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Diceva Mao, uno che difficilmente parlava a vanvera: “Grande è la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”. E i giorni che stiamo attraversando, ci dicono che difficilmente la confusione potrebbe essere maggiore. L’elenco in questo senso sarebbe infinito. Facciamo una premessa.
A noi non è dispiaciuto quando, a Giorgia Meloni, Joe Biden, presidente degli Stati Uniti d’America, ha voluto fare il “regalino” di restituire Chico Forti, il detenuto italiano, condannato per l’appunto in America, all’ergastolo per omicidio.
Forti aveva già scontato 24 anni in un paese dove è risaputo che il carcere non è una passeggiata. Che male c’era se tornava a casa?
A scontare gli ultimi anni nella “sua” Italia, finalmente “liberata” dal nuovo governo di centro destra e di Fratelli d’Italia?
D’altra parte, noi italiani, a guerra finita, restituimmo agli americani, perché laggiù venisse seppellito in via definitiva, Lucky Luciano, il capo della mafia dell’epoca. E gli americani, che pure lo consideravano un “indesiderabile”, non fecero una piega.
E' un'attività di import- export, diciamola grossolanamente, che va avanti da anni. Soprattutto quando si tratta di non fare scontare lunghi periodi di pena a cittadini americani beccati in Italia a commettere reati pesanti o pesantucci. Si usa.
Certo.
Qualche stonatura di troppo nell’accoglienza della premier (o dello premier?) raggiante e in persona, a all’aeroporto militare di Pratica di Mare, c’era stata. E a molti non era sfuggita.


50 anni mafia 1 4

Marco Travaglio, sul Fatto, aveva titolato: “Benvenuto assassino”. Il che, a rigor di dizionario, ci sembrò ineccepibile.
Con più tenerezza, molti avevano notato che non rientrava in Italia un sacerdote finito nelle mani di bande terroristiche di un paese equatoriale; la vittima di un “caso” giudiziario - al momento Chico Forti era e resta in America ergastolano per omicidio -, di uno “scambio di persona”; insomma, non rientravano dagli States, per gentile concessione di Biden, né Nicola Sacco, né Bartolomeo Vanzetti.
Era Chico Forti che ci restituivano, e Chico Forti ci dovevamo riprendere. Così, Chico Forti, con tutte le fanfare del caso, veniva gentilmente accompagnato in pensione, in un carcere italiano, per l’esattezza a Verona, per scontare il suo residuo di pena. Perfetto.
Fermiamoci qui.
Forse, a prestar fede alla minestrina del “politicamente corretto”, avremmo dovuto astenerci dallo scrivere queste righe. Ma come si fa?
Succede infatti che è esploso un “caso Chico Forti” in queste sue prime settimane di detenzione.
Tutto al condizionale, tutto da verificare, ma che forse Mao, con la sua lucidissima capacità interpretativa, ci aiuterebbe a decifrare.
Si tratta di questo: un detenuto del carcere di Verona, ha riferito e messo a verbale di essere stato contattato da Chico Forti per un'insolita richiesta.
Questa: mettere a tacere, avvalendosi delle sue conoscenze nel mondo della malavita, i giornalisti Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli. E con la promessa, per nulla velata, che non appena sarà rimesso in libertà - e sarà certamente eletto da qualche parte nelle fila del centro destra -, troverà il modo, è sempre di Chico che stiamo parlando, di sdebitarsi con il suo interlocutore.


il colpo di spugna 00

L’interlocutore però avrebbe restituito la proposta al mittente, e chiesto espressamente al garante dei diritti dei detenuti di avvertire Travaglio sui rischi che sta correndo. Siccome da cosa nasce cosa, la Procura di Verona ha aperto un’inchiesta.
Si capirà. Si vedrà.
Ma, sin da ora, l’inchiesta pare abbia solide gambe sulle quali camminare.
Il ministro della giustizia Carlo Nordio, accenderà il turbo, invierà ispettori da qualche parte?
Gli tornerà utile il precedente del caso dell’anarchico Cospito, quando una delegazione parlamentare PD, guidata da Andrea Orlando, venne crocifissa in Senato, da Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente Copasir, e da Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia, per essere andata a far visita a Cospito accertandosi così delle sue condizioni di salute?
Legittimamente ne dubitiamo.
Ognuno in Italia si “innamora” politicamente del detenuto che gli è più congeniale.
Le nostre simpatie, fra Chico Forti e Ilaria Salis, che i “verdi” hanno liberato dalle carceri ungheresi, eleggendola al parlamento europeo, propendono per quest’ultima.
Se non altro perché la Salis non è mai stata condannata.
Piccoli dettagli che per noi fanno la differenza.
Ma vallo a spiegare a Matteo Salvini. Questione di gusti, appunto.
Ma nel caso in questione, dopo tanti rulli di tamburo e tante fanfare, una cosa non possiamo trattenerci dal chiedere: Giorgia, ce la dici qualche parolina su Chico?
(05 Luglio 2024)

Foto © Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato


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