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cuffaro crocettaTotò Cuffaro… Rosario Crocetta…
di Saverio Lodato
Non abbiamo mai avuto molta simpatia, né stima, per chi infierisce sul suo avversario, approfittando delle sue disgrazie, dei suoi punti deboli, dei suoi momenti di difficoltà. Meno che mai per coloro i quali, caduti a loro volta in disgrazia, ritengono di potersi disinvoltamente risollevare non, come gli altri si aspettano, cambiando la propria condotta, ma puntando il dito accusatore contro chi sta peggio di loro.  
Né ci piace chi non si accontenta di vincere, ma pretende pure di stravincere.
E non diciamo niente di originale, visto che nella tenzone fra Francesco Ferrucci e Maramaldo chi ebbe storicamente la peggio, pur riuscendo a pugnalare a morte un avversario ormai agonizzante, fu Maramaldo; al quale i vocabolari dovettero far velocemente posto, inventando il verbo “maramaldeggiare".
E ci pare che maramaldeggi, oltre il limite del sopportabile, il Rosario Crocetta, attuale governatore di un siciliano su quattro (ché metà degli elettori non andarono a votare; e metà dell’altra metà non votarono per lui) che scende a tu per tu, dall’alto del suo scranno a Palazzo d’Orleans, per far le pulci a un’intervista del suo predecessore, Totò Cuffaro, in cui il Cuffaro annuncia d’aver chiuso con la politica.  
Questa storia oggi non la vogliamo lasciar cadere nell’oblio, perché non ci pare appartenga alla categoria delle cosiddette "polemichette della politichetta", per adoperare l’espressione di Raffaele La Capria, a proposito di altre storie napoletane. Tutt’altro.
Sappiamo benissimo, per ragioni di lavoro, cosa è stato Totò Cuffaro. L’abbiamo conosciuto e ci siamo scontrati con lui nell’aula di un Tribunale. Ma molto prima che nascessero le sue vicissitudini giudiziarie che lo avrebbero poi portato in galera.
Cuffaro ha fatto quello che ha fatto, è stato condannato definitivamente dalla Cassazione per favoreggiamento alla mafia, ha sopportato il carcere, dal quale uscirà, a pena espiata, il 16 dicembre di quest’anno. E ora ha annunciato non solo d’aver chiuso per sempre con la politica, ma di volere andare a lavorare, come medico, in un ospedale del Burundi.
Non abbiamo motivo di non credergli. L’ultimo impegno pubblico che prese fu quello di presentarsi immediatamente nel carcere di Rebibbia. E fu impegno che mantenne.
E verrebbe da dire - ricordando la canzone di Gianni Morandi - che solo "uno su mille ce la fa", in Italia, a costituirsi spontaneamente - intendiamo dire - nelle patrie galere.  
Crocetta la pensa diversamente.
Crede che Cuffaro ragioni ancora da politico e che dunque mente, sapendo di mentire, quando annuncia di volere smettere con la politica e di volersene andare in Africa.
Crocetta, nella posizione in cui si trova, avrebbe fatto meglio - così la pensiamo noi - a tacere, insomma: avrebbe potuto fare a meno di “maramaldeggiare".
Anche perché, per dirla tutta, a noi non piacciono gli avvoltoi, neanche quando volteggiano sui luminosi cieli dell’antimafia.

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