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russia-bandieradi Giulietto Chiesa - 13 luglio 2015
Come mai la “propaganda” russa, così minoritaria, così sistematicamente sconfitta nei decenni passati, è diventata cosi efficace negli ultimi tempi? Domanda centrale che, per esempio, emerge da un opuscolo propagandistico (assai simile a un programma di guerra) prodotto dal Center For Civil Liberties”, che sta circolando freneticamente nei corridoi di Bruxelles, diretto ai deputati che dovranno votare contromisure straordinarie che, assomigliano alle leggi orwelliane del “Ministero della Verità” e, fantasticamente, ai metodi del defunto socialismo sovietico.

Intitolato “Recommendations for combating Russia propaganda”, firmato da due sperimentati “agenti d’influenza” occidentali: Oleg Panfilov professore dell’Università Statale Ilia di Tbilisi, commentatore di “Radio Liberty”; Maksym Khylko, ricercatore-capo della Università Nazionale Taras Shevchenko di Kiev.

La questione che i due si pongono suona così: “E’ necessario comprendere le chiavi del successo della propaganda russa, e perché la gente tende a credergli”. E’ evidente che, come loro stessi riconoscono, “i sistemi della vecchia scuola della guerra fredda non funzionano”.

Interrogativo molto rivelatore, dal quale emerge che i due autori sono letteralmente prigionieri del vocabolario che è stato loro ficcato in testa a colpi di martello washingtoniano (oppure, semplicemente, essi usano il vocabolario che ha aperto la strada al grant ricevuto dal Center for Civil Liberties). Basta infatti sostituire alla parola “propaganda” la parola “informazione”, e tutto diventa chiaro. Ancor più chiaro sarà se si sostituisce l’espressione “propaganda occidentale” alla parola assiomatica “verità”. Insomma c’è un sacco di gente che è affezionata all’informazione che riceve dalle pochissime fonti russe disponibili ed è respinta – o quanto meno diffidente – rispetto alla propaganda, travestita da informazione, che riceve dalle numerosissime fonti locali e internazionali.

Comunque il “Center for Civil Liberties”, ufficio pagatore del libretto di istruzioni, non si occupa solo del problema – vitale – di nutrire i pubblici russo parlanti con le verità dell’Occidente. Ma i due autori sono scettici. “C’è il rischio – scrivono – che grandi quantità di denaro vengano sprecate inseguendo l’idea errata che il problema consiste nella mancanza di fonti alternative (alla propaganda russa, ndr) in lingua russa”. Cioè di canali ne abbiamo abbastanza, ma non funzionano. Bisogna dunque cambiare i contenuti e il personale (loro pensano). Gli sfugge che la ragione potrebbe essere del tutto diversa: e cioè che la gente dei paesi che loro vorrebbero conquistare ha mangiato la foglia e diffida di più delle loro interpretazioni che di quello che sente, e vede, attraverso i pochi canali russi. Il problema è che, se non si possono cambiare i contenuti, e se i contenuti sono falsi (cioè si vende propaganda e non informazione), allora occorre impedire l’afflusso dei contenuti veri, cioè dell’informazione.

E questa è la seconda parte del programma. Non meno importante della prima, poiché concerne circa 500 milioni di radio-telespettatori e internettiani dell’Europa Occidentale. I quali, guarda la stranezza, sembrano sempre più freddi rispetto all’informazione-comunicazione che ricevono dai “liberi” canali occidentali. Lo dimostra il devastante sondaggio, realizzato dal Pew Research Institute all’inizio del 2015 in diversi paesi dell’Ue e della Nato, e pubblicato a giugno, dal quale risulta che la maggioranza dei pubblici europei è tutt’altro che convinta dalle interpretazioni dei fatti che riceve dai media nazionali europei. In molti casi – come in Germania e in Italia – solo una piccola minoranza sarebbe disposta ad andare in soccorso di una paese della Nato se esso venisse attaccato dalla Russia.   Insomma i pubblici europei dei grandi paesi manifestano una inquietante freddezza nei confronti dell’America e un buon 25% mediamente prova simpatia per la Russia.

Nasce così un vero e proprio programma “sovietico” di misure – otto per la precisione – destinato a bloccare l’informazione proveniente dal mondo nemico. Ma non era l’Occidente il luogo del “libero” confronto delle idee? Non più, scrivono Panfilov e Khylko, perché “governi che restringono in patria le libertà di parola non debbono poter avere l’opportunità di sfruttare la (nostra) libertà di espressione a fini propagandistici”.

Il programma prevede misure pratiche come la “creazione e il sostegno” di un gruppo di monitoraggio permanente dai compiti molteplici ma molto simili e quelli di un servizio di spionaggio e sorveglianza, tra i quali ci sarà quello di “misurare la propaganda che giunge non solo dai media, ma anche da differenti gruppi lobbistici che si fingono esperti indipendenti”.

Sarà inoltre necessario istituire un team di avvocati e giuristi il cui compito è “sviluppare un meccanismo che limiti la possibilità dei media propagandistici russi di operare sul territorio dell’Unione Europea e dei paesi della partnership orientale”. Basta dunque con “le pratiche di fuorviare i cittadini europei”, con chiacchiere di “esperti analisti” che altro non sono che lobbisti per conto di Mosca.

Finita qui? Niente affatto. Succede che “di tanto in tanto, rispettabili media europei e americani pubblichino articoli che sono appena appena migliori dei pezzi di propaganda del Cremlino”. Bisogna impedirglielo, poiché “non si tratta di un punto di vista alternativo, ma di propaganda evidente, per giunta firmata da presunti esperti che poi, guarda caso, risulteranno al servizio di qualche compagnia di proprietà russa”. Insomma l’attenzione del nuovo ufficio di censura europeo sarà concentrata non solo a non tanto sulla propaganda che viene dal freddo, ma sulle quinte colonne occidentali, “rispettabili” ma non troppo, che agiscono – ovviamente pagate – contro l’Occidente. “L’Europa non ha dunque altra scelta che quella di stabilire regole più strette sul mercato dei media. Comincia la caccia alle streghe.

Su queste premesse si prenderà in esame la serie di misure necessarie per impedire al Nemico di penetrare nei nostri confini con le sue idee. Con la iraniana “Press Tv” la decisione è stata semplice: hanno impedito l’accesso ai canali satellitari occidentali, costringendola sul web. In Ucraina i canali russi sono tutti vietati. Nei paesi baltici si ritirano licenze alle radio che ritrasmettono notizie e dibattiti di stazioni russe. Il canale Rtr Planeta è stato ripetutamente oscurato in Lituania. Si aspetta l’occasione per impedire l’accesso di Rt ai pubblici europei e americani. Vengono in mente gli “antichi tempi andati” in cui Mosca disturbava le trasmissioni radio dell’Occidente. Ci vorrà un Saltykov-Shedrin per raccontare questa inversione delle parti che trasformerà l’Europa in uno stato autoritario.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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