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Con la rete ferroviaria più scalcinata d’Europa, abbiamo intenzione di fare il ponte sullo stretto di Messina. C’è poco da fare. Siamo in mano a un branco di governanti incapaci d’intendere e di volere.
Gente per bene, per carità.
Non corrotta, non usa le tangenti, indifferente alle poltrone. Ci mancherebbe. Purtroppo, però, condannata a gestire tutti i guasti lasciati in eredità dal passato, dai governi di centro sinistra, che impediscono di raggiungere finalmente “il sol dell’avvenire” di chi tanto vorrebbe riscrivere la Storia. L’Italia va così. Una volta è un chiodo, una volta è un pantografo, ma in attesa del ponte di Messina i passeggeri, armi e bagagli, è meglio che vadano a piedi.
E meno male che ogni tanto il sindacato e quell’incendiario di Maurizio Landini indicono scioperi dei trasporti che quantomeno hanno il merito, nel giorno e all’ora prefissata, di avvertire la popolazione a tenersi alla larga dalle stazioni. Oggi non si viaggia, ma almeno lo sappiamo prima di uscire da casa.
Il ministro dei trasporti Matteo Salvini, ché è di lui che stiamo parlando, sino a qualche mese fa brandiva l’arma della precettazione.
Lo ricordate?


50 anni mafia 1 4

Gagliardo e duro, coriaceo e grintoso, dava lezioni al mondo operaio sui disagi che corrono i cittadini quando viene proclamato uno sciopero. Oggi Salvini sembra avere perso le penne. Si è fatto più guardingo, non precetta più. D’altra parte, ormai, è come se i treni scioperassero da soli, indipendentemente dalla volontà di macchinisti e controllori. Che fare? Al povero Salvini non resta altro che accanirsi sulla tastiera per dire che non è colpa sua.
Lo abbiamo detto all’inizio, un branco di incapaci di intendere e di volere.
Intanto, la premier Giorgia Meloni ha le sue gatte da pelare per replicare agli implacabili giornalisti d’inchiesta che lei, se può, evita di calpestare le formiche.
Diceva Totò: e poi dite che uno si butta a sinistra. 

Foto © Imagoeconomica

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La rubrica di Saverio Lodato 

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