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borsellino-paolo-bigdi Salvatore Borsellino - 19 gennaio 2012 - VIDEO
Oggi il giudice avrebbe compiuto 72 anni. Lo ricorda il fratello Salvatore su Cado in piedi: "Chi sapeva e ha taciuto per 20 anni è un essere più spregevole dei mafiosi".

Sono trascorsi quasi 20 anni dalla strage in cui, il 19 Luglio 1992, furono massacrati il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta in Via D'Amelio.
Proprio oggi Paolo avrebbe compiuto 72 anni. Come legge questi anni?

"Sono passati 20 anni e spesso, soprattutto quando sono con i miei figli, con i nipoti, ripenso a Paolo, a come gli sia stata negata la gioia di vedere i propri nipoti. Il più piccolo, che ha il suo stesso nome, non ha neanche un anno.
Ritengo che in questi anni sia cambiato molto nella consapevolezza da parte dei giovani. Negli incontri che faccio in giro per l'Italia, sento soprattutto da parte dei giovani un'istanza di verità e di giustizia per questa strage, la necessità di capire cosa è successo veramente nel 1992, mentre le generazioni più adulte sono ormai quasi rassegnate, assuefatte e forse non hanno neanche il desiderio, come dice talvolta Ingroia, di conoscere la verità, e forse vogliono in qualche maniera mettersela alle spalle. Ritengo che fino a quando non verrà portata alla luce la verità su quella strage, da chi è stata compiuta, perché è stata compiuta, credo che sulla nostra seconda Repubblica, ci sarà sempre un peccato originale: questa rete di ricatti incrociati che si fonda su un'agenda rossa scomparsa e su quello che poteva contenere, su una trattativa tra Stato e antistato che ancora pesa sulle spalle del sistema di governo.
Se non avremo verità su questo, mai nulla potrà veramente cambiare.
Grazie ai giovani tante cose sono mutate, non dimentichiamo che la rivolta anche morale contro le mafie, al Sud come al Nord, è partita dai giovani. "Addiopizzo" è nato a Palermo soprattutto da giovani, che hanno spinto alla rivolta anche i commercianti, almeno quelli più sensibili.
Io, che avevo perso la speranza che nel nostro Paese potesse cambiare qualcosa, oggi questa speranza l'ho riacquistata proprio perché credo che i giovani la verità la vogliano e per la verità continueranno a combattere.
Purtroppo siamo ancora molto indietro dal punto di vista giudiziario, a 20 anni di distanza si deve ricominciare da capo con il processo su Via d'Amelio. Spero e penso che le Procure di Palermo e Caltanissetta si impegneranno a indagare non solo sugli autori della strage, ma soprattutto sulle ragioni del depistaggio, su chi ha portato avanti questo depistaggio, chi doveva essere coperto, fino a quando quali pezzi deviati dello Stato hanno partecipato a questa trattativa...Fino a quando non si andrà in questa direzione, sarà inutile sapere se la 126 usata per l'attentato è stata rubata da Scarantino o da Spatuzza: sarà importante sapere chi c'era vicino alla 126, come ha detto Spatuzza una persona che lui non conosceva e quindi non appartenente alla famiglia mafiosa, chi c'era a curare il riempimento di quella 126 con il tritolo che ha portato alla strage. Questo è importante, sapere perché e chi ha organizzato questo depistaggio e sapere soprattutto chi e perché ha partecipato alla congiura del silenzio che è durata per 20 anni. Perché, soltanto oggi, dopo che un mafioso e il figlio di un mafioso hanno parlato della trattativa, ci sono personaggi istituzionali che stanno ammettendo di esserne a conoscenza? Perché hanno taciuto per 20 anni? Queste persone sono più spregevoli di quanto lo siano i mafiosi."

Paolo diceva che la lotta alla mafia è un fenomeno culturale. Lei che ne pensa?

"Condivido. L'altro giorno nella città dove mi trovavo al mattino per un incontro presso una scuola media, ho avuto una testimonianza bellissima: i ragazzi sono andati a casa e hanno spinto i propri genitori a venire all'incontro che c'è stato la sera con gli adulti. Tanti genitori mi hanno detto: 'siamo venuti perché i nostri figli ci hanno detto di venire'. Questo vuole dire che i giovani sono necessari, i giovani sentono, e io credo che se nelle scuole, se nelle famiglie, ci sarà una spinta a voler conoscere, a voler cambiare le cose, allora le cose potranno realmente cambiare.
Paolo dedicava il poco tempo che gli restava libero dal lavoro per andare nelle scuole, per andare nelle famiglie. Era rivolta ai giovani anche l'ultima sua lettera, quella che ha scritto proprio la mattina del 19 luglio, quando sapeva già che sarebbe stato ucciso.
Il Movimento delle Agende Rosse non è un movimento in cui si fanno tessere o si distribuiscono incarichi, è un movimento assolutamente spontaneo, fatto soprattutto da giovani, ma non solo, che hanno voglia di verità e di giustizia. Sono quei giovani che sono venuti agli incontri e da quel giorno hanno cominciato a sollevare un'agenda rossa come simbolo della verità e della giustizia. Io ho riacquistato la speranza proprio perché credo che con un ricambio generazionale completo, forse il nostro Paese potrà cambiare.

Fonte:
Cadoinpiedi.it

Tratto da:
19luglio1992.com


 

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