“Non siamo, ancora oggi, soddisfatti. Siamo incontentabili. Perché dalle carte di questi processi sono emersi filoni di inchiesta di indagine sterminata e che chiamano in causa apparati deviati dello Stato, delle istituzioni, delle forze dell’ordine, massoneria che però non hanno nomi e cognomi”. Con tono battagliero Saverio Lodato ha commentato così, durante la conferenza “Memoria e ricerca della verità oltre “il colpo di spugna’” tenutasi ieri a Firenze in occasione del 31° anniversario della strage di via dei Georgofili, la deriva oscurantista dell’Italia degli ultimi anni sulle stragi di mafia e sui delitti eccellenti. Una deriva favorita anche da sentenze “illogiche, illegittime e incomplete”, per citare l’avvocato Danilo Ammannato, uno dei relatori della serata, come la sentenza della Cassazione sul processo trattativa Stato mafia. Tema, questo, del quale Saverio Lodato si è occupato insieme al magistrato Nino Di Matteo (anch’egli presente all’evento) nel libro “Il colpo di spugna” (ed. “Fuori Scena”), presentato ieri sera in un affollatissimo “Salone dei Cinquecento”.
https://www.antimafiaduemila.com/rubriche/saverio-lodato/100655-lodato-cosa-nostra-eterodiretta-cosi-mi-disse-falcone.html#sigProId1862d8a942
Il giornalista e scrittore e l’attuale sostituto procuratore nazionale antimafia hanno scritto altri due libri prima di questo. “Il primo libro si chiamava “Il patto sporco” e si riferiva alla prima sentenza a Palermo di condanna pesantissimi per i carabinieri che erano stati imputati”, ha ricordato Lodato al pubblico. “Poi i carabinieri in secondo grado sono stati assolti e noi abbiamo scritto un secondo libro che dà conto ai lettori di quel che è successo dopo e si chiama ‘Il patto sporco e il silenzio’”. Quindi il terzo, “Il colpo di spugna”, che esamina segnatamente la sentenza di Cassazione che vede l’assoluzione di tutti gli imputati politici (Marcello Dell’Utri, ex senatore di Forza Italia) e quelli appartenenti all’arma dei carabinieri (gli alti ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni) per “non aver commesso il fatto” (in pratica per non aver trattato con Cosa nostra cedendo ai ricatti della stessa). “Abbiamo scritto questo libro perché siamo convinti che i cittadini devono avere la possibilità di potere leggere e conoscere, indipendentemente dal silenzio della stampa nazionale su questi argomenti”.
Stampa nazionale che, ha denunciato Lodato, “al processo per la trattativa Stato mafia inviarono i loro inviati a Palermo solo un paio di volte: il giorno di apertura e il giorno di chiusura del processo. Perché si doveva veicolare la rappresentazione che questo processo sulla trattativa non stava in piedi, perché lo Stato ormai aveva sconfitto la mafia, perché lo Stato aveva arrestato Riina, Provenzano, Brusca e così via. Quindi dovevamo essere soddisfatti”.
Secondo l’autore de “Il colpo di spugna”, “potremmo andare dall’indomani del giorno della liberazione ad oggi per assistere a una sequela interminabile di delitti di stragi, di delitti, di mafia, di terrorismo rosso e nero, di uccisioni eccellenti con l’eliminazione di magistrati, poliziotti, carabinieri, finanzieri, uomini del mondo bancario e del giornalismo. Una storia ininterrotta”. “Nessuno ha il dovere di dimenticare e tutti abbiamo il diritto di ricordare”, ha affermato Lodato parafrasando una frase dello scrittore americano George Steinbeck contenuta nel suo ultimo libro “Cinquant’anni di mafia” (BUR, Rizzoli).
Ma il ricordo è uno sforzo non sempre omogeneo. C’è chi ricorda rileggendo determinati fatti con sguardo oggettivo rifacendosi anche alla rilettura tecnica di sentenze passate in giudicato, come nel caso delle stragi e della trattativa Stato-mafia. E c’è chi al ricordo vuole dare altri tipi di rilettura, meno indigesti. Come nel caso della Strage di Bologna e delle parole della premier Giorgia Meloni alla trasmissione Report a proposito della strage di Bologna, ricordate da Lodato al pubblico. “La nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato: “E se la Cassazione si fosse sbagliata nella sentenza per la strage di Bologna? Se ci fosse un’altra verità?’”. “Noi - è stata la risposta di Lodato - abbiamo diritto di chiederci se la Cassazione si è sbagliata nel caso della trattativa Stato-mafia. Non può chiederlo una presidente del Consiglio su una sentenza definitiva che non piace perché in quella sentenza sono stati condannati eversori neri”. Restando sempre in tema di stragi di mafia, trattativa e inchieste delle procure, Saverio Lodato ha ricordato alcune dichiarazioni della classe politica attuale “che lasciano basiti”.
“Alcuni - ha commentato Lodato - hanno il dovere di astenersi su questa materia. Ha il dovere di astenersi un ministro della Difesa come Crosetto che invece è intervenuto a gamba tesa nel momento in cui si è trovato a difendere il generale Mori perché nuovamente incriminato per altri reati, non per quelli per cui è stato già processato; doveva astenersi dall’intervenire Mantovano, il segretario della presidenza del Consiglio dei Ministri; doveva astenersi il senatore Gasparri che è diventato un po’ il ventriloquo di tutti coloro che parlano in Italia male dei magistrati e soprattutto di quelli che fanno il loro dovere”. Noi, ha ribadito Lodato sul tema, “abbiamo il diritto di ricordare, abbiamo diritto di commentare le sentenze fossero esse anche di Cassazione che vanno rispettate”.
L’intervento di Saverio Lodato si è quindi concluso con la famosa intervista che Giovanni Falcone gli rilasciò nel 1989, venti giorni dopo l’attentato che avrebbe dovuto eliminare il magistrato e realizzato (per fortuna senza successo) sulla sua villa al mare all’Addaura. Giovanni Falcone in quell’occasione “parlò per la prima volta della presenza di ‘menti raffinatissime’” dietro il fallito attentato.
https://www.antimafiaduemila.com/rubriche/saverio-lodato/100655-lodato-cosa-nostra-eterodiretta-cosi-mi-disse-falcone.html#sigProIde744ab6bcf
Quindi il giornalista ha rammentato alla sala ciò che il magistrato gli confidò. “Falcone - ha ricordato Lodato - alla mia domanda quali sono queste menti raffinatissime mi disse che ormai è chiaro ‘ci sono delle forze estranee a Cosa nostra che dirigono Cosa nostra, è eterodiretta, sappiamo che esiste il braccio militare ma questo braccio militare ha operato nel corso degli anni per mettere a segno tutti i lavori sporchi che lo Stato italiano, o parte dello Stato italiano, non aveva la possibilità di fare perché si sarebbe eccessivamente scoperto’”.
Da quell’intervista, ha concluso Saverio Lodato, “sono passati 35 anni”. “Le ‘menti raffinatissime’ in Italia non sono mai state trovate, tutti questi processi di cui parliamo non vedono alla sbarra come condannato un solo rappresentante delle ‘menti raffinatissime’. Ecco perché la storia continua e andrà avanti.
E noi andremo avanti - ha affermato il relatore - nella speranza che il nostro diritto a ricordare diventi sempre di più il diritto di una maggioranza degli italiani che magari, in questa fase, potrebbe essere indotta a pensare che forse, essendo storie molto vecchie, sarebbe meglio dimenticare”.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La rubrica di Saverio Lodato
Foto © Paolo Bassani/Davide de Bari
ARTICOLI CORRELATI
Ammannato e Bongiovanni: ''Ecco i mandanti esterni delle stragi del ‘93''
Di Matteo: ''Sogno di Falcone? Tradito. Politica non più in prima linea contro la mafia''
Trentuno anni dopo la Strage dei Georgofili. C'è bisogno di verità
Stragi del '93 e mandanti esterni, parla Giovanna Maggiani Chelli
Strage dei Georgofili, la pretesa di andare oltre i brandelli di verità
Contro bavagli e trattative, non arrendersi al ''Colpo di spugna'' della Cassazione
Saverio Lodato: sullo Stato-mafia la Cassazione tradisce la ricerca di verità
Ai posteri l'ardua sentenza, di Cassazione
di Saverio Lodato