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cuperlo renzi dalemadi Saverio Lodato
Per Gianni Cuperlo, della minoranza PD, Matteo Renzi non ha la statura del leader, piuttosto l’arroganza del Capo. Affermazione condivisibile, almeno per molti, ché mai si era visto un Presidente del consiglio invitare platealmente gli elettori a non andare a votare per un referendum regolarmente indetto (quello sulle trivelle). Lo stesso Craxi, che si potrebbe dire aveva l’arroganza del Capo non disgiunta, però, da alcuni tratti tipici del leader, adoperò la frase choc: "elettori andate al mare", alla vigilia del referendum del 1991 sull’abolizione della preferenza unica. Insomma: fece capire come la pensava, ma ricorrendo a un eufemismo. La storia racconta che oltre il sessanta per cento degli italiani quella domenica al mare non ci andarono,  innescando il meccanismo che provocò la fine del "craxismo" in Italia. Vedremo come finirà in questo caso.
Il fatto è che Renzi, al cospetto di Craxi, appare un capo di governo persino privo della foglia di fico, abituato com’è ad un linguaggio dell’arroganza e della provocazione che ha fornito ormai troppe prove evidenti per apparire casuale o, peggio ancora, inconsapevole.
Quando Renzi dice, in buona sostanza, che oggi si ruba né più né meno che nel passato, ma oggi ci si dimette, lo dice nella speranza che gli elettori ci credano. La sua è, per ciò, una provocazione voluta e consapevole.
Sacrifica il sacrificabile, vale a dire la ministra Federica Guidi intercettata al telefono con il compagno che fa affari con le compagnie petrolifere, per difendere l’indifendibile, Maria Elena Boschi, la ministra che ride, impantanata, se non altro per via strettamente familiare (il papà coinvolto sino al collo nello scandalo di "Banca Etruria") in un "affaire" tutt’altro che archiviato.
Renzi deve difendere la Boschi pena il venir giù dell’intero caravanserraglio che sostiene la sua maggioranza. Quindi, in questa difesa della Boschi, Renzi, ancora una volta ci appare provocatoriamente consapevole.
Quando Renzi  "si assume tutte le responsabilità" dei favori fatti, o in via di elargizione, alla lobby dei petrolieri, in nome della "necessità del fare", dello "sblocco delle opere pubbliche", fa il verso (in maniera perfettamente consapevole) al Berlusconi che convinse gli italiani che ci voleva un "imprenditore" come lui per riuscire dove la "Politica" aveva definitivamente fallito: "sbloccare" l’Italia. E l’altra sera, a Otto e mezzo, a domanda di Lilli Gruber, Massimo D’Alema osservava che un conto è definirsi "amico" del manager Fiat, Sergio Marchionne (affermazione comunque di gusto discutibile, visto che Marchionne ha eletto residenza in Lussemburgo per non pagare le tasse in Italia), altro conto è far seguire a questa dichiarazione di amicizia giudizi trancianti contro il Sindacato e la sua storia.
Che bisogno c’era, ha proseguito D’Alema, di abbinare le due cose, citando persino le rispettosissime parole di Obama nei confronti del sindacalismo americano?
La risposta spontanea alla domanda di D’Alema è che, anche in quel caso, Renzi ha detto esattamente quello che voleva dire: provocatoriamente, consapevolmente.  
D’altra parte, giusto per ricordarlo, non è certo la prima volta che Renzi adopera giudizi sprezzanti rivolti ai sindacati, preferibilmente contro la Cgil e il suo segretario generale, Susanna Camusso.
E fatte le debite proporzioni, perché non ricordare quando la Boschi, a domanda di un giornalista su Fanfani e Berlinguer, simulando un salottiero gioco della torre,  sostenne che avrebbe salvato Fanfani, aretino puro sangue come lei, piuttosto che Enrico Berlinguer? Intendiamo dire che quello è lo stile, la cifra di questo governo e dei suoi massimi rappresentanti. Inutile girarci attorno.
Continuiamo. Non è forse provocatoriamente consapevole la riabilitazione del pluri indagato, il banchiere Denis Verdini, pronto a turare le falle quando la maggioranza rischia di non reggere alla prova dei numeri?
E non dovremmo forse stupirci degli strani rapporti fra la famiglia Boschi e il cosiddetto "faccendiere" Flavio Carboni, entrato e uscito dalle patrie galere, in quanto coinvolto nelle peggiori pagine di cinquant’anni di storia italiana?
Non ci insegnano nulla le parole irridenti di Renzi rivolte alla magistratura di Potenza, e non solo, quasi che i giudici volessero intralciare con "macigni" giudiziari la luminosa strada intrapresa dal suo governo per cambiare l’Italia? Perché non si incarica lui, in prima persona, di "snellire" il mastodonte-giustizia che, invece, all’insieme delle forze politiche sta benissimo così com’è? Anche in questo caso, siamo in presenza di un Capo arrogante, per dirla con Cuperlo, che provoca sapendo di provocare. Consapevolmente, per l’ennesima volta.
Concludendo. Le intenzioni - e lo stupore -, di una certa sinistra PD, saranno anche alimentate da nobilissime aspirazioni, dal rimpianto nostalgico per i bei tempi che furono, dalla convinzione che non sia mai troppo tardi per vincere una battaglia politica "interna". Ma qui dobbiamo fermarci.
Perché secondo noi, invece, ormai, è troppo tardi. Quella "rottura sentimentale" fra milioni di elettori e il Pd, alla quale ha fatto riferimento lo stesso D’Alema dalla Gruber, si è consumata da tempo. C’è di più.
Renzi a quel "popolo" Pd, per adoperare espressione ormai desueta, non guarda più, ammesso che in passato lo abbia fatto. In che lingua lo deve dire alla minoranza PD? E basterebbe far l’elenco dei rappresentanti del suo "cerchio magico", in posizione di altissime responsabilità, per constatare che provengono quasi tutti dall’ex "Margherita", con tutto il rispetto per la tradizione democristiana in Italia. Significherà pure qualcosa.
Tirino allora le conclusioni, i D’Alema, i Cuperlo e compagni: se Renzi non è un leader, ma un capetto arrogante - e su questo siamo perfettamente d’accordo -, diano vita a qualcosa di nuovo a sinistra del PD.
Sempre che ne abbiano voglia.  
Sempre che lo sappiano fare.
Sempre che il Movimento 5 stelle non li avvii definitivamente sul viale del tramonto alle prossime scadenze elettorali.
Il tempo dell’"autocoscienza" è finito.

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La rubrica di Saverio Lodato

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