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renzi matteo imagodi Saverio Lodato
Apparentemente, il PD ritiene che la strada più breve, in vista di una sua futura rigenerazione, sia quella di scendere in campo, e manifestare, in difesa della figura del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Si spiega così la manifestazione a Piazza Santi Apostoli, a Roma, il 1 giugno, quando ormai era in via di insediamento il governo 5 Stelle-Lega, verbalmente osteggiato dal Pd ogni qual volta se ne intravedeva, e se ne era intravista, la possibilità.
La decisione di manifestare era stata assunta un attimo dopo l’improvvida richiesta di “impeachment” da parte di Luigi Di Maio, durata- gliene va dato atto- lo spazio di un mattino. E che quella “arrabbiatura”  a due voci, Salvini-Di Maio, all’indirizzo del Colle, appartenesse più al mondo della Sceneggiata che a quello della Politica, era facilmente intuibile ai più. Tranne che al gruppo dirigente PD.
Il Pd, ma è solo la nostra opinione, avrebbe insomma dovuto rendersi conto che, visto come si erano messe le cose, era meglio disdire l’appuntamento. Anche perché Sergio Mattarella, proprio in quelle stesse ore, stava dimostrando di sapersi benissimo difendere da solo. Eppure, il PD non ha cambiato idea.
Perché?
Perché non sa più che pesci pigliare? Perché è in stato confusionale? Perché non si è ancora ripreso dalla batosta delle urne del 4 marzo? Certo: anche per tutto questo. Ma solo la bonomia dei giornali e delle televisioni, amici del PD – che non sono pochi- poteva risparmiarlo, come è accaduto, dalla sottolineatura imbarazzante, dell’ assenza di Matteo Renzi (in viaggio verso la Cina) proprio alla manifestazione PD, indetta per Salvare l’Onore del Soldato Mattarella.
Va ricordato che la storia della Repubblica italiana è segnata da un fiorire di richieste di impeachment: per Giovanni Leone, su iniziativa dei radicali di Marco Panella, a causa dello scandalo Lockheed; per Francesco Cossiga, a firma del segretario PCI, Achille Occhetto, per l’affaire Gladio; per Oscar Luigi Scalfaro, per volere di Forza Italia, per attentato alla Costituzione; per Giorgio Napolitano, per un lungo elenco di contenziosi, su iniziativa Forza Italia e movimento 5 Stelle. Nessuna di queste richieste andò mai in porto, anche se Leone (che poi risultò estraneo ai fatti) e Cossiga si dimisero, prima della fine del mandato.
Verrebbe da dire: chi non ha mai pronunciato la parola impeachment scagli la prima pietra.
Il PD dovrebbe, se tiene davvero a se stesso, rispondere piuttosto a tre semplici interrogativi: come mai, dopo 4 anni di gestione Renzi, ha perduto l’esatta metà del suo elettorato; come mai, a tre mesi dal voto, non sa fare altro che irridere le due forze premiate dall’ elettorato italiano, rimandando all’infinito l’indispensabile analisi, lucida e impietosa, delle cause della sua disfatta; come mai non è ancora riuscito a regolare i suoi conti interni con Matteo Renzi e il suo giglio magico.
Conta di tornare a essere il partito di riferimento della grande sinistra italiana che fu, organizzando la claque permanente all’indirizzo del Capo dello Stato?
Ci sembra pochino.
Anche perché il Capo dello Stato tutto cerca tranne che la claque. Mentre gli italiani, per parte loro, sono stufi dei mulini a vento e si aspetterebbero finalmente benefici concreti.

P.S.  
Quanto al nuovo governo, non volendo iscriverci al coro di sapientoni e sapientini che conoscono le cose prima che accadono, preferiamo aspettare che le cose accadano. 

Foto © Imagoeconomica

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La rubrica di Saverio Lodato

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