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lodato-saverio-big9di Saverio Lodato
Non conosceremo mai, carte alla mano, chi nel PD ha assassinato, nel segreto dell’urna, la candidatura di Prodi. Non sapremo mai, carte alla mano, da chi è venuto lo stop velenoso sul nome di Rodotà nel momento in cui, se il PD lo avesse fatto proprio, Rodotà sarebbe diventato immediatamente capo dello Stato. Molte cose, però, le sappiamo. E le abbiamo capite. Sappiamo che Napolitano aveva ripetuto sino alla nausea la sua indisponibilità a restare al Quirinale un minuto in più oltre la scadenza naturale del suo mandato. Sappiamo che nella serata che precedette la nomina dei ”10 saggi”, a Roma, dagli ambienti del Quirinale trapelava addirittura l’indiscrezione che Napolitano stava caldeggiando l’ipotesi di dimettersi con qualche giorno di anticipo. Sappiamo che Napolitano, alla fine della giostra, ha disfatto scatoloni e bagagli ed è rimasto seraficamente al suo posto. E, in questo caso, carta canta, verrebbe da dire. Sappiamo che questa soluzione va benissimo a Berlusconi. Ci sarà un perché? Anche questa carta sembra cantare. Sappiamo che il PD si è ridotto in cocci, con le dimissioni di Bersani e del suo intero gruppo dirigente. Che è in corso una guerra di tutti contro tutti che può preludere alla definitiva spaccatura del PD o, in via subordinata, a proscrizioni interne massicce nel nome della “responsabilità nazionale”, visto che il Paese, economicamente e socialmente, si trova ormai con l’acqua alla gola.

Noi non crediamo – ma forse ci sbagliamo clamorosamente- che un guinzaglio lungo tenga legata la dirigenza PD al grande inquilino del Sommo Colle. Ma allora cosa potrebbe sconcertarci ancora di più rispetto a quanto abbiamo visto sino ad oggi? Due, tre, quattro dirigenti PD –  i loro nomi, piuttosto di altri, non farebbero alcuna differenza- che diventassero ministri di un qualsiasi governo, grande madre di tutte le ammucchiate, al termine di pagine così invereconde della nostra storia repubblicana.

Ministri in rappresentanza di chi? Ministri in nome di che? Ministri scelti da chi, con un intero gruppo dirigente dimissionario? In questo momento ci sembra che il PD non abbia i titoli per partecipare al concorso. Una decisione sola, questa sì presa all’unanimità, potrebbe segnare l’inizio di un nuovo percorso: non indicare nomi suoi per il governo che verrà; appoggiare dall’esterno il governo che sarà voluto dal Quirinale; votare volta per volta i singoli provvedimenti se è vero che il PD ha a cuore le sorti del Paese. Punto. Nient’altro. In caso contrario, le facce dei “suoi” ministri diventerebbero definitivamente impresentabili agli occhi degli italiani.
23 aprile 2013

Tratto da: rivoluzionecivile.it                                                                  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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