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parlamento c imagoeconomicadi Giulietto Chiesa
Le notizie che si accumulano, sul tema TAV, dagli ambienti governativi dicono che il pazzesco e inutile progetto della cosiddetta Torino-Lione sarà accantonato definitivamente.

Se sarà effettivamente così, vorrà dire che non solo il territorio italiano sarà stato risparmiato da uno sfregio davvero epocale; che si risparmieranno miliardi di euro; ma che uno straordinario movimento popolare di 60 mila persone, e trenta comuni, che ha lottato per oltre due decenni, avrà vinto la sua storica battaglia.

Davvero storica, per le forme, i contenuti, l'intelligenza e la tenacia con sui è stata condotta in tutti questi anni. Forse l'esperimento di "difesa del territorio" più importante dell'ultimo secolo di lotte popolari in Italia. Condotto al di fuori degli schemi, rifiutando la negoziazione con partiti e sindacati ormai incapaci di rappresentare il popolo, producendo sapere e conoscenza dal basso, elevando la consapevolezza collettiva e la cultura di grandi masse di cittadini, sconfiggendo il sistema mediatico che quasi unanime ha sostenuto le tesi del "sistema" contro quelle della ragione e della giustizia.

Tutto questo avrà una influenza molto più vasta di quella della Val di Susa in cui questo miracolo si è verificato. Miracolo è la parola giusta, perché il "No Tav" sarà una delle pochissime vittorie degli ultimi 40 anni da parte del movimento dei lavoratori e dei cittadini contro la prepotenza e l'offensiva continua di quelli che "stanno di sopra".

Ma non è ancora fatta del tutto. Il nuovo governo giallo-verde, pur tra le sue cento contraddizioni interne, è riuscito a far partire l'analisi tecnica dei "costi-benefici". Un'analisi che gli esperti del Movimento No Tav hanno già abbondantemente compiuto da molti anni, con cifre inoppugnabili, ma che adesso sta diventando il grimaldello mediante il quale la decisione sarà presa dalla politica.

Ma la rottura della trappola, costruita 25 anni fa per metà in Italia e per l'altra metà in Europa, consistente nel far credere all'opinione pubblica italiana e a quella francese che si trattava di un'opera necessaria in vista di un imponente sviluppo dei traffici di merci, a sua volta basato su previsioni clamorosamente sbagliate, è ormai possibile.

Il fatto è che i tecnici del Ministero per le infrastrutture, insieme a un gruppo di esperti nominato dal ministro Toninelli a settembre, hanno già sgomberato il campo da parecchie macerie di quella trappola. L'analisi finale verrà consegnata, salvo sorprese, a fine novembre. Ma, come ha dichiarato a Radio Capital il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, Stefano Buffagni (5 Stelle), "il rapporto costi-benefici evidenzierà la criticità e l'inutilità di alcune opere, come la Torino Lione". Questa era la posizione iniziale dei 5 Stelle, ma la novità è ora che l'ostilità della Lega nei confronti della cancellazione del progetto pare essere evaporata. Salvini aveva offerto la via d'uscita dicendosi disponibile ad accettare proprio il responso dei "costi-benefici". Cioè di chiudere i cantieri dell'alta velocità in Val di Susa se qualcuno gli avesse dimostrato che i costi erano assurdi e i benefici uguali a zero.

Naturalmente il negoziato tra lega e 5 Stelle era fatto di diversi pesi. No alla TAV, ma sì al "Terzo Valico". E sì anche al gasdotto in Puglia. Il M5S può così tenere la linea in Piemonte, dove la Lega cede, e dovrà pagare invece un prezzo in Puglia, dove gli eletti pugliesi sono sotto richiesta di dimissioni (per non avere mantenuto le loro promesse agli elettori del No TAP). Non è, come si vede, di una decisione del governo dettata da una visione strategica del problema delle "grandi opere", piuttosto il risultato di un compromesso molto colorato di interessi elettorali di breve e brevissimo periodo, ma è comunque una scelta che tiene in vita il governo giallo verde e premia un grande movimento di massa. Questo è il risultato politico più importante. Sempre che da qui a novembre non ci s'incrini l'intesa.

Tratto da: it.sputniknews.com

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