di Saverio Lodato
Chi, di professione, cerca il lieto fine, può dirsi soddisfatto. Certo. Ci sono voluti nove anni, ma la verità - testarda, scomoda, persino raccapricciante - si è finalmente fatta largo in un’aula di giustizia. Lieto fine, appunto.
Un carabiniere, dopo aver passato le pene dell’Inferno - facile presumerlo, in quest’Italia impregnata di morale da caserma - ha fatto i conti con la sua coscienza chiamando in causa i commilitoni che commisero il delitto “preterintenzionale”, come dire che il povero Stefano Cucchi, non seppe rispettare il ruolo che gli avevano assegnato i suoi aguzzini, che forse doveva essere quello di subire il pestaggio, restando vivo.
Non so voi, ma io penso che se qualcuno, sfoggiando la divisa, prende a calci un essere umano, in stato di detenzione, denutrito, debilitato dalla droga, lo fa intenzionalmente, deliberatamente, volutamente. E non so voi, ma io penso che debba pagare. Comunque sia, neanche in questo caso, chi cerca il lieto fine per professione, ha la minima intenzione di demordere: il carabiniere che oggi parla, riscatta il suo corpo di appartenenza, rasserena i benpensanti, da' finalmente a Cesare quel che è di Cesare. Lieto fine, appunto.
Sapete cosa è stato necessario per il lieto fine?
Nove anni. Sette processi. Persino un film. Il calvario di una Sorella Coraggio - Ilaria Cucchi -, che andandosene in giro per l’Italia con la fotografia che raffigurava lo scempio, e più efficace e devastante di qualsiasi sentenza, bussò a ogni porta per ottenere giustizia. E dovendo persino fare i conti con quei politici (in proposito: avere la faccia come il giovanardi...) che la dileggiavano, cercando di zittirla, forse perché nel nostro Paese certe cose si fanno, ma guai a dirle, guai a svelarle, guai a indicarne i responsabili. In ossequio alla morale da caserma, appunto.
Lieto fine?
Più rileggiamo le grandi linee di questa storia, meno riusciamo a vedercelo questo lieto fine.
Dirsi indignati, e abbondantemente schifati, di fronte a quanto è successo, ci pare sia la reazione migliore, più adatta alle circostanze. Ci fa quasi sentire cittadini, non sudditi di una morale da caserma.
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La rubrica di Saverio Lodato
Stefano Cucchi, il ragazzo che non seppe restare vivo
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