Buona regola vorrebbe, quando parla il Capo dello Stato, che gli altri esponenti di istituzioni apicali della repubblica tenessero la bocca chiusa. Si corre sempre il rischio, infatti, di dire di più o dire di meno, o peggio ancora di dimostrare al mondo intero di non avere capito nulla di quanto il presidente della Repubblica ha inteso ribadire o sottolineare ai suoi cittadini.
Per di più visto che Sergio Mattarella ha il raro dono, in un paese come il nostro brulicante di azzeccagarbugli a pagamento, di parlar chiaro, con una sintassi priva di ombre, e allusioni sottintese, o viscide riserve mentali.
“Impronta fascista emersa con evidenza”, ha dichiarato il capo dello Stato a proposito del cinquantacinquesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969 a Milano, in cui persero la vita 17 persone e si contarono 88 feriti.
E ha aggiunto: “E deviazioni e colpevoli ritardi hanno impedito che i responsabili venissero chiamati a rispondere dei loro misfatti”.
Mattarella non parla a vanvera. Ci sono le conclusioni degli storici, milioni di pagine processuali, sentenze che chi vuole può andare a leggere.
Invece, sentite cosa scodella il nostro ministro degli interni 55 anni dopo Piazza Fontana: la strage di Milano non fu una strage coraggiosa, fu un “attacco vile e sanguinario al cuore della nostra democrazia”. E scompare per incanto la “matrice fascista” chiamata in causa dal capo dello Stato, perché a lor signori, risulta indigesta.
Parola dunque di un ministro degli interni dalla nostra repubblica.
Parola di Matteo Piantedosi, poliziotto che dell'ordine pubblico ne capisce.
Che sa dosare parole e giudizi, capace di svicolare fra inesistenti raduni rave e barche che si capovolgono piene di migranti (vedi Cutro e simili), fra saluti romani e croci celtiche, curve di ultras che rigurgitano di teppa urbana, navi vuote che vanno e vengono dall’Albania mentre uomini in divisa affollano le Spa degli alberghi a cinque stelle, manganelli che ogni tanto scappano di mano per colpirne più di uno ed educarne assai più di cento.
Piantedosi: ecco uno che dopo le parole di Mattarella avrebbe fatto bene a starsene zitto zitto. Chiediamoci, allora, perché parla.
Perché il fascismo, checché ne dicano certi osservatori catatonici che commentano sull’argomento in tv o giornali, è ben radicato e presente fra noi. E tutte le occasioni sono buone per ribadire il concetto: “Son fascista e me ne vanto”.
Foto © Imagoeconomica
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La rubrica di Saverio Lodato
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