Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Saverio Lodato
Circola sui giornali - perché circola negli ambienti politici -, la tesi che, dopo l’intemerata del premier Giuseppe Conte all’indirizzo di Armando Siri, che non vuole più nel governo come suo compagno di processione, adesso, quanto è capitato a lui - a lui Siri - “può capitare a tutti”.
La tesi, in altre parole, è che se un esponente politico viene sorpreso con le mani nella marmellata ed è costretto a dimettersi, si crea un precedente giustizialista gravissimo; nessuno di noi è più al riparo; non c’è più mondo.
Ricordiamo solo che il Siri fu nominato sottosegretario, nell’indifferenza generale, dopo aver già patteggiato una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta. Ma questo viene considerato un dettaglio. O meglio: un argomento “contro” le dimissioni, come a dire: se Siri, con il suo curriculum, è arrivato sulla vetta, adesso in vetta - e in sella - ci può restare.
Ed è altresì sconcertante che simile modo di ragionare sia utilizzato anche da certi opinionisti di sinistra e di opposizione - ballerini fra un canale televisivo e l’altro - pur di non riconoscere che i 5 stelle hanno puntato i piedi, sul tema della questione morale, neutralizzando così, almeno per una volta, lo strapotere di Matteo Salvini.
E la frase: adesso può capitare a tutti, francamente ci fa un po' schifo.
E per due ragioni: il fatto che Siri, da bancarottiere fraudolento venne fatto sottosegretario, l'opinione pubblica lo ha scoperto solo ora. Per comune responsabilità di Lega e 5 stelle che fecero finta di nulla, prendendoselo a bordo. Certo. Ma forse, se vogliamo dirla tutta, responsabilità anche delle opposizioni - se no che ci stanno a fare le opposizioni? - che all’atto della formazione del nuovo governo, non sollevarono il caso, non si accorsero e non denunciarono un bel nulla. Questa è la prima ragione del nostro disgusto. La seconda, discende dalla prima.
Vediamo.
È o non è un'aggravante che il sottosegretario bancarottiere abbia avuto una ricaduta (chiamiamola così), e questa volta con tanto di divisa e nel pieno esercizio delle sue funzioni? Domanda retorica.
D’altra parte, evocare il “così fan tutti”, è ancora molto peggio. Quanti sono gli italiani bancarottieri fraudolenti che possono diventare sottosegretari per ritrovarsi poi dentro un’inchiesta giudiziaria per mazzette e in odor di mafia (tutto da provare, per carità)?
Secondo noi, molto meno della metà della metà di una mezza dozzina. In altre parole: con la cacciata di Siri, gli italiani non hanno nulla da perdere e da temere. Semmai qualcosa da guadagnare.

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

La rubrica di Saverio Lodato

Foto © Paolo Bassani

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos