Abbiamo attraversato lager di brutte facce,
melme fetide, briciole di potere cannibalesche
nella loro sapiente capacità
di fagocitare anche l’increspatura del dubbio,
copulazioni spiaccicate con disprezzo
sulla pelle dei meschini
avvolti dalle loro debolezze di sopravvivenza,
icone della prima repubblica,
socialisti, democristiani, fascisti,
traffichini, mafiosi, terroristi di stato.
Abbiamo creduto che il fondo era là,
che il momento di riemergere era arrivato
con la sua luce stellare sull’universo delle diversità,
sull’arco di melodie
fruibili alle orecchie dei proletari
ma deprecabili per le brave signore in decoltè.
In qualche angolo c’era anche il Cristo dei poveri
con la sua infinita dolcezza,
a dirci che anche su questa terra,
non solo in paradiso,
si poteva entrare nell’altra dimensione.
Non avremmo mai immaginato
che il disgusto diventasse cibo quotidiano,
che gli scheletri di guerra risorgessero
dai cimiteri in cui li avevamo sepolti,
che porci, sciacquette e camerati riciclati
potessero continuamente riderci in faccia
tagliuzzando a pezzetti la nostra carne,
che il pullulare di vermi sotto i piedi
opponesse alla voglia di schiacciarli
la difficoltà del rispetto per ogni forma vivente.
Interminabile rassegna di brutti visi,
ladri, bugiardi, affamati di potere,
osceni lacchè dei “circonfusi”,
col bisogno fisiologico di sputar loro in faccia
e il dovere cristiano di perdonarli e amarli.
In tutto questo balugina, ci vogliamo credere,
la speme, ultima dea: non può finire così,
c’è un limite al masochismo,
la palingenesi è possibile, cominciamo...
27-2-2004
12-6-2024
Foto © Jamil El Sadi