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putin AFP 2016 mark schiefelbein POOLdi Giulietto Chiesa
Ultimo episodio, in ordine di tempo, della serie russofobica che si manifesta ormai stabilmente in un Occidente stravolto dalla sua stessa crisi di idee e di principi. È sorto dalla notizia che la Duma ha approvato un progetto di legge sulle modificazioni nel Codice penale, che sinteticamente è stato definito “legge sulla violenza domestica”.

Ultimo episodio, in ordine di tempo, della serie russofobica che si manifesta ormai stabilmente in un Occidente stravolto dalla sua stessa crisi di idee e di principi. È sorto dalla notizia che la Duma (camera bassa del Parlamento russo) ha approvato, in terza ed ultima lettura, il 27 gennaio, un progetto di legge sulle modificazioni dell'articolo 116 del Codice penale, che sinteticamente è stato definito "legge sulla violenza domestica".

In termini più semplici, ma ahimé destinati a innescare uragani di propaganda antirussa, la notizia è stata data come se la Duma avesse approvato norme secondo le quali le botte in famiglia non saranno più punite dal codice penale, bensì trattate solo come violazioni di carattere amministrativo. Da qui il passaggio all'isteria anti-russa è stato facilissimo: da ora in poi in Russia si potranno picchiare le donne (e i bambini) senza incorrere in conseguenze penali.

Entrerò tra poco in dettaglio, dove si dimostrerà che le cose stanno in modo molto diverso da quello qui sintetizzato. Ma prima sarà opportuno fornire qualche dato esplicativo. Intanto hanno votato a favore del provvedimento 380 deputati, con solo tre voti contrari. Tutti ammattiti? Improbabile. Infatti questo voto è stato l'ultimo di una serie in cui le maggioranze nella Duma sono ripetutamente cambiate. Il motivo è che in Russia è in corso un ampio dibattito sull'educazione, sul ruolo della famiglia nella formazione delle nuove generazioni, sui diritti umani e civili. E, come dovunque nel mondo, vi sono questioni di costume, morali, che hanno nella società risposte diverse, contrastanti, più o meno difficilmente componibili. Basti pensare a quante discussioni, fuori e dentro il parlamento italiano, ha dato vita il dibattito sulle questioni di "genere". O, in precedenza, su quelle sull'aborto e sul divorzio.

Da noi è normale. Ma se succede in Russia, è occasione di scandalo. Invece di riconoscere che siamo più simili di quanto non immaginiamo, prorompiamo in esplosioni di indignazione. È quanto ha fatto, per esempio, La Repubblica, ormai divenuto il portabandiera più sanfedista — in nome, naturalmente del progresso — di tutto il mainstream italiano. Si sono sparate cifre inverosimili e truccate. Come ad esempio quella che in Russia, ogni anno, morirebbero di morte violenta circa 40 mila donne. Mentre questa è la cifra di tutti gli omicidi, di uomini e donne. Tutto in funzione di un femminismo d'accatto. Senza nemmeno prendersi la briga di confrontare questi dati con quelli, ad esempio, degli Stati Uniti, che sono significativamente molto più impressionanti, in assoluto e percentualmente.

In Russia, tra l'altro, questa discussione ha sollevato forti contrasti non solo tra i diversi schieramenti politici, tra liberali e conservatori, tra filo occidentali e ortodossi, ma anche all'interno di entrambi gli schieramenti. Con buona pace di tutti coloro che continuano a descrivere la realtà politica russa come univoca, e il dibattito come assente, sotto la cappa di una dittatura senza contraddittorio.

Si può essere in disaccordo su opinioni come quella espressa dal presidente della Duma, Viaceslav Volodin (Partito Russia Unita), che ha definito la depenalizzazione dei maltrattamenti in famiglia come "una condizione per creare famiglie forti", che ha fatto seguito a quella della deputata Elena Mizulina, che ha definito "anti-familiare" il reato di maltrattamenti in famiglia. E va ricordato che c'è stata una sentenza recente della Corte Suprema della Federazione Russa che aveva depenalizzato le percosse che non infliggono danni fisici, senza però toccare quelle contro i familiari, che restavano penalmente perseguibili.

Chiunque capisce che a queste considerazioni si possono muovere molte obiezioni: da quelle secondo cui la violenza non è comunque una buona norma educativa, a quelle sui diritti individuali, specie di coloro (come le donne e i figli che non sono in condizioni di potersi difendere). Molti, più sensibili all'argomento dei diritti, hanno deplorato il fatto che una tale legge darebbe un segnale sbagliato all'intera società. Del tipo: adesso potrete picchiare le vostre donne, intanto non sarete puniti. In ogni caso — altri affermano — aprirebbe la porta a conclusioni errate, come quella secondo cui la violenza familiare non sarebbe più considerata delitto. Altri hanno ricordato che l'articolo 21 della Costituzione vieta ogni forma di violenza sul cittadino.

Per altro i difensori della legge hanno argomenti del tutto ragionevoli, niente affatto derivanti da motivazioni ideologiche connesse con le esigenze di rafforzamento del ruolo della famiglia. Molti giuristi hanno fatto rilevare che le vittime delle violenze familiari saranno ora meglio difese di quanto non fossero in passato. In primo luogo perché l'articolo 116 ha funzionato assai poco e male nella sua versione precedente. Secondo le statistiche, anche di fonte "liberale", nel 70-78% dei casi la polizia non riceve denuncia dei fatti in questione. Dei casi che vengono denunciati alla polizia, dal 90 al 97% non raggiunge la fase processuale, ovvero si conclude con una composizione consensuale tra le parti. Così la punizione per atti di violenza familiare sopraggiunge in percentuali pressochè irrilevanti. Cioè la legge è del tutto inefficace.

Il pubblico, come il Parlamento, si è diviso per mesi lungo una miriade di letture diverse e contrapposte. A riprova di ciò basta leggere i risultati di un sondaggio dell'autorevole istituto pubblico Vtsiom, secondo cui il 59% dei russi è favorevole al disegno di legge testé approvato, mentre i contrari sono il 33%. Accompagnato da un altro dato cruciale: il 79% degl'interrogati è contrario a qualunque violenza in famiglia.

In conclusione, dopo la firma di Putin alle modifiche proposte dalla Duma, resteranno qualificate come delitti soltanto le percosse inferte come atti delinquenziali o per motivi religiosi e di odio etnico (per questi si potranno ricevere condanne fino a due anni di carcere, secondo l'articolo 115 del Codice Penale). Chi desse invece uno schiaffo al marito, o alla moglie, o un calcio nel sedere al figlio (senza conseguenze di lesioni di qualsivoglia tipo) potrebbe essere oggetto di una multa da 5 a 30.000 rubli, ad arresto da 10 a 15 giorni, in caso di recidiva, ovvero a lavoro obbligatorio in servizi sociali per un numero di ore da 60 a 120. Il che, com'è evidente, è cosa molto diversa dalla libertà di bastonare i familiari. Ed è questa la norma che ha prodotto un voto quasi unanime della Duma.

Questo è il quadro reale della società russa. Piaccia o non piaccia, è un dato di partenza dal quale non è legittimo prescindere. Al quale non sarà inutile aggiungere che ogni società ha la sua storia e il suo ritmo di evoluzione (o involuzione) e, dunque nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a stabilire che il "nostro", qualunque esso sia, ha la qualità di fungere da metro di misura per quelli altrui. E resta da dire che la risoluzione della Duma non è ancora definitiva. Dovrà ancora pronunciarsi la camera alta, cioè il Consiglio della Federazione, e infine occorrerà la firma del Presidente, cioè di Putin.

Questa la sostanza. Che è ovviamente aperta a giudizi differenti, ma che non autorizza a menare scandalo e a lanciare anatemi. La Russia è un paese come un altro, che produce leggi secondo la sua storia, la sua sensibilità e la sua esperienza. In realtà noi non sappiamo quasi niente dei modi in cui questi problemi si affrontano in Cina, nel Kerala, o in Cile, solo per fare qualche esempio. E pertanto non si vede perché dovremmo ergerci a giudici supremi quando si tratta della Russia. Fake news è anche truccare le carte e far cedere all'incolto che noi abbiamo comunque ragione, e che la Russia, o i russi, sono incolti e violenti.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © AFP 2016/ Mark Schiefelbein / POOL

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