Alla presentazione del libro Cinquant'anni di mafia, che si è tenuto a Roma lo scorso 11 novembre al "Teatro Quirino", ancora una volta è stata fatta sentire la voce del giudice Giovanni Falcone nel suo intervento in occasione della presentazione del libro Dieci anni di mafia (edito da Rizzoli), sempre scritto dal giornalista Saverio Lodato.
Era il 16 settembre 1990 e l’evento si tenne a Modena, in occasione della Festa dell’Unità.
“Un fatto mi sembra importante – diceva Falcone – che questo libro sia riuscito a dare un filo conduttore a tutta una serie di avvenimenti che si sono svolti in un arco di tempo non indifferente, cioè dieci anni, e soprattutto in un periodo in cui si sono verificati i fatti più significativi della repressione statuale rispetto al fenomeno mafioso (...) Io credo che la caratteristica di questo libro è che sia riuscito finalmente a dare una visione unitaria di queste vicende”.
Falcone, con la lucidità che lo contraddistingueva, andava oltre l’analisi storica e offriva un quadro profetico e allarmante sul rapporto tra mafia e Stato. Parlava del pericolo rappresentato non solo dall’azione diretta delle cosche, ma anche dall’indifferenza e dalla complicità nascosta delle istituzioni.
“Si muore quando un dito indice, che proviene dall'interno delle Istituzioni, ti offre alla vendetta mafiosa e ciò avviene non soltanto se tu fai un passo avanti ma se quelli che restano accanto fanno un passo indietro”.
Il magistrato sottolineava come le stragi e gli omicidi che avevano insanguinato gli anni '70 e '80 non fossero solo il frutto di un attacco mafioso, ma anche della “inerzia, l’ignavia e il disinteresse” di chi avrebbe dovuto agire e invece rimase immobile.
“Non è un caso – aggiungeva ricordando il sanguinario attacco delle mafie contro poliziotti, magistrati e giudici – se tutte le uccisioni si sono realizzate esclusivamente nei confronti delle persone che erano particolarmente esposte e lo erano non soltanto per la loro specifica attività, ma perché di fronte al loro particolare impegno c'è stata l'inerzia, l'ignavia e il disinteresse di tanti altri che avrebbero dovuto fare e che invece non hanno fatto”.
Questo intervento di Falcone, ricco di spunti e di riflessioni, risuona ancora oggi come un monito. Il suo insegnamento resta un richiamo al dovere civile di non voltarsi dall’altra parte, un imperativo morale che chiama ognuno di noi a sostenere chi lotta contro il crimine organizzato, senza mai lasciarli soli.
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La rubrica di Saverio Lodato
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