di Giulietto Chiesa - 2° parte
Cosi il Presidente della Repubblica di Moldova, Igor Dodon nell'intervista esclusiva a Sputnik Italia
Nei giorni scorsi si è tenuta a Chisinau una manifestazione di persone favorevoli alla unificazione con la Romania. Qual è, a sua avviso la forza politica di un movimento con questo obiettivo?
Sempre secondo i sondaggi la percentuale di elettori è per l'assorbimento della Moldova all'interno della Romania non supera il 20%. In realtà questo 20% dovrebbe essere suddiviso in due gruppi. Il primo di questi due gruppi è costituito da cittadini moldavi che sono favorevoli all'unificazione con la Romania e può contare sul 7-8% di consensi. Questa è la dimensione che è sempre esistita, anche durante il periodo sovietico, come pure nel corso degli anni '90.
L'altro dei due gruppi è più grande, attorno al 10-12%, ed è costituito da persone e gruppi che sono stati delusi dalla politica irresoluta e imbelle degli ultimi anni. Basti pensare al miliardo di dollari che è stato inghiottito, cioè trafugato, negli ultimi anni attraverso il sistema bancario. Oppure si pensi al dilagare della corruzione pubblica cui stiamo assistendo sebbene i partiti pro-europei siano al comando del Governo del paese. In Moldavia, in questi anni, la qualità della vita è sensibilmente peggiorata. Ecco io penso che molti di coloro che hanno perduto le speranze di un risanamento della situazione siano confluiti in questa direzione: a causa dell'assenza di prospettive. Ma sono convinto che non appena la situazione cominciasse a mutare, non appena si cominciasse ad attuare le necessarie riforme, a migliorare le condizioni di vita, il numero di coloro che vorrebbero diventare cittadini romeni tornerebbe ad essere attorno al 6-7%. Al massimo il 10%. Cioè siamo di fronte a un movimento che non ha un grandissimo seguito, sebbene sia stimolato da Bucarest.. Si tratta di influenze molto pericolose poiché sono osteggiate dalla grande maggioranza della popolazione della Moldova. Non meno dei 75%. E se determinati circoli politici cercheranno si spingere in questa direzione, verso l'unificazione con la Romania, ciò potrebbe condurre a una seria destabilizzazione, se non addirittura a una guerra civile all'interno dello Stato moldavo.
Fu da spinte di questo genere che sorse la guerra sulle rive dello Dnestr. E' per questo che ancora sussiste per noi il problema dell'Oltre Dnestr (la Transnistria — ndr.) Tutto questo groviglio è molto pericoloso. È proprio per questo che recentemente ho inviato una lettera alla direzione del Consiglio d'Europa, alle Nazioni Unite e all'OSCE, in cui ho messo in risalto l'esistenza di questi problemi in Moldova e che la Romania sta soffiando sul fuoco, mettendo in guardia che, in caso queste intenzioni dovessero ulteriormente essere sostenute e incentivate, ciò porterebbe a problemi molto gravi non soltanto per la sicurezza della Moldova ma per la sicurezza dell'intera regione. Siamo di fronte a un nuovo focolare rovente che viene appunto alimentato da questi movimenti cosiddetti unionistici.
Lei ritiene che l'Unione Europea preferirebbe la soluzione di un ingresso della Moldova o quello di un ingresso indiretto, cioè di una Moldova che diventasse parte integrante della Romania?
Secondo sondaggi fatti da organizzazioni filo-americane, voterebbero per l'Europa il 43% dei cittadini moldavi. Mentre per l'Unione Eurasiatica voterebbe il 42%. Nel 43% di cui sopra è incluso certamente il numero di coloro che vogliono l'unificazione con la Romania, ma essi sono molto pochi. Non appena la domanda viene posta in altro modo, cioè "Lei è contrario all'unione con la Romania o con la Russia?", ecco che il risultato diventa molto interessante: per la Romania voterebbe il 15% e per la Russia il 30-35%. Ma io sono categoricamente contrario sia alla prima eventualità che alla seconda. Noi non abbiamo alcun bisogno di unirci né con gli uni né con gli altri. Noi dobbiamo conservare il nostro paese, la Moldova. Per questo motivo ho preso l'iniziativa secondo cui in Moldova si dovrebbero penalmente perseguire coloro che apertamente incitano alla liquidazione della nostra Repubblica. Sono molti i paesi che considerano criminali opzioni di questo genere e io sono determinato, subito dopo le elezioni parlamentari d'autunno, a promuovere una legislazione in questo senso.
Quando fu eletto presidente questa proposta faceva già parte del suo programma?
Certamente! Sono sempre stato di questa opinione.
Lei ha già fatto riferimento alla situazione dell'Oltre Dnestr. Capisco che si tratta di una questione non solo molto difficile, ma forse addirittura non risolvibile.
Non direi che sia irrisolvibile. Al contrario, se guardiamo all'insieme dello spazio post-sovietico, questa è la situazione più prossima a una soluzione. Non siamo in un vicolo cieco, come in Ucraina; i guai non sono così tragici come nel Caucaso. Noi abbiamo rapporti molto intensi con i moldavi che vivono e lavorano sulla riva sinistra dello Dnestr. La loro squadra di calcio gioca nel campionato nazionale della Moldova. Io sono il presidente della Federazione Scacchistica di Moldova, che abbracci entrambe le rive dello Dnestr. I cittadini dell'una e dell'altra parte s'incontrano ogni giorno. Non ci sono problemi simili a quelli di altre zone contese o di conflitto. Per questo penso che una soluzione sia possibile. Per questo occorrono tuttavia alcune condizioni. In primo luogo occorre che ci sia una posizione comune all'interno della Moldova, in secondo luogo occorre un consenso geopolitico dell'Occidente e dell'Oriente. La mia posizione l'ho espressa più volte sia a Bruxelles che a Mosca: la soluzione del problema attorno al Dnestr sarebbe un esempio positivo all'ordine del giorno dei rapporti tra la Russia e l'Occidente. Contribuirebbe a porre fine alle reciproche accuse e alle sanzioni. In ogni caso sarebbe utile finalmente sedersi a un tavolo negoziale in cui ciascuno potrebbe trovare la sua parte di successo. Un tale punto d'incontro potrebbe essere proprio la Moldova. Penso che nei prossimi anni la Moldova può diventare il ponte, il luogo di una iniziativa vincente per la costruzione di uno spazio dove est e ovest possono trovare un accordo. Sarebbe il primo passo e il primo esempio a partire dal quale procedere per la soluzione di altre crisi regionali ancora aperte.
Noto un grande ottimismo e non le nascondo di essere sorpreso.
Credo sia una posizione realistica. Ne ho parlato con Vladimir Putin più d'una volta. Altrettanto ho fatto con Federica Mogherini. Ho esaminato la questione a Berlino e so che la Germania è a questo esito interessata. Ne ho parlato recentemente con Franco Frattini nella sua qualità di rappresentante speciale del Presidente dell'OSCE nel processo di soluzione per Transnistria. Anche l'OSCE ritiene che la Moldova può svolgere questo ruolo di spazio per l'intesa tra ovest e est. Per questo quando il dialogo prenderà avvio — e penso che esso sia inevitabile a un certo punto — si troveranno i momenti di convergenza.
E qual è la reazione dei dirigenti dell'Oltre Dnestr a questa sua impostazione?
So che la popolazione desidera un veloce riavvicinamento. Mentre la direzione politica di Transnistria è interessata soltanto all'indipendenza. Ma parlare di indipendenza quando hai da una parte la Moldova e dall'altra l'Ucraina, che non accetterà comunque questa prospettiva, tanto più in questa data situazione geopolitica, che succederà? Io penso che loro vogliano ottenere dai negoziati un determinato "status", che dovrebbe essere definito. Ma a me pare che, nell'attuale situazione, alla Transnistria sia utile cominciare i negoziati al più presto: utile ai cittadini, utile alla Transnistria.
Lei mi sta dicendo che la maggioranza della popolazione della Transnistria è favorevole a un riavvicinamento con la Moldova?
Esattamente. Tutti loro hanno rapporti con la riva destra. Tutti hanno parenti su ambo le rive. Loro vendono i loro prodotti da questa parte. Molti mandano i loro figli a studiare da questa parte. Adesso cominciamo a riconoscere sulla riva destra i diplomi e i titoli di studio rilasciati sulla riva sinistra e, in questo modo la gioventù che ha terminato la sua formazione nella Transnistria ora può trovare occupazione all'estero. Prima non era così: il mancato riconoscimento da parte nostra impediva loro di trovare lavoro all'estero, non solo in Moldova. Altre possibilità non c'erano. Fino ad oggi non venivano riconosciute le targhe delle loro auto. Noi ora proponiamo loro di scegliere per la Moldova delle targhe "neutre". Piano piano ci si riavvicina.
Comincio a capire il suo ottimismo.
Ripeto che io lo considero realismo, sebbene quello che sta accadendo nelle ultime settimane….
Ecco, è a questo che facevo riferimento. A tutta questa atmosfera di tensione, di divisione in corso tra Oriente e Occidente. Perché questo inasprimento?
Penso che fosse dovuto all'imminenza delle elezioni in Russia e alla rielezione di Putin presidente. Ma sono convinto che si calmeranno. Dopo l'inaugurazione del 7 maggio, si capirà, lo capirà anche l'Occidente, che bisogna andare avanti. Procedere con le sanzioni non sarà utile per nessuno, neanche all'Occidente. L'Europa ha perso decine di miliardi a causa di queste sanzioni e accuse reciproche. Per noi soprattutto questa situazione di rapporti tesi è tutta in perdita e si riflette sugli equilibri interni in modo molto negativo. Il tentativo di trascinarci verso l'Europa divide la società moldava.
E come pensa reagirà la Russia di fronte alla prosecuzione del confronto sempre più duro?
L'unico risultato sarà che la Russia volgerà il suo sguardo verso l'Oriente, verso l'Asia. Aumenterà la cooperazione con la Cina, con l'India. Io non vedo niente di buono in questo, né per l'Occidente né per la Russia. Ma di una cosa sono convinto: che la Russia sopravviverà. La conosco bene, conosco il loro spirito, il loro patriottismo. Ce la faranno. Il che vuol dire che la politica delle sanzioni è miope, manca di prospettiva, oltre che pericolosa.
Lei non pensa che, per questo confronto durissimo, si debbano cercare ragioni più profonde? Per esempio il fatto che gli Stati Uniti non sono più in grado di imporre la loro volontà alla Cina, sia nel campo finanziario sia in quello commerciale? Che siano inquieti per la perdita delle loro leve di potere, che percepiscono come strategica?
Certamente. Il mondo è già diventato multipolare. Loro si erano abituati ad essere egemoni unici dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Per giunta la situazione evolve ed evolverà ancor più nel prossimo futuro. La Cina è già al posto di comando per molti aspetti; la Russia non è più quella che fu all'inizio degli anni ‘90. Certo, coloro che vent'anni fa controllavano tutto non sono certo pronti ad arrendersi alla nuova realtà. Cercheranno di portare la situazione ai dati precedenti, ma non potranno farlo.
L'élite americana è in grado, secondo lei, di una tale svolta nel modo di pensare? Non mi pare di vederè quel tipo di persone.
Il solo fatto dell'elezione di Trump già dice che persone di questo tipo già si affacciano. Due decenni fa sarebbe stato impossibile. Che riesca a fare ciò che ha detto è altra faccenda. Il sistema è fatto in modo tale che cambiarne il corso sarà difficile. Ma io penso che possano farcela. Gli USA sono nostri amici e partner. Noi vogliamo stare in pace con loro e collaborare. Adesso è importante che le ambizioni geopolitiche siano messe da parte e che non si permetta alle scintille di diventare incendio.
Tratto da: it.sputniknews.com
Foto © Fotolia/Melanie_10
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