stai pensando.
Che ancora non ti basta, perché temi la richiesta di una contropartita da parte dello Stato.
Allora voglio tranquillizzarti sino in fondo.
Non aver paura.
Nessuno ti chiederà di pentirti e collaborare con la giustizia.
Nessuno di chiederà di disertare dalla tua organizzazione segreta di appartenenza. Magari si potrà vedere se, nei giorni pari, o in quelli dispari, ti potrà essere riconosciuto anche il diritto di fare una capatina al tuo club di appartenenza per tornare a vedere i vecchi amici di un tempo.
Nessuno ti chiederà mai di rinnegare le idee e le scelte criminali che hanno plasmato sin qui la tua intera esistenza.
Se non lo avessi capito, siamo entrati nel terzo millennio. E’ il garantismo, bellezza.
Viviamo nell’Europa dei diritti e delle opportunità.
Martedì si riunirà la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Cedu).
Al centro della discussione ci sarà proprio il tuo diritto di mafioso ad avere sino in fondo le tue idee, facendo in piena tranquillità le tue scelte (idee e scelte - te lo ripeto - che non condivido) senza per ciò dovere pagare - e chissà mai perché - dazi supplementari.
Chiama subito i tuoi avvocati e invitali a presentare i loro ricorsi: ci sono altissime probabilità che anche per te si spalanchino molto presto le porte del carcere.
Dall’aldilà dell’immortalità, i Giovanni Falcone e i Paolo Borsellino vanno e vengono.
Solo il mio, il nostro Voltaire - quello di tutti noi Garantisti (e siamo tantissimi) -, è immortale.
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La rubrica di Saverio Lodato
Foto © Paolo Bassani
L'Italia è un paese per mafiosi, non per pentiti, come Giovanni Brusca
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