Giorgia Meloni non si è presentata alla commemorazione dell'anniversario della strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti), declinando così allegramente l'invito dell'associazione delle vittime. Ma dove si trovava in quelle ore?
Neanche seguendo le varie edizioni dei TG H24, è facile, per lo spettatore, seguire ormai i suoi spostamenti che vanno dagli Stati Uniti a Bruxelles, da Pechino a Tunisi, da Kiev a Parigi, o in quel di Caivano. Un giorno è calamitata dai buffetti di Biden, un altro da una possibile riedizione della via della Seta, un altro dall'aggiornamento un po' barzellettistico del Piano Mattei, un altro ancora dalle scenate in salsa europea, e magari da un riposino meritato, meritatissimo, nell'oasi di Borgo Egnazia.
Mai un Presidente del consiglio si era mosso tanto e in così poco tempo. Non è casuale. Lei infatti ritiene che il moto perpetuo sia arte di governo. Tecnica di raffinata sopravvivenza militare.
Ricordate “L'Arte della guerra” del generale e filosofo cinese Sun Tzu? Se il nemico avanza, tu indietreggia. Se il nemico fugge, inseguilo. Se il nemico si ferma, fermati anche tu. Più o meno, si capisce.
Insomma: se la Meloni è da qualche parte, statene certi, è perché non vuole essere da qualche altra parte.
Era indispensabile la sua presenza, fisica e filosofica, a Parigi, a sostegno della Pugile italiana, contrapposta alla Pugile algerina, quest’ultima mitologicamente definita metà uomo e metà donna, pur di far caciara contro gli organizzatori mondiali delle Olimpiadi? Ma non ci credeva neanche lei, la stessa Meloni. Solo che ora una domanda ci viene spontanea.
E se qualcuno si permettesse di dire che la Meloni è diventata la prima premier donna in Italia, solo per eccesso di testosterone, che le ha consentito da “underdog” della politica, quale era, e quale lei stessa si definiva, di scalare le cime maschili del Potere? E se qualcuno volesse ricamare sul fatto di quanto la menò, nei primi giorni del suo governo, sul fatto che nessuno doveva premettersi di chiamarla “La Premier” perché lei, piuttosto, pretende di essere chiamata “Il Premier?” Sarebbe un delirio sostenere una tesi del genere.
Sia chiaro.
Per noi la pugile algerina è donna. Come è donna la nostra presidente del consiglio. “La” pugile. “La” Premier. Né più né meno.
Ciò chiarito, resta il fatto che la Meloni ha preferito disertare l’anniversario della strage di Bologna. E questa non ci è sembrata, e la Meloni non ce ne voglia, una performance atletico governativa particolarmente riuscita. Ma c'è anche un altro problema.
La Meloni, da un po' di tempo in qua, ha un problema: si vede scappare i fascisti da tutte la parti. Quando lei decide di dire qualcosa di definitivo sull'argomento - passato remoto, passato prossimo e presente, del fascismo italiano -, c'è sempre qualcuno che si sente in diritto e in dovere di romperle le uova nel paniere, lacerando quell’ ordito fatto di toppe, cuciture abborracciate, battutine spiritose, che lei vorrebbe che una volta per tutte chiudessero definitivamente la questione.
E oggi, invece, buon ultimo arriva Mollicone. Chi è? Federico Mollicone, è il presidente della commissione cultura alla Camera, di Fratelli d’Italia. Ed è lui, in un'intervista alla Stampa, ad aver definito le condanne, per la strage di Bologna, a Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, un “teorema politico per colpire la destra”.
C'è però questo passaggio curioso dell’intervista di Mollicone: “Era chiaro dall’inizio del processo Bellini, criminale conclamato e collaboratore dei servizi, e del procuratore Sisti, e che mai ha avuto a che vedere con noi…”.
Con “noi” chi? A chi si riferisce Mollicone? A quale album di famiglia politica ritiene di appartenere l’onorevole Mollicone?
Mollicone, se non sbagliamo, ha 53 anni. Quindi, il giorno della strage, 44 anni fa, ne aveva 9.
Chiediamo scusa al lettore, per queste precisazioni un po' pignole. E che non ci appartengono.
Ma il fatto è che, due giorni fa, Chiara Colosimo, presidente della commissione antimafia, si è difesa dagli attacchi delle associazioni delle vittime, proprio a causa di un incarico istituzionale tanto delicato, visto la sua vicinanza a Luigi Ciavardini (testimonianza fotografica): “Non rispondo agli attacchi, sono nata nel 1986”.
Le giovani date di nascita - e l’elenco degli scettici e dei negazionisti potrebbe continuare - non impedisce loro di dir la loro sulla strage di Bologna. Su colpevoli, innocenti e presunti tali.
Ecco perché la Meloni dovrebbe trascorre più tempo in Italia.
Va bene dare fiducia ai giovani.
Ma se questi poi mettono in discussione mezzo secolo di inchieste, prima o poi chi toglierà dalla testa delle cancellerie di mezzo mondo che in Italia, se non sono andati al potere i fascisti, poco ci manca?
Foto © Imagoeconomica
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La rubrica di Saverio Lodato
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