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terremoto centro it AP photo sandro perozzidi Giulietto Chiesa
Le scosse si moltiplicano gettando nel panico e nello sconforto centinaia di migliaia di persone. Anzi milioni.

Le oscillazioni della crosta su cui viviamo si propagano a ondate e arrivano molto lontano dall'epicentro. E le previsioni (ormai sempre più accurate) ci stanno dicendo che non solo non siamo alla fine del disastro, ma che il disastro si annuncia perfino più grande di quello che il centro Italia ha già sperimentato, da agosto a oggi.

La prudenza e la necessità di affidarsi a dati il più possibile attendibili, per evitare il panico inutile, sono d'obbligo per tutti. Ma, di fronte a ciò che sta avvenendo - che rivela profonde modificazioni dei rapporti tra le placche tettoniche - s'impone una riflessione strategica del governo e dell'intera comunità italiana. Anche se non si può prevedere, né le date, né la potenza delle future collisioni sotterranee, deve valere il principio della massima precauzione. Sono in molti ormai a chiedere a gran voce un piano straordinario per la messa in funzione, per la programmazione di interventi a tappeto su tutte le zone palesemente esposte a maggiori rischi, che permettano di ridurre l'entità delle possibili distruzioni, e consentano di mettere in relativa sicurezza le popolazioni.

È' chiaro che, per un piano straordinario di questo genere occorrono grandi investimenti e un cambio di marcia nella loro utilizzazione. Su questo nessuno può farsi illusioni. Ma il primo a non poter contare su illusioni e giochi di prestigio è il capo del Governo Matteo Renzi. E qui viene il punto. La risposta è positiva. I denari ci sono. O meglio potrebbero esserci, e non pochi. Dunque, se non viene fuori un piano, la responsabilità, politica e morale ricade sulle spalle di chi non è capace, o non vuole, metterlo in atto.

Vediamo le cifre: il Governo chiede alla Commissione Europea - e addirittura si dice pronto a misure straordinarie di opposizione se non verrà soddisfatta la sua richiesta - di acconsentire un aumento del debito pubblico dello 0,1% sul Pil proprio per la ricostruzione post terremoto (e l'aiuto sulla questione dei migranti). Quanto vale questa richiesta? All'incirca 1,6 miliardi. Può darsi che la Commissione Europea si commuova di fronte alle scosse sismiche. Ma i denari ci sarebbero anche senza la pietà di Bruxelles. E ce ne sarebbero molti di più. Basterebbe che l'Italia decidesse (dopo averne opportunamente informato il governo francese) di non finanziare la parte francese del tunnel della cosiddetta "alta velocità" Torino-Lione.

Già, perché non solo la TAV rimane - presa tutta insieme - un pasticcio indigeribile per le popolazioni della Val di Susa e per il bilancio dello Stato italiano, ma l'Italia di Renzi, proprio lui in persona, si è accollata la spesa di 2,7 miliardi € per costruire la parte francese del tunnel di 57 chilometri. Tutto ciò, stando a un'accurata analisi del Presidio Europa No Tav, è contenuto in una clausola degli accordi italo-francesi firmati da Renzi a Parigi nel 2015. In concreto e in dettaglio: l'Italia pagherebbe il 59% dei costi dell'opera, sebbene la parte in territorio italiano sia di 12 chilometri, di fronte ai 45 chilometri francesi.

Perché Renzi abbia accettato questo sacrificio italiano non siamo in grado di saperlo. Probabilmente si tratta di bassa cucina europea. Ma, di fronte all'emergenza e alle vite dei cittadini, una revisione s'impone. Non c'è confronto possibile tra il significato di queste due voci di spesa. Invece di chiedere aiuti a Bruxelles, si decida di sacrificare una spesa, per giunta insensata, e se ne faccia un'altra, utile, sensata, umana, nell'interesse del paese e della gente.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © AP Photo/Sandro Perozzi

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