di Giulietto Chiesa
Davvero stupefacente quanto sta accadendo attorno al governo giallo-verde, “euroscettico e populista” a poche ore dal suo insediamento e addirittura prima che riceva la fiducia dalle due Camere (cosa che avverrà, in trionfo, nei prossimi due giorni)
Il quadro si è rovesciato fulmineamente. Paura e panico avevano frenato il Presidente della Repubblica, spingendolo addirittura a un rigetto, palesemente incostituzionale, di fronte al rischio di un'impennata dello spread. Braccio di forza attorno al nome del ministro dell'economia designato dai partiti vincitori. Infine resa condizionata con lo spostamento di Paolo Savona agli Affari Europei, ma sotto la gragnuola di insulti e messe in guardia provenienti da qualificati esponenti politici dell'Unione (Jean-Claud Junker) e dai paludati giornali del mondo bancario europeo e mondiale.
Poi, all'improvviso, un cambio di marcia. L'ex consigliere di Donald Trump, Steve Bannon si fa intervistare da Repubblica vantandosi addirittura di aver influito sulla decisione di Salvini, il leader della Lega, che avrebbe portato l'Italia "al centro della politica mondiale". Bannon non vuol dire Trump, ma l'effetto è quasi uguale. Sul Corriere della Sera interviene George Soros. Meno entusiasta del cambiamento che Bannon ritiene "rivoluzionario", ma assai severo nei confronti dell'Europa. Alla quale il miliardario ebreo di origine ungherese chiede se non ha "nulla da imparare da un tale rimescolamento di carte in Italia", invitando Bruxelles a fare quello che cerca con ogni mezzo di evitare, cioè "cambiare i regolamenti esistenti e pagare gran parte di quanto serve per integrare e sostenere i migranti, bloccati in Italia così fuori proporzione".
In realtà la cosa più visibile è che tutti sono qui. Angela Merkel risponde alla chiamata ammettendo che l'Italia è stata lasciata "troppo sola", mentre Junker abbozza la ritirata. Ma non è solo battaglia di dichiarazioni. Lo spread tra Bund e BTP si abbassa e non per l'intervento della BCE ma per una raffica di acquisti da parte di una serie di giganti finanziari americani che improvvisamente fanno capire ai mercati (leggi ordinano ai mercati) che i BTP italiani meritano attenzione e rispetto. I nomi non sono casuali: Jp.Morgan, Pimco, Blackrock, Prudential, Citi, Bridgewater. Il segnale è inequivocabile.
In sterzata anche il Financial Times, che pubblica un'analisi di Wolfgang Muenchau che, papale papale, sentenzia: "Non è la politica italiana che uccide l'euro, ma la mancanza di riforme nell'eurozona e il massiccio surplus di bilancio della Germania". Data l'autorevolezza del giudizio, e la sua provenienza, si resta a bocca aperta. Muenchau non è affatto euroscettico, ma rimprovera ai governanti italiani di avere fatto errori esiziali, quando "accettarono una legislazione europea profondamente contraria agli interessi italiani". Esempi: i contributi italiani al Meccanismo Europeo di Stabilità non scomputati dal calcolo del deficit; le regole bancarie che hanno lasciato i risparmiatori italiani senza protezione; il fiscal compact del 2012 con l'obbligo del pareggio di bilancio (per non parlare dell'esclusione di debiti e risparmi privati dai parametri di Maastricht).
Insomma le critiche sono agli errori del passato, sia italiani che tedeschi. Si consiglia al nuovo governo di non fare errori nel presentare l'agenda per il prossimo negoziato, ma si invita l'Europa a non chiudere loro la porta in faccia su temi ormai ineludibili. Il debito, così com'è non funziona. Una austerità dietro l'altra non servirà a riportare ordine. Lo dice anche uno studio di Jp.Morgan. E l'esistenza di uno o più "piani b" non può essere considerata uno scandalo.
Cosa significhi questa girandola di dérapages non è chiaro. Molti commentatori, italiani e non italiani, stanno tirando le somme in modo forse affrettato. Significa che gli Stati Uniti stanno pensando di giocare la "carta Italia" contro la Germania? Questo vuol dire la brutale frase di Steve Bannon: "avete dato un colpo al cuore alla bestia dell'Europa"? Sembra un tantino eccessivo. Qualcuno potrebbe perfino crederci.
Ma, certo il nuovo governo italiano dovrà guardarsi da molte tentazioni e insidie. Se l'ostacolo immediato per il negoziato è l'armata dei banchieri del dominatore prossimo tedesco, sarà bene non dimenticare che la prima e più pesante ipoteca sulla sovranità europea e italiana è rappresentata dalla Nato. Il Trattato di Maastricht, nel suo articolo 42, dice che "l'Unione rispetta gli obblighi di alcuni stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite la NATO". Mentre il protocollo n.10 sulla cooperazione detta la regola secondo cui la Nato è "il fondamento della difesa" dell'Unione Europea. Pensare che Washington sia disposta ad allentare la briglia sui nostri colli significa farsi delle illusioni.
In altri termini è tutt'altro che chiaro, al momento, chi rappresenta, per l'Italia, la padella e chi la brace. L'unica cosa certa è che l'Italia non dovrà presentarsi da sola al tavolo negoziale per il "cambio delle regole". Tutti gli appuntamenti internazionali dei prossimi mesi saranno dunque cruciali per definire la politica delle alleanze necessaria a rompere l'isolamento e a costruire una linea efficace nella difesa dell'interesse nazionale.
Tratto da: it.sputniknews.com
Foto © Imagoeconomica
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