di Saverio Lodato
Per capire l’esatto significato, e la portata, del risultato elettorale di domenica sera, basta dire che i telespettatori hanno potuto assistere alla resurrezione di una giuliva Daniela Santanchè e di una giuliva Maria Stella Gelmini che sono tornate in video dopo anni di astinenza per rivendicare il successone del centro destra.
A Volte Ritorniamo, sembravano dire - e legittimamente - le due zarine un po’ attempate, ma galvanizzate dallo spoglio dei voti. Come dar loro torto?
Il PD ha perduto tutto il perdibile. Da Verona a Sesto San Giovanni, da Genova a La Spezia, da Carrara all’Aquila, da Alessandria a Pistoia, da Parma a Piacenza, da Cosenza a Catanzaro, eccezion fatta per Padova, Lecce e Taranto. Ma quello che sino ad ora in pochi hanno messo in evidenza è l’impietoso divario: il PD quei ballottaggi li perde con percentuali che oscillano fra il cinque e il dieci per cento. E nei rarissimi casi in cui vince, vince di misura.
In altre parole, non si è trattato di ballottaggi sul filo di lana, con testa a testa, partite cioé giocate sino all’ultimo respiro. Macchè. Da una parte la cavalleria del centro destra lanciata al galoppo, dall’altra brocchi e ronzini di centro sinistra che arrancavano in vista del secondo posto, scontato e garantito per legge elettorale.
Adesso si è aperto - si fa per dire - il dibattito sul voto.
E mentre Santanchè e Gelmini apparivano in grande spolvero, un Ettore Rosato d’ordinanza (PD), a "Porta a Porta", ammetteva che "il PD ha perso" salvo rianimarsi affermando che "i 5 Stelle sono scomparsi" (affermazione alquanto prematura). Nella notte, però, ci avrebbe pensato Matteo Renzi a spiegare che il PD non aveva affatto perso, semmai poteva vincere di più. Circola poi una lettura del voto che potremmo sintetizzare così: il PD ha perso quando si è presentato da solo, ma ha perso anche quando si è presentato in compagnia (in coalizione, cioé).
Si tratta di una costatazione oggettiva, che Renzi tira dalla sua per dire che non ha colpe e che Giuliano Pisapia, e le "minoranze" attratte dal suo progetto, non vanno da nessuna parte, non rappresentando alcun valore aggiunto per la coalizione. Gli antirenziani fanno il ragionamento opposto: Renzi ormai rappresenta una tale zavorra che anche la coalizione più unita viene risucchiata verso il basso proprio a causa della sua ingombrante presenza.
E in questo ci sarà del vero, se lo stesso Renzi ha preferito darsi alla macchia, non spendendosi neanche per i ballottaggi più strategici, valga per tutti quello di Genova.
Ma quando un leader del centro sinistra, fresco di plebiscito alle primarie, si fa latitante per non intestarsi la futura sconfitta, è legittimo chiedersi: che ci sta a fare?
Il tema è delicato.
Il dilemma sulla futura legge elettorale, maggioritaria o proporzionale, sembra infatti in cima ai pensieri dei dirigenti Dem. E sfogliano la margherita del presentarsi da soli o in coalizione, senza rendersi conto che il voto di domenica annuncia che alle prossime politiche il PD rischia di essere destinato a sicura scomparsa, trascritta nel Registro dello Stato Civile, sia con il proporzionale, sia con il maggioritario. In Francia, si è visto qualcosa di molto simile.
A furia di suicidarsi lentamente, in tutti questi anni, il PD è riuscito davvero a suicidarsi, ha osservato Marcello Sorgi su La Stampa.
Vale infatti la pena di svenarsi per consentire a Matteo Renzi di tornare a Palazzo Chigi alla prima occasione utile? Una pretesa, sia detto per inciso, nauseante, quella di Renzi di far dipendere tutte le sue decisioni dal miraggio di tornare a fare il premier. Un tormentone che ha stancato tutti.
Se a Genova, a Sesto San Giovanni, a Pistoia, gli elettori hanno risposto di no, che non vale la pena di svenarsi per la poltrona di Matteo, qualcosa vorrà pur dire. Per esempio: che anche loro sono ormai nauseati.
A questo punto non resta altro da fare che aspettare le prossime mosse dei Franceschini e degli Orfini, dei Rosato e delle Serracchiani e delle Gualmini, delle Moretti e dei Guerini, dei Nardella e dei Martina, eccetera eccetera.
Saranno fedelissimi renziani, va bene. Ma terranno famiglia anche loro. O no?
Ne vedremo delle belle.
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La rubrica di Saverio Lodato
Foto © Paolo Bassani
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