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falcone-morvillo-effdi Saverio Lodato
Molti stanno già lucidando le trombe in vista del ventitreesimo anniversario della strage di Capaci. Il concertone, infatti, c’è sempre stato, e non si vede perché non dovrebbe andare in onda anche quest’anno. Molti stanno presentando domanda per l’iscrizione al club degli  "Amici di Giovanni" . Gli anni passano, ma le iscrizioni non scadono mai e quanto prima toccherà all’Istat mettere ordine statistico stilando il computo annuale dei nuovi arrivati. Molti si preparano a rimbrottare, quando la data sarà quella canonica - cioè il 23 maggio - quei magistrati palermitani antimafia, oggi in vita, perché dicono qualcosa che non devono dire, non dicono qualcosa che avrebbero il dovere di dire, fanno cose che Falcone "non avrebbe mai fatto". Saranno uomini politici. Di destra, di sinistra, di centro: ché se non nomini la parola Mafia almeno il 23 maggio quando la devi nominare?
Gloriose signore del passato, amiche che furono del "caro estinto" - autentiche o sedicenti poco importa ormai a distanza di un quarto di secolo -, brandiranno la durlindana per zittire chiunque quel giorno si rifiuterà di bere il gran calice della retorica. Giornalisti che coltivano il dubbio - né di qua, né di là, per intenderci - ci infliggeranno filippiche contro le Antimafie di Mestiere, le Antimafie Abusive, le Antimafie di Facciata, le Antimafie Estremistiche, e via via aggettivando. Sono i nipotini degli Jannuzzi, dei Ferrara, degli Sgarbi, che indicarono per anni - e Falcone fece in tempo a godersi i primi scampoli di questo "pensiero audace" -  come esistessero in Italia due pericoli, apparentemente contrari, ma in realtà perfettamente simmetrici: La Cupola della Mafia e la Cupola dell’Antimafia.

Li ricordiamo benissimo. E perfino con una punta di nostalgia, come accade tra reduci che si affrontarono su campi opposti. Li ricordiamo sui giornali di Berlusconi. Dentro le televisioni di Berlusconi. Li ricordiamo in Parlamento. Fin dentro le commissioni antimafia. O quelle per le autorizzazioni a procedere. Furono anni al calor bianco. Anni di tragedia e di tragedie. Anni di scontri frontali, per iscritto o in Tribunale. Anni che preludevano all’oggi, ma questo si sarebbe capito dopo. E l’oggi è l’oggi della farsa, dei macchiettisti, degli epigoni. Il buon Marx almeno in questo ci azzeccò: la Storia si manifesta prima sotto forma di tragedia, poi sotto forma di farsa.
E’ proprio per questo che oggi ci appaiono titanici - è la parola giusta - in quel loro negare l’evidenza, stravolgendo la verità, i pensatori di allora. Soprattutto se confrontati all’odierna genia di impiegatucci che ricordano gli scialbi funzionari di Orwell che cancellavano pezzi di memoria nei forni caldi del Potere di "1984" all’insegna dello slogan: "La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’Ignoranza è forza". Tutti lì a ritagliarsi uno spazietto pubblicitario. Tutti lì pronti alla schizzatina, di fango o di veleno cambia poco. Tutti pronti ad accomodarsi su questo sgangherato carro di Tespi che esaurirà, nell’arco delle ventiquattro ore, il suo repertorio di luoghi comuni. Gli altri, i loro antenati, lavoravano duro 365 giorni all’anno, altro che storie! Per questo, gli antenati ci appaiono titani.
Batteranno persino un colpo – c’è da scommetterci – gli imbolsiti rappresentanti di quelle Istituzioni che vorrebbero un’Antimafia Bariccata, a lunga stagionatura, cioè; perché come sentenziò, appena l’anno scorso, Giorgio Napolitano: "la vera lotta alla mafia era quella che faceva Giovanni". E in questi 23 anni che si è fatto? Niente?
Salperanno anche quest’anno le "navi della legalità"? Il solito "comandante" si metterà in plancia di comando sorridendo a beneficio delle telecamere dei TG? Facciano pure. Ma non sarebbe un film vecchiotto? E nessuno potrà negarci il diritto di dire che il presepe non ci piacerà.
La signora Maria Falcone davvero si appresta a traslare la salma del fratello? Non vogliamo crederci. O meglio: non ci crederemo sin quando non assisteremo all’inconsueta e mesta  cerimonia. Con l’occasione: la salma di Francesca Morvillo, la moglie di Falcone assassinata nel medesimo agguato del 23 maggio, resterà invece dov’é? Esistono forse loculi di serie A e loculi di serie B? Se Dante Alighieri fosse ancora vivo scriverebbe un altro Canto della sua Commedia per raccontare la storia di due persone che si amavano, che furono trucidate insieme ma  furono divise 23 anni dopo… E chissà poi perché.
"StiaSerenaSignoraFalcone", ci verrebbe da dire. Non è agitando ciò che resta dei poveri resti di Falcone che si arricchisce il dibattito sulla lotta alla mafia. Servirebbero invece parole nitide e coraggiose. Per indicare i responsabili di un Paese in cui Le Mafie sono ancora vive e vegete. Quelle parole che Lei – e lo scrivemmo in un nostro articolo di qualche tempo fa – non ha mai ritenuto opportuno pronunciare.
Sbagliando profondamente, a nostro modestissimo parere.   
Lasci che Giovanni Falcone e Francesca Morvillo risposino in pace.

(2 maggio 2015)

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