Helen Mirren racconta Nino Di Matteo
di Saverio Lodato
Dobbiamo andare in prestito dagli inglesi per fare un film sull'isolamento di Nino Di Matteo. Dobbiamo chiedere all'emittente televisiva Al-Jazeera di fare entrare nelle case degli spettatori di tutto il mondo un documentario che racconta lo sporco intreccio fra il nostro Stato e la Mafia, la galassia di tutte le Mafie; che informa di un processo storico e delicato, che mescola, alla sbarra, capi bastone criminali e politici in doppiopetto, mammasantissima con le mani sporche di sangue e volti noti e notissimi delle istituzioni, alti rappresentanti dell'Arma dei carabinieri; che squarcia il sipario su una città, Palermo, che per oltre un decennio vide decapitata la sua classe dirigente migliore a causa di una escalation criminale con il contributo di poteri occulti che solo in rarissimi casi furono individuati.
In questo film inglese, intitolato "A very Sicilian Justice", regia di Paul Sapin, prodotto da Toby Follett, tutto ruota attorno alla figura di Nino Di Matteo, del suo isolamento, della sua condanna a morte. Testo nitido, efficace, dove l'asciuttezza narrativa fa da contrappunto a immagini che non danno tregua allo spettatore.
Si potrebbe dire che un film così farà capire la Mafia e le complicità di cui gode anche ai bambini. Che vale più di migliaia di pagine di maniera scritte sull'argomento. Che presenta questo Male assoluto - la Mafia che tira le fila della Politica e la Politica che tira le fila della Mafia - esattamente per quello che è. Giorgio Bongiovanni, che ne scrive su questo giornale, auspica che la Rai voglia acquistare il film da Al-Jazeera, per poi mandarlo a profusione nelle sue reti. Sarebbe ottima scelta commerciale, culturale, degna di un servizio pubblico che intenda fare la sua parte.
Va anche detto che la meravigliosa voce narrante di "A very Sicilian Justice", è quella di Helen Mirren, attrice inglese fra le più note al mondo. E lei, nel raccontare in un'intervista come mai ha voluto prestare la sua voce alla storia di Di Matteo e di tutto ciò che vi ruota attorno, ha spiegato, molto meglio di quanto avrebbe fatto un italiano, che la mafia è ormai tragedia senza confini e che deve vedere l'impegno di tutti.
La voce della Mirren contro il silenzio delle parrocchiette giornalistiche e mediatiche di casa nostra.
La voce della Mirren per raccontare al mondo quell'Italia che avrebbero dovuto raccontare i giornalisti italiani. E che si preferisce tenere nascosta.
La voce della Mirren, ancora, per sgretolare quel muro del silenzio che è stato costruito artificiosamente in questi ultimi anni per impedire che i cittadini scoprissero gli altarini della Trattativa della Vergogna.
E anche noi vogliamo arricchire l'elenco delle speranze di Bongiovanni. La Rai, certo.
Ma perché escludere che i grandi giornali italiani, dal "Corriere della Sera" a "La Repubblica" facciano finalmente la loro parte accorgendosi che la storia del giudice solo e condannato a morte è diventata persino un film con voce della Mirren e sottotitoli in italiano?
So bene quante pressioni ci saranno. Quanti diktat affinché ancora una volta trionfi la voce del silenzio. Quanto si agiterà l'ex emerito capo dello Stato il quale chiederà che il film sia messo all'indice. Ma è pur vero che i giornali che ho nominato si avvalgono, a Palermo, di ottimi cronisti della mafia che non potranno digerire ancora una volta il "silenzio romano" su una storia che grida vendetta.
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La rubrica di Saverio Lodato
Original photo © Giles Keyte