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di Saverio Lodato
Non bisogna prestare alcun credito alle lodi sperticate che tutti i partiti, nessuno escluso, stanno tessendo in queste settimane all’indirizzo del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il che non significa che qualcuno non sia in buona fede, anche se dovranno essere i fatti a incaricarsi di dimostrarlo.
Il travolgente risultato elettorale, è chiarissimo, in quanto è indicatore dello spirito di rivolta dei cittadini verso il Sistema Politico tradizionalmente inteso, ma è claudicante, per non aver assegnato una netta maggioranza di governo, facilmente traducibile in formule univoche e definitive.
Si tratta di mettere ordine, partendo innanzitutto dai pochi dati certi di cui disponiamo e che consentono almeno di indicare, con buona approssimazione, chi sono i Vinti e chi sono i Vincitori.
Vincono i 5 Stelle, sfiorando quota 34 per cento: quota che non si vedeva da molto, in tempi di disaffezione dalla politica e risicato consenso per chiunque. Qualcuno potrà storcere il naso, per il modo quasi rocambolesco (rocambolesco, diciamo, a voler considerare gli usi, i costumi e le tradizioni della Prima e della Seconda Repubblica) con cui i 5 Stelle hanno centrato l’obbiettivo di essere il primo partito d’Italia: primarie on line; programma e preventiva lista dei ministri da sottoporre agli elettori e al Quirinale; decurtazioni pecuniarie; proclamazione di una sorta di "moralità" fondativa; eccetera eccetera. Ma sarebbe da sciocchi non vedere che se c’è un vincitore che non ha bisogno di Var (ci si consenta il riferimento calcistico) questi sono proprio i 5 Stelle.
Sale sul podio dei Vincitori, anche se con l’esatta metà dei consensi dei 5 Stelle (e questo è bene non dimenticarlo), la Lega di Matteo Salvini. Anche in questo caso, non mancano le ragioni per storcere il naso: i temi scelti dalla Lega per la campagna elettorale, soprattutto in tema di immigrazione ed Europa, sono stati infatti all’insegna di un gioco rude, al limite del "fallo", ma, anche in questo caso, solo gli sciocchi potrebbero negare che a molti italiani andava ed è andata bene così; e poco senso avrebbe piangere ora sul latte versato.
In cima alla lista dei Perdenti, il PD di Matteo Renzi che, dopo anni di autolesionismo e di "renzismo" (e abbiamo detto tutto), perde la metà della sua forza elettorale.
Sullo stesso podio, sta Forza Italia di Silvio Berlusconi. E qui si abbia il coraggio di dire con chiarezza che la sconfitta si presenta duplice: Silvio Berlusconi, in questo confronto a quattro, è il quarto classificato.
Dopo 5 Stelle, PD e Lega. Ma è sonoramente sconfitto anche da Salvini che, con quasi 4 punti di vantaggio, lo ha umiliato, mandando definitivamente in soffitta la sua leadership ultra ventennale nel centro destra. Per questo parliamo di 2 sconfitte in una.
Resterebbero i "Fratelli d’Italia" di Giorgia Meloni e i "Liberi Uguali" di Piero Grasso, ma in questo caso si ha buon gioco a dire che gli elettori o non li hanno voluti prendere in considerazione, o li hanno considerati fastidiosamente petulanti e, comunque, non all’altezza della partita in gioco.
Fermiamoci un attimo.
Se la politica fosse anche lontana parente dell’aritmetica, basterebbe mettere insieme i due addendi (5 Stelle e Lega) per ottenere una maggioranza, ma, neanche in questo caso, robusta e adatta a una navigazione lunga e sicura.
Ecco perché, ormai da giorni, i commentatori politici, in assenza di dati certi, sono costretti ad almanaccare su formulazioni chimeriche, talmente ricche di variabili e subordinate però da risultare impraticabili.
Né va taciuto che il rifiuto da parte del PD (almeno in questa fase) ad assumersi responsabilità di governo complica ulteriormente le cose. E si tratterà di vedere, in casa PD, se l’"inappetenza" da cariche istituzionali è destinata a durare. Ne dubitiamo.
Che fare? Si sarebbe chiesto il buon Lenin.
C’è una sola cosa che gli italiani considererebbero ragionevole: che Di Maio e Salvini si spartissero la Presidenza della Camera e la Presidenza del Senato. Per vedere, successivamente, quali strade siano praticabili per la formazione di un nuovo governo. L’obiezione che il Centro Destra sia una federazione della quale "fa parte anche Salvini", che però guarda caso ha "stracciato" i suoi alleati, non sta in piedi. Essendo, come l’omologa federazione di centro sinistra, il miserabile frutto diabolico di questa legge elettorale - il Rosa Porcellum - con la quale (e, si spera, per l’ultima volta) gli italiani sono stati chiamati a votare.
In questo panorama desolante ci si aspetta un miracolo (Il Miracolo: sarebbe più esatto dire) da parte del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Il quale, sinora, benissimo ha fatto a non dire una parola di troppo. Lasciando appena intendere che, in una fase come questa, si affida solo a infinita pazienza e infinita capacità d‘ascolto.
Né, ci si consenta la blasfemia, può fare miracoli chi non li può fare: l’unico che di Miracoli se ne intendeva, era infatti il precedente Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, talmente ben visto dai Perdenti di oggi che lo nominarono per due volte di fila Presidente della Repubblica, forse per sdebitarsi dell’enorme favore di avere impedito più volte agli italiani di tornare a votare a scadenza naturale.
Concludendo.
Cosa devono aspettarsi gli italiani da Sergio Mattarella?
Cosa è legittimo aspettarsi da lui, posto che non può fare miracoli chi non li può fare?
Che scelga, questo sì, fra Passato e Futuro.
Che imprima un’accelerazione verso una Terza Repubblica che non potrà più far finta di non vedere i pochi dati certi emersi da questo risultato elettorale.
Quando Mattarella lo farà - perché lo farà - i suoi interessati "lodatori" di oggi diminuiranno a vista d’occhio.
E sarà un bene, per lui e per tutti gli italiani.

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La rubrica di Saverio Lodato

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